Galantino, il vescovo chiamato dal Papa per cambiare la Cei
Lo storico Melloni sul Presule che attacca i politici: «Le sue parole, un esorcismo al "Palazzo"»
GIACOMO GALEAZZICITTÀ DEL VATICANO
«Con Galantino è finita l’era Ruini», sintetizza lo storico del cristianesimo Alberto Melloni. Il rapporto tra la Chiesa italiana e la politica non sarà più lo stesso. «La Cei di Galantino non è quella di Ruini, è una Conferenza episcopale che esprime in maniera pubblica e chiara istanze di tipo generale».
Francesco ha voltato pagina rispetto al passato scegliendo l’ex-Capo della diocesi calabrese di Cassano (106mila anime e 22 paesi spersi tra le coste dello Ionio e le cime del Pollino) così simile a lui anche nello stile sobrio. Niente autista né auto blu per il Presule che girava in lungo e in largo per la Calabria con la sua utilitaria e che appena arrivato aveva subito potenziato la Caritas. Con la sua chiamata a Roma si è aperta un’epoca di maggiore chiarezza tra le due sponde del Tevere. Una svolta.
«I partiti fanno fatica a prendere le misure - puntualizza Melloni - Cercano di vedere negli interventi segnali criptati, legati a questo o quel tema e invece sono ciascuno esattamente la cosa che vuole dire».
L’esorcismo alla politica
La bufera mediatica è partita dagli interventi del Segretario generale sull’immigrazione. Prese di posizione che hanno suscitato nella Lega reazioni senza precedenti, con accuse fortissime. Secondo il titolare della cattedra Unesco sul pluralismo e direttore della Fondazione per le scienze religiose Melloni, è come se Galantino avesse fatto un esorcismo alla politica. E la funzione dell’esorcismo è far sì che il male esca, si dichiari urlando. Un po’ la reazione del leader della Lega Salvini. Forse l’episcopato non è tutto sulla linea di Galantino, ma è lui che esprime il corso di Francesco. Senza strappi con il Vaticano.
Il tentativo di scavalcarlo
«Le parole del segretario della Cei sono molto vicine alla posizione del Papa, pensiamo alla predica che fece ai politici italiani - precisa Melloni - Riflette quel tipo di atteggiamento, anche se ci sono vescovi che la vedono diversamente». È questo il futuro: «Se qualcuno pensa di scavalcare Galantino, deve sapere che non c’è spazio. Alle sue spalle c’è il Papa». Domani parlerà al Meeting di Rimini. La politica come «ordine supremo della carità», come fattore indispensabile, perché altrimenti «si muore». E dall’altra parte invece la politica che si fa «sulla pelle degli altri», quella dei «populismi» dettata da «capi spregiudicati». Nominato a sorpresa Segretario della Cei «ad interim», è stato confermato nell’incarico per cinque anni. È l’uomo a cui il Papa ha affidato in Italia il cambiamento della Chiesa. In Calabria viveva in Seminario, perché il palazzo vescovile era troppo grande, e vuoto, per una persona sola. Non aveva segretari: al telefono rispondeva da sé. E quando qualcuno bussava alla porta, era lui ad aprire. Guai a chiamarlo «eccellenza», dopo gli anni passati in prima linea a Cerignola, Parroco in uno dei quartieri più degradati della città. In trincea, ogni giorno, senza clamore. Roma sapeva.
Quando a Cassano il terremoto mise in ginocchio la provincia, piantò le tende tra le macerie, celebrando messa a Natale, Capodanno e Pasqua, fino a quando le chiese e i locali della diocesi non furono rimessi a nuovo a tempo di record, ben prima che lo Stato riuscisse a fare altrettanto con i suoi beni, molti dei quali ancora oggi inagibili. Già allora dal pulpito richiamava i politici a riscoprire spirito di servizio e umiltà. Nel messaggio natalizio stigmatizzava «quel presepe impazzito che la politica è diventata, con tanti pupi, vestiti con colori diversi ma quasi tutti impegnati a ritagliarsi piccoli o grandi spazi per sopravvivere a se stessi». Preludio della rivoluzione Cei.
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