Galantino, ritratto di un prete senza peli sulla lingua
Le stoccate a B. Gli attacchi al governo. E al clericalismo. Il segretario della Cei ne ha per tutti. «È schietto e umile, come il papa». Lettera43.it nella sua diocesi.
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29 Marzo 2015Share on facebook
È una persona schietta, monsignor Nunzio Galantino, che non ha timore di dire la verità, anche se scomoda, controcorrente.
Lo scelse per questo papa Francesco, andando a prenderlo – vescovo da soli due anni - nella piccola diocesi calabrese di Cassano allo Jonio per nominarlo segretario generale della Cei.
Una terra difficile, teatro di faide tra cosche mafiose, dove Galantino ha saputo farsi apprezzare, vivendo fra la gente e trasformandosi presto in un punto di riferimento per molti.
GALANTINO NON LASCIA LA DIOCESI. Umile nonostante le lauree, le docenze universitarie, gli incarichi di prestigio e le pubblicazioni a tema teologico, filosofico e politico. «Cosa me ne faccio delle mie lauree se non mi servono per poter leggere dentro il cuore delle persone?», ha osservato lui stesso in un’intervista recente.
Non ha voluto lasciarla, la sua diocesi, dopo la nomina a segretario generale della Cei: una deroga chiesta fin da subito al papa, per restare vicino alle sue comunità, e presto accordata, grazie alla quale, fino a poche settimane fa – quando Francesco ha indicato il suo successore - don Nunzio ha potuto fare la spola ogni settimana tra Roma e la Calabria, alternando gli impegni “istituzionali” a quelli in parrocchia.
NON USA AUTO BLU E VIVE IN SEMINARIO. «La scelta di rimanere vescovo residenziale penso che mi aiuterà a rendere il mio servizio senza perdere mai di vista tutta la bellezza, ma anche tutta la fatica che comporta la vita ordinaria di una Chiesa diocesana. Mi aiuterà a dare più senso a quanto andrò dicendo e facendo», spiegò all’indomani della nomina.
Oggi, che è a tempo pieno il numero due dei vescovi italiani, preferisce non farsi chiamare Eccellenza, continua a non avere un segretario personale, non usa auto blu e vive in seminario. In pieno stile bergogliano. E come Francesco non fa sconti a nessuno. Non ai politici. Non ai chierici.
Lo scelse per questo papa Francesco, andando a prenderlo – vescovo da soli due anni - nella piccola diocesi calabrese di Cassano allo Jonio per nominarlo segretario generale della Cei.
Una terra difficile, teatro di faide tra cosche mafiose, dove Galantino ha saputo farsi apprezzare, vivendo fra la gente e trasformandosi presto in un punto di riferimento per molti.
GALANTINO NON LASCIA LA DIOCESI. Umile nonostante le lauree, le docenze universitarie, gli incarichi di prestigio e le pubblicazioni a tema teologico, filosofico e politico. «Cosa me ne faccio delle mie lauree se non mi servono per poter leggere dentro il cuore delle persone?», ha osservato lui stesso in un’intervista recente.
Non ha voluto lasciarla, la sua diocesi, dopo la nomina a segretario generale della Cei: una deroga chiesta fin da subito al papa, per restare vicino alle sue comunità, e presto accordata, grazie alla quale, fino a poche settimane fa – quando Francesco ha indicato il suo successore - don Nunzio ha potuto fare la spola ogni settimana tra Roma e la Calabria, alternando gli impegni “istituzionali” a quelli in parrocchia.
NON USA AUTO BLU E VIVE IN SEMINARIO. «La scelta di rimanere vescovo residenziale penso che mi aiuterà a rendere il mio servizio senza perdere mai di vista tutta la bellezza, ma anche tutta la fatica che comporta la vita ordinaria di una Chiesa diocesana. Mi aiuterà a dare più senso a quanto andrò dicendo e facendo», spiegò all’indomani della nomina.
Oggi, che è a tempo pieno il numero due dei vescovi italiani, preferisce non farsi chiamare Eccellenza, continua a non avere un segretario personale, non usa auto blu e vive in seminario. In pieno stile bergogliano. E come Francesco non fa sconti a nessuno. Non ai politici. Non ai chierici.
Da Berlusconi al governo: don Nunzio non risparmia nessuno
Hanno suscitato clamore le parole con le quali Galantino ha commentato l'assoluzione di Silvio Berlusconi nel processo Ruby, che ha visto l’ex premier condannato in primo grado, poi assolto in Appello e di nuovo in Cassazione dalle accuse di concussione e prostituzione minorile.
«La legge arriva fino a un certo punto ma il discorso morale è un altro», ha detto il presule, prendendo ad esempio il caso della legge sull’aborto per sottolineare che «se un fatto è legale non è detto che sia morale».
«DISOCCUPAZIONE? MANCANO IDEE». Processi a parte, nemmeno il governo e la classe politica sono esenti da critiche. L’occasione è offerta dalla diffusione dei dati Istat sulla disoccupazione giovanile che Galantino ha definito «inquietanti», per poi aggiungere: «Ho l’impressione che, al riguardo, manchino idee forti sia da parte dalla classe politica sia da parte della società civile; mi sembra che parlare di disoccupazione stia diventando una sorta di triste sport nazionale».
E sul ritornello delle potenzialità inespresse del Mezzogiorno, lui, pugliese originario del piccolo Comune di Cerignola, ha ammonito con schiettezza: «Questa storia che il Sud Italia abbia delle potenzialità enormi mi ha un po’ rotto l’anima, sta diventando quasi una sorta di analgesico: ma dove sono queste potenzialità? Da sole non esistono, se non hanno gambe e qualcuno che le fa camminare quelle potenzialità sono perfettamente inutili».
«IN POLITICA CI SONO MEZZECALZETTE». Il suo giudizio generale sulla classe politica lo esplicita in un’intervista a TV2000: «Quello che manca veramente in questo momento, e non solo sul piano politico, è l’affetto, nel senso nobile della parola, per la cultura: noi abbiamo delle mezzecalzette sul piano culturale che poi fanno le mezzecalzette in politica».
Ma Galantino picchia duro anche quando si parla di teoria del gender nelle scuole: «Si è cercato di far passare questo discorso come fosse soltanto un’educazione alla tolleranza, alla convivenza pacifica, e quindi l’impegno a educare, a essere più accoglienti nei confronti di altre realtà», dice a Radio Vaticana. «Di fatto è diventato soltanto un grimaldello per portare nella scuola un fatto culturale molto chiaro, che scardina l’antropologia, che scardina la concezione della persona. C’è un equivoco di fondo».
«La legge arriva fino a un certo punto ma il discorso morale è un altro», ha detto il presule, prendendo ad esempio il caso della legge sull’aborto per sottolineare che «se un fatto è legale non è detto che sia morale».
«DISOCCUPAZIONE? MANCANO IDEE». Processi a parte, nemmeno il governo e la classe politica sono esenti da critiche. L’occasione è offerta dalla diffusione dei dati Istat sulla disoccupazione giovanile che Galantino ha definito «inquietanti», per poi aggiungere: «Ho l’impressione che, al riguardo, manchino idee forti sia da parte dalla classe politica sia da parte della società civile; mi sembra che parlare di disoccupazione stia diventando una sorta di triste sport nazionale».
E sul ritornello delle potenzialità inespresse del Mezzogiorno, lui, pugliese originario del piccolo Comune di Cerignola, ha ammonito con schiettezza: «Questa storia che il Sud Italia abbia delle potenzialità enormi mi ha un po’ rotto l’anima, sta diventando quasi una sorta di analgesico: ma dove sono queste potenzialità? Da sole non esistono, se non hanno gambe e qualcuno che le fa camminare quelle potenzialità sono perfettamente inutili».
«IN POLITICA CI SONO MEZZECALZETTE». Il suo giudizio generale sulla classe politica lo esplicita in un’intervista a TV2000: «Quello che manca veramente in questo momento, e non solo sul piano politico, è l’affetto, nel senso nobile della parola, per la cultura: noi abbiamo delle mezzecalzette sul piano culturale che poi fanno le mezzecalzette in politica».
Ma Galantino picchia duro anche quando si parla di teoria del gender nelle scuole: «Si è cercato di far passare questo discorso come fosse soltanto un’educazione alla tolleranza, alla convivenza pacifica, e quindi l’impegno a educare, a essere più accoglienti nei confronti di altre realtà», dice a Radio Vaticana. «Di fatto è diventato soltanto un grimaldello per portare nella scuola un fatto culturale molto chiaro, che scardina l’antropologia, che scardina la concezione della persona. C’è un equivoco di fondo».
La stoccata sulle nozze gay: «Il dibattito è un diversivo»
Nel passaggio sulle unioni civili il presule si richiama alla Costituzione: «Lì abbiamo la confusione tra diritti individuali, che sono diritti sacrosanti, e il voler far passare questi diritti individuali come la strada che porta alla realizzazione del bene comune. E qui non ci siamo», attacca. «Intanto perché stiamo parlando di una realtà, quella della famiglia - fondata sul matrimonio di padre e madre, e sui figli - che è garantita dalla Costituzione: e allora chiunque fa passi che vanno avanti o al lato di questa realtà, cercando di scardinare dall’interno, a mio parere realizza una sorta di “bullismo costituzionale”».
Quindi sull’istituzione nella Capitale di un registro ad hoc per le nozze gay, per iniziativa del sindaco Ignazio Marino, Galantino dice senza riserve: «Una volta, proprio a Roma si parlava di panem et circenses. Oggi il pane le persone lo vanno a prendere alla Caritas, e i circenses nelle aule consiliari». Poi spiega: «Le unioni civili mi sembrano un diversivo per chi non è sintonizzato sul fuso orario della gente (…) per non guardare le buche per le strade».
«IL CLERICALE È UN REPLICANTE SENZ'ANIMA». Non meno duro il segretario generale della Cei si mostra verso la Chiesa, di cui – ancora su TV2000 - evidenzia le fragilità. Anzitutto il clericalismo, ovvero l’autoreferenzialità di molti ecclesiastici che usano un gergo incomprensibile per parlare di temi lontani dalla gente: «Il clericale», ammonisce monsignor Galantino, «è prima di tutto un replicante, senza anima, capace di fare sempre le stesse cose, di pensare sempre le stesse cose, di parlare sempre nello stesso dialetto».
E poi la confusione fra il Vangelo e le tradizioni: «Abbiamo assoggettato il Vangelo alla pigrizia mentale. Molti hanno messo il pannicello caldo del Vangelo dove non andava assolutamente messo. Spesso bisogna chiedersi: chi grida, chi va a mettersi sull’Aventino, chi decide di emarginare la persona, perché lo fa? Perché veramente vuole bene al Vangelo? Non è possibile. All’origine della divisione non può esserci mai la liturgia, mai il Vangelo, mai la carità».
«L'IMPEGNO È UNA COSA, L'INCIUCIO UN'ALTRA». Quindi parole chiare sul rapporto fra cattolici e politica: «Non possiamo ignorare che c’è stato un momento in cui il collateralismo l’ha fatta da padrone, ma», si chiede Galantino, «dietro il collateralismo c’è stata sempre la voglia di difendere i valori del Vangelo, i poveri? Oppure una forma non molto dissimulata di potere?».
«L’impegno è una cosa, l’inciucio è un’altra», chiarisce il vescovo: «L’impegno nella politica, secondo me, deriva direttamente dall’Incarnazione, cioè dal fatto che Gesù Cristo si è fatto carne, che Dio si è fatto uomo: lì nasce l’impegno politico».
È ovvio, prosegue, «che quando questo impegno politico nasce dalla voglia di mischiarmi con la gente, di porgere orecchio e cuore a quello che la gente avverte come problema, (…) io cerco di rispondere a quelle urgenze: quella è la politica che ci vuole». E in effetti alla politica Galantino ha dedicato buona parte dei suoi studi e lavori.
Quindi sull’istituzione nella Capitale di un registro ad hoc per le nozze gay, per iniziativa del sindaco Ignazio Marino, Galantino dice senza riserve: «Una volta, proprio a Roma si parlava di panem et circenses. Oggi il pane le persone lo vanno a prendere alla Caritas, e i circenses nelle aule consiliari». Poi spiega: «Le unioni civili mi sembrano un diversivo per chi non è sintonizzato sul fuso orario della gente (…) per non guardare le buche per le strade».
«IL CLERICALE È UN REPLICANTE SENZ'ANIMA». Non meno duro il segretario generale della Cei si mostra verso la Chiesa, di cui – ancora su TV2000 - evidenzia le fragilità. Anzitutto il clericalismo, ovvero l’autoreferenzialità di molti ecclesiastici che usano un gergo incomprensibile per parlare di temi lontani dalla gente: «Il clericale», ammonisce monsignor Galantino, «è prima di tutto un replicante, senza anima, capace di fare sempre le stesse cose, di pensare sempre le stesse cose, di parlare sempre nello stesso dialetto».
E poi la confusione fra il Vangelo e le tradizioni: «Abbiamo assoggettato il Vangelo alla pigrizia mentale. Molti hanno messo il pannicello caldo del Vangelo dove non andava assolutamente messo. Spesso bisogna chiedersi: chi grida, chi va a mettersi sull’Aventino, chi decide di emarginare la persona, perché lo fa? Perché veramente vuole bene al Vangelo? Non è possibile. All’origine della divisione non può esserci mai la liturgia, mai il Vangelo, mai la carità».
«L'IMPEGNO È UNA COSA, L'INCIUCIO UN'ALTRA». Quindi parole chiare sul rapporto fra cattolici e politica: «Non possiamo ignorare che c’è stato un momento in cui il collateralismo l’ha fatta da padrone, ma», si chiede Galantino, «dietro il collateralismo c’è stata sempre la voglia di difendere i valori del Vangelo, i poveri? Oppure una forma non molto dissimulata di potere?».
«L’impegno è una cosa, l’inciucio è un’altra», chiarisce il vescovo: «L’impegno nella politica, secondo me, deriva direttamente dall’Incarnazione, cioè dal fatto che Gesù Cristo si è fatto carne, che Dio si è fatto uomo: lì nasce l’impegno politico».
È ovvio, prosegue, «che quando questo impegno politico nasce dalla voglia di mischiarmi con la gente, di porgere orecchio e cuore a quello che la gente avverte come problema, (…) io cerco di rispondere a quelle urgenze: quella è la politica che ci vuole». E in effetti alla politica Galantino ha dedicato buona parte dei suoi studi e lavori.
Gli attacchi alla mafia, sulle orme di papa Francesco
Chi lo ha conosciuto, da vescovo di Cassano allo Jonio e ancor prima da parroco di Cerignola, lo ricorda per «la sua umanità, la vicinanza agli ultimi», racconta Angela Marino, presidente dell’Azione Cattolica della diocesi. «In questi anni è riuscito sempre ad andare oltre le apparenze e a prendersi cura dei singoli, è una persona che non ha paura di dire la verità, e lo fa parlando alla luce del Vangelo».
Un parlare franco e una fedeltà al Vangelo che – continua Marino - in Calabria lo hanno spinto a «esporsi anche contro la mafia, così come fece papa Francesco quando venne il 21 giugno scorso nella nostra diocesi: nelle sue omelie Galantino ha sempre cercato di far capire che la Misericordia di Dio è una cosa e l’omertà è un’altra, e ha rimarcato le parole del papa quando ha scomunicato gli uomini di mafia».
Poi ricorda l’episodio drammatico della morte del piccolo Cocò, il bambino ucciso un anno fa per una faida tra le ‘ndrine di Cassano: «Eravamo in cattedrale quando arrivò la notizia. Galantino è stato vicino alla famiglia di Cocò perché hanno perso una vita e per far comprendere loro che i bambini sono innocenti e non vanno usati per il regolamento dei conti. Voleva aiutarli a capire che dovevano cambiare la loro di vita, perché se la famiglia di Cocò si è trovata in quella vicenda allora quella famiglia non è una vittima».
MARINO: «PORTERÀ RINNOVAMENTO». Nonostante ciò, continua la presidente dell’Ac diocesana, «Galantino non è mai stato oggetto di intimidazioni e gesti eclatanti, perché forse alla fine gli vogliono bene tutti, anche loro, a modo loro. Piace proprio perché dice la verità». E sulla scelta di Francesco di nominarlo segretario Cei, Marino si dice sicura che «porterà rinnovamento in quanto è molto simile al papa, nei gesti, nel vivere la quotidianità, dall’andare a comprare il giornale da solo al guidare senza autista, per il suo stare a contatto diretto con le persone, fra le gente. Secondo me è stato scelto per questo».
Infine il ricordo più indelebile: «La prima volta che l’ho incontrato, per salutarlo, come è consuetudine con i vescovi, mi chinai per baciargli la mano. Lui però con mia sorpresa ritirò la mano e mi abbracciò. Per me era la prima volta che un vescovo mi salutava così».
NESSUN PIATTO PER LE OFFERTE. Andando a ritroso nel tempo, i ricordi di chi lo ha conosciuto a Cerignola, parroco della Chiesa di San Francesco d’Assisi, non sono dissimili. «Mi ha colpito il suo essere schivo nei confronti del denaro», ricorda Michele Monopoli, oggi 70enne. «Aveva deciso che durante la messa non doveva passare nessuno tra i banchi a raccogliere le offerte. Se qualcuno voleva dare un aiuto poteva farlo alla fine della celebrazione lasciando un’offerta in una cassetta in fondo alla chiesa».
La sua era una parrocchia difficile, «le sue messe, anche quelle per i bambini, erano sempre piene, come pure le catechesi per i giovani. Molte persone dopo averlo conosciuto e aver instaurato un rapporto con lui si sono convertite».
Un prete carismatico, don Nunzio Galantino. Un prete fra la gente. Un padre per molti e una guida, prima che vescovo o segretario generale della Cei. Che a chi gli chiede con quale titolo lo si debba chiamare – Eccellenza, Monsignore, don Nunzio - risponde: «Ma non avete altri problemi da porvi? Scegliete pure quel che volete, l’importante è che non mi chiami io da solo».
Un parlare franco e una fedeltà al Vangelo che – continua Marino - in Calabria lo hanno spinto a «esporsi anche contro la mafia, così come fece papa Francesco quando venne il 21 giugno scorso nella nostra diocesi: nelle sue omelie Galantino ha sempre cercato di far capire che la Misericordia di Dio è una cosa e l’omertà è un’altra, e ha rimarcato le parole del papa quando ha scomunicato gli uomini di mafia».
Poi ricorda l’episodio drammatico della morte del piccolo Cocò, il bambino ucciso un anno fa per una faida tra le ‘ndrine di Cassano: «Eravamo in cattedrale quando arrivò la notizia. Galantino è stato vicino alla famiglia di Cocò perché hanno perso una vita e per far comprendere loro che i bambini sono innocenti e non vanno usati per il regolamento dei conti. Voleva aiutarli a capire che dovevano cambiare la loro di vita, perché se la famiglia di Cocò si è trovata in quella vicenda allora quella famiglia non è una vittima».
MARINO: «PORTERÀ RINNOVAMENTO». Nonostante ciò, continua la presidente dell’Ac diocesana, «Galantino non è mai stato oggetto di intimidazioni e gesti eclatanti, perché forse alla fine gli vogliono bene tutti, anche loro, a modo loro. Piace proprio perché dice la verità». E sulla scelta di Francesco di nominarlo segretario Cei, Marino si dice sicura che «porterà rinnovamento in quanto è molto simile al papa, nei gesti, nel vivere la quotidianità, dall’andare a comprare il giornale da solo al guidare senza autista, per il suo stare a contatto diretto con le persone, fra le gente. Secondo me è stato scelto per questo».
Infine il ricordo più indelebile: «La prima volta che l’ho incontrato, per salutarlo, come è consuetudine con i vescovi, mi chinai per baciargli la mano. Lui però con mia sorpresa ritirò la mano e mi abbracciò. Per me era la prima volta che un vescovo mi salutava così».
NESSUN PIATTO PER LE OFFERTE. Andando a ritroso nel tempo, i ricordi di chi lo ha conosciuto a Cerignola, parroco della Chiesa di San Francesco d’Assisi, non sono dissimili. «Mi ha colpito il suo essere schivo nei confronti del denaro», ricorda Michele Monopoli, oggi 70enne. «Aveva deciso che durante la messa non doveva passare nessuno tra i banchi a raccogliere le offerte. Se qualcuno voleva dare un aiuto poteva farlo alla fine della celebrazione lasciando un’offerta in una cassetta in fondo alla chiesa».
La sua era una parrocchia difficile, «le sue messe, anche quelle per i bambini, erano sempre piene, come pure le catechesi per i giovani. Molte persone dopo averlo conosciuto e aver instaurato un rapporto con lui si sono convertite».
Un prete carismatico, don Nunzio Galantino. Un prete fra la gente. Un padre per molti e una guida, prima che vescovo o segretario generale della Cei. Che a chi gli chiede con quale titolo lo si debba chiamare – Eccellenza, Monsignore, don Nunzio - risponde: «Ma non avete altri problemi da porvi? Scegliete pure quel che volete, l’importante è che non mi chiami io da solo».
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