lunedì 4 novembre 2013

Ancora la farsa delle primarie. Ma se il padrone del partito è Berlusconi come fate a fare le primarie?

La storia delle primarie Pdl fra sogno e realtà

di   - 04/11/2013 - Angelino Alfano così com'è avvenuto nel 2012 rilancia la proposta di una consultazione per la scelta del leader ma per i lealisti Berlusconi non si tocca

La storia delle primarie Pdl fra sogno e realtà
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Desiderio di partecipazione contro necessità di una forte leadership. È questo l’equivoco sul quale si è giocato il destino delle primarie del Popolo della Libertà. Meglio seguire il Partito Democratico chiedendo parere dei militanti rischiando scottature dolorose o è meglio affidarsi al carisma di un leader che protegge tutti come fosse un ombrello?
Raffaele Fitto, lealisti
Raffaele Fitto, lealisti
LO SCONTRO TRA ALFANO E FITTO – L’argomento, ormai all’apparenza passato in cavalleria ad inizio 2013, è tornato prepotentemente d’attualità dopo che il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha dichiarato sicuro in un passaggio dell’ultimo libro di Bruno Vespa, come ripreso da Tgcom: «Alle prossime elezioni, il nostro candidato dovrà essere scelto attraverso primarie il più aperte possibile, alle quali partecipi il più alto numero di simpatizzanti. La mia idea non è cambiata rispetto alla fine del 2012 quando lanciammo le primarie. Il nostro è un partito moderato: Forza Italia non vada agli estremisti». A stretto giro di posta è arrivata la risposta del lealista Raffaele Fitto che risponde in un altro passaggio del libro di Vespa: «Io ragiono sul dopo Berlusconi il giorno in cui Berlusconi autorizzerà il dopo. Ricordiamo che lui ha fatto la campagna elettorale del 2013 dicendo che il candidato a Palazzo Chigi sarebbe stato Alfano. Quindi? Quindi sarà ancora una volta lui a decidere che cosa si farà».


L’ANNUNCIO DELL’OTTO GIUGNO 2012 - Il botta e risposta sul libro di Bruno Vespa riporta alla memoria quanto accadde nel 2012, quando si parlò di elezioni e lo stesso Alfano provò a lanciare l’idea delle primarie. All’epoca non si era ancora arrivati alla proposta di Silvio Berlusconi di diventare il padre nobile del centrodestra italiano qualora Mario Monti avesse accettato di guidare il Pdl, salvo poi decidere di ripresentarsi bloccando qualsiasi tentativo di cambiamento della leadership. Anzi, eravamo in primavera e l’emergenza del Paese sembrava incarnata in una riforma in senso presidenzialista. Il sito del Pdl ha conservato la traccia delle intenzioni di Angelino Alfano che al termine di un’una riunione dell’ufficio di presidenza del partito datata 8 giugno 2012, dichiarò sicuro:
«Sono convinto che ci sarà l’occasione del nostro rinascimento. Le occasioni dovremo un po’ guadagnarcele. Chiederò a tutti un contributo, accogliendo anche le richieste in questo senso, perché tutti possano investire al meglio le loro energie [...] Sottolineo l’importanza delle primarie e aggiungo che non c’e’ precedente storico nella nostra area. Avremo primarie per il premier e primarie di programma anche in rete. E’ essenziale stare tra la gente con temi concreti, promuovere una mobilitazione territoriale, avviare iniziative sul territorio».
IL REGOLAMENTO - Le parole di Alfano rappresentarono la speranza di una vera novità all’interno del maggior partito dell’area di centrodestra. Il coordinatore dei comitati fu Beatrice Lorenzin mentre Giorgia Meloni non esitò a candidarsi per la segreteria. Venne anche stilato un regolamento, ancora on-line sul sito del Pdl, nel quale veniva comunicato che le primarie si sarebbero tenute tra il 15 dicembre ed il 3 febbraio, con il candidato premier che sarebbe stato deciso a seguito delle consultazioni regionali. Il candidato con più voti sarebbe poi diventato candidato ufficiale del Pdl, con una proclamazione prevista nella convention nazionale conclusiva dell’evento.
BERLUSCONI SI FA DA PARTE - La gioiosa macchina da guerra sembrava destinata a muoversi senza alcun intoppo. Il Fatto Quotidiano riporta una dichiarazione di Silvio Berlusconi, datata 24 ottobre 2012, nella quale comunicò che le primarie del Pdl si sarebbero tenute il 16 dicembre e che non si sarebbe candidato, per via dei sondaggi che davano il Partito e la sua persona in caduta libera. Contestualmente, oltre alla candidatura di Alfano, arrivò anche quella di Daniela Santanché e Maurizio Galan, con Berlusconi che addirittura comunicò la sua uscita di scena paragonandola alla discesa in campo del 1994, con gli Italiani che avrebbero deciso da soli chi avrebbe preso in mano il centrodestra creando una nuova partecipazione politica. Le prime incrinature nel progetto arrivarono però qualche giorno prima del supposto addio di Berlusconi, con Alfano che dichiarò sicuro: «Con il Cavaliere in campo non servono primarie».


IL DIETROFRONT - Ed il Cavaliere decise davvero di tornare in campo. Questo avvenne il 29 novembre 2012. Silvio impose il no alla consultazione confermandosi leader del Pdl e lasciando ad Alfano il ruolo di segretario. La scusa, come ha spiegato Carmelo Lo Papa su Repubblica, venne trovata nell’anticipo a gennaio delle Regionali nel Lazio. La decisione scontentò molti, con la Meloni che rimproverò via dell’Umiltà spiegando che ci sarebbe comunque stato il tempo per preparare una consultazione mentre Alessandra Mussolini si definì sollevata anche perché secondo lei la questione primarie si stava trasformando in uno scontro interno al Partito. Anche perché all’epoca, come ricorda ancora Repubblica, i candidati erano 11, un numero considerato eccessivo da Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri che parlavano addirittura di 20 soggetti interessati.
LA RESA DEI CONTI - Questi i loro nomi: Angelino Alfano, Giorgia Meloni, Daniela Santanchè, Giancarlo Galan, Gianpiero Samorì, Guido Crosetto, Alessandro Cattaneo, Michaela Biancofiore, Vittorio Sgarbi. Alfonso Luigi Marra ed Alessandro Proto. All’epoca si parlò poi di una scissione tra ex-An e forzisti, con via dell’Umiltà che predicò cautela. Oggi invece le cose sembrano cambiate. La maggioranza del Partito, o almeno i soggetti lealisti, hanno dichiarato che non esiste Pdl, o Forza Italia, senza Silvio Berlusconi. E parliamo di Raffaele Fitto, Francesco Giro, Sandro Bondi, Gianfranco Rotondi. Segno che le parole di oggi di Alfano rappresentano un ennesimo colpo alla tenuta del partito che già un anno fa faceva fatica ad immaginarsi senza Berlusconi e che oggi non ce la fa proprio, pena la disgregazione.

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