Riforma dei contratti, il grande gelo fra Confindustria e i sindacati. Squinzi boccia la proposta dei sindacati ancor prima di leggerla
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Il grande gelo. Per i sindacati e Confindustria è di nuovo tempo di fibrillazioni e rotture dopo la proposta di riforma dei contratti approvata oggi da Cgil, Cisl e Uil. I sindacati da una parte, gli industriali dall’altra: in mezzo una distanza incolmabile che spegne le già esigue speranze di far ripartire il tavolo di confronto saltato lo scorso settembre. E nella partita che ha una posta in gioco altissima, cioè di fatto la riscrittura delle relazioni industriali, c’è anche il Governo, al quale i sindacati vogliono sbarrare la strada.
Il leader dell’associazione degli industriali non le ha mandate a dire: la riunione dei sindacati non era neppure iniziata nel primo pomeriggio quando Giorgio Squinzi ha bollato la proposta come “il passo del gambero”. “Sono stati buttati sei mesi da quando li avevo invitati al tavolo e i risultati che presentano oggi, se confermati, sembrano più una foto sbiadita che non una scelta per innovare il Paese”, ha incalzato. Parole chiare che ripropongono lo stesso fastidio e la stessa amarezza che Squinzi manifestò quando i leader di Cgil e Uil, Susanna Camusso e Carmelo Barbagallo, gli diedero il benservito, rifiutandosi di partecipare alla riunione sui contratti in casa Confindustria. Fonti di viale dell’Astronomia spiegano che la proposta dei sindacati è stata accolta “con freddezza” perché “non c’è uno sforzo di modernizzazione”. “Rispetto a quello che si aspettavano gli imprenditori - sottolineano le stesse fonti - sembra di trovarsi di fronte a una cosa totalmente diversa”.
Dall’altra parte della barricata la controreplica non si è fatta attendere. La leader della Cgil, Susanna Camusso, ha usato toni perentori: “La cosa più vecchia possibile è sostenere il primato e il dominio dell’impresa”. Sulla stessa scia il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, che ha risposto a muso duro: “Forse Squinzi si è guardato allo specchio. Sono loro che sono arretrati, sbiaditi e vecchi".
Leggendo in controluce i punti previsti dall’accordo unitario di Cgil, Cisl e Uil si evince come il sindacato punti su una riforma in attacco che ha un doppio obiettivo: da una parte rilanciare la sfida a Confindustria e dall’altra stroncare sul nascere l’ipotesi di un intervento del Governo su quei temi, propri delle parti sociali, che si vogliono continuare a custodire in casa. In casa Cgil una fonte vicina al dossier afferma che “ora si vuole misurare il coraggio di Confindustria” su tre punti: la contrattazione di secondo livello, la partecipazione e la rappresentanza.
La sfida dei sindacati a Confindustria poggia su questi tre elementi, a iniziare dalla novità più sostanziale contenuta nella proposta unitaria, quella cioè di coinvolgere i lavoratori nel processo organizzativo dell’azienda. Una forma di compartecipazione che per gli industriali ha le sembianze di un attacco frontale da parte chi vorrebbe entrare nella stanza dei bottoni.
Altro elemento destinato a suscitare fibrillazione è quello sulla rappresentanza. “Non si capisce la ragione per cui solo i sindacati debbano contarsi e misurare il loro peso: questa regola deve valere anche per i sindacati delle imprese. Se poi qualcuno vuole mantenere un monopolio della rappresentanza lo dica chiaramente”, spiega la stessa fonte.
Il terzo pilastro su cui poggia la proposta di Cgil, Cisl e Uil è quello della contrattazione di secondo livello. I sindacati chiedono novità sostanziali a iniziare da un salario che non tenga conto della sola inflazione, ma anche delle dinamiche macroeconomiche e degli indicatori di crescita come il Pil. Una posizione che divide anche perché gli industriali non vedono di buon occhio una contrattazione di secondo livello che travalichi i confini dell’azienda mentre per i sindacati, come viene spiegato in ambienti della Uil, “il secondo livello non è solo l’azienda”.
Se nel mirino c’è Confindustria, i sindacati giocano all’attacco anche contro il Governo. Per evitare l’introduzione del salario minimo legale, che per Cgil, Cisl e Uil porterebbe a una riduzione delle, la proposta unitaria prevede che la politica dei salari sia affidata alle parti sociali con la contrattazione nazionale e con quella di secondo livello. Su questo punto, spiega una fonte di Confindustria, “si potrebbe pure discutere”. Uno spiraglio che, tuttavia, non è in grado di scalfire il muro contro muro della nuova stagione ad alta tensione tra i sindacati e Confindustria.
Il terzo pilastro su cui poggia la proposta di Cgil, Cisl e Uil è quello della contrattazione di secondo livello. I sindacati chiedono novità sostanziali a iniziare da un salario che non tenga conto della sola inflazione, ma anche delle dinamiche macroeconomiche e degli indicatori di crescita come il Pil. Una posizione che divide anche perché gli industriali non vedono di buon occhio una contrattazione di secondo livello che travalichi i confini dell’azienda mentre per i sindacati, come viene spiegato in ambienti della Uil, “il secondo livello non è solo l’azienda”.
Se nel mirino c’è Confindustria, i sindacati giocano all’attacco anche contro il Governo. Per evitare l’introduzione del salario minimo legale, che per Cgil, Cisl e Uil porterebbe a una riduzione delle, la proposta unitaria prevede che la politica dei salari sia affidata alle parti sociali con la contrattazione nazionale e con quella di secondo livello. Su questo punto, spiega una fonte di Confindustria, “si potrebbe pure discutere”. Uno spiraglio che, tuttavia, non è in grado di scalfire il muro contro muro della nuova stagione ad alta tensione tra i sindacati e Confindustria.
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