martedì 12 gennaio 2016

L'assemblea dei senatori M5S è uno sfogatoio: "Ora le decisioni vengono prese in una stanza da tre ragazzini"

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FICO DI MAIO

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Il mattino ha il dissenso in bocca. Palazzo Madama, auletta del gruppo M5S. Alle 9.30 inizia la riunione dei senatori pentastellati. Si capisce, da subito, che non è una riunione (e una giornata) come le altre: “È stata una delle assemblee più infuocate, ma anche dolorose dall’inizio della legislatura a oggi”, ammette a microfoni spenti un senatore. È l’assemblea del grande dissenso su come vengono gestite le cose: Quarto metafora di approssimazione, dilettantismo, ma anche accentramento di potere di un direttorio vanitoso in tv, che arranca però sulle questioni delicate, come il governo del Comune più infiltrato d’Italia e sciolto due volte negli ultimi venti anni. Questo è ciò che viene fuori dall’assemblea e che viene riassunto nello sfogo di un parlamentare, raccolto dall’Adnkronos, al termine della riunione: “Siamo passati dall'uno vale uno e dalle assemblee in streaming alle decisioni prese in una stanza da tre ragazzini, avallati da Grillo e Casaleggio. Si chiama follia. In politica i tempi sono fondamentali, e loro alla prima prova del 9 li hanno mancati tutti, con un assist al Pd senza precedenti”.
Poche ore dopo quelli che sono stati definiti ‘i tre ragazzini’ (Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Roberto Fico) si difenderanno dicendo che “non sapevano nulla” delle minacce e delle pressioni che stava subendo la sindaco Rosa Capuozzo e che se avessero saputo avrebbero denunciato tutto. Ma sono troppe, ormai, le giravolte che i parlamentari rimproverano al Direttorio. Così oggi il Movimento 5 Stelle si sente debole. E mentre tra i senatori volano gli stracci, negli stessi minuti in Transatlantico a Montecitorio girano facce scure e silenziose. A gruppetti i deputati grillini siedono sui divanetti e sospirano. Scambiano poche parole, anche perché gli occhi sono tutti puntati su di loro. Le loro chat però squillano in continuazione e sono cariche di sfoghi. Alla Camera la riunione dei deputati è in stand-by. Si sarebbe dovuta tenere al rientro dalle vacanze, ma per adesso prendere tempo è l’arma migliore per evitare le scene quasi tragiche del Senato e uno scontro frontale. C’è da considerare infatti che, nel caso di assemblea alla Camera, sarebbero stati presenti i cinque componenti del Direttorio, essendo tutti deputati. Al Senato invece di loro non c’era nessuno, anche se finisco tutti sotto accusa.
Qualche fedelissimo prova a difendere il metodo: “Non avevamo scelta. È giusto che sia il Direttorio ad occuparsi di queste vicende”. Ma è proprio su questo punto che alcuni senatori alzano la voce: “Siamo stati esclusi da decisioni che riguardano il Movimento. Un Comune di 4000 abitanti è diventata la nostra Caporetto. Potevamo risolvere la questione subito e in un giorno solo”. È infatti la mancata tempestività nelle decisioni assunte il motivo di ribellione dei più. Lo staff comunicazione, che ha il filo diretto con Milano, risponde alle accuse sottolineando che la decisione di espellere Capuozzo non riguardava i gruppi parlamentari, ma trattandosi del simbolo M5S era compito del garante, cioè di Beppe Grillo e del Direttorio.
Molti parlamentari però non sono convinti. “Oggi – dice un senatore nel corso della riunione – abbiamo dovuto subire anche l'umiliazione di sentire Renzi esprimere solidarietà a Capuozzo, un sindaco che solo pochi giorni fa era per noi 'parte lesa' da difendere”. Il clima è sempre più caldo perché, sostiene più di un grillino, la vicenda è stata gestita talmente male da diventare ben presto un caso nazionale. Sullo sfondo delle polemiche c’è comunque la richiesta, che mai ha ricevuto risposta, di allargare il Direttorio a membri di Palazzo Madama. Dunque, fino a quando non si chiarirà questa storia la tensione resterà alta. Infine un deputato, lasciando Montecitorio, chiude così la giornata: "Se continuiamo così diventeremo come tutti i partiti tradizionali, con le stesse correnti e le stesse invidie".

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