CARROCCIO
La Lega affonda tra appalti truccati e rifiuti tossici
L’arresto dello sceriffo è l’ennesimo caso di cattiva amministrazione dopo Credieuronord e Belsito
C’è del marcio sotto il Sole della Alpi. Ne sono certi i magistrati di Brescia che hanno chiesto e ottenuto gli arresti domiciliari per Oscar Lancini, il sindaco della Lega Nord di Adro, il comune nel bresciano balzato agli onori delle cronache nel 2010 per la scuola “Gianfranco Miglio” tappezzata di simboli padani. Altri tempi, altri fasti. La Lega aveva appena conquistato Piemonte e Veneto: lo scandalo sulla finanza creativa del tesoriere Francesco Belsito non era ancora scoppiato. Ma a distanza di tre anni Lancini rischia di essere l’ennesimo capitolo di una crisi senza fine per un partito che negli anni Ottanta voleva cambiare l’Italia nel nome della legalità, ma che si è ritrovato al suo interno i classici problemi del Bel Paese, tra corruzione, familismo, favoritismi vari e persino le presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta. Roberto Maroni e Matteo Salvini - i leader di un partito dove il vecchio leader Umberto Bossi è ormai in minoranza - sono corsi in difesa dello “sceriffo” («Una persona onesta, dimostrerà la sua estraneità», dicono), ma a pochi mesi dalle elezioni europee c’è il rischio del solito strascio di polemiche e di schizzi di fango per tutta via Bellerio, già prostrata negli anni dagli scandali Credieuronord, Quote Latte e appunto gli ultimi sul finanziamento pubblico ai partiti.
L’ordinanza su Lancini non si limita solo al caso specifico della costruzione “Area Feste”, oggetto dell’indagine, vicenda che vede indagate 23 persone per svariati illeciti amministrativi, vanto dell’amministrazione comunale perché sarebbe stata realizzata a titolo gratuito, ma che in realtà, secondo i pm, è stata fatta «nel più totale disprezzo della legge», a costi rivelatisi poi molto elevati e senza controllo. L’inchiesta accende un faro sulla Vallesabbiaservizi di Agnosine, azienda di smaltimento dei rifiuti, convenzionata con il Comune, che nel 2009 aveva rilevato la Elg (Eredi Lancini Giancarlo), azienda di famiglia del primo cittadino, fallita nel 2007. Nel 2012 del caso si occupò il quotidiano Il Manifesto, spiegando per filo e per segno la storia di questa impresa in fallimento dopo tre processi per inquinamento a carico dei Lancini, ma risorta quattro anni dopo grazie all’intervento della Vallesabbiaservizi, dove, scrivono i magistrati, «lavora come responsabile tecnico Luca Lancini», il fratello di Oscar e dove l’amministratore delegato è Enzo Caini, «colpito da una denuncia per violazione della normativa sullo smaltimento rifiuti».
Lo “sceriffo” deve rispondere di reati contro la pubblica amministrazione, tra cui turbativa d’asta, turbata libertà di scelta del contraente e falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Secondo la procura di Brescia avrebbe truccato appalti, favorito aziende amiche e superato le normali procedure di gara: con la mano destra si muoveva in un modo e con quella sinistra agiva in un altro. Nell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Brescia Cesare Bonamartini si legge: «Tra i diversi indagati si staglia la figura di Lancini Danilo Oscar, il quale, regista delle diverse operazioni collusive con gli aggiudicatari dei lavori pubblici, manifesta nella gestione della “res publica” una disinvoltura che trasmoda nel totale disprezzo per le garanzie di imparzialità imposte dalla legge».
Del caso «Area feste» di Adro si era occupato l’anno scorso Tempo Moderno, gruppo di riformisti bresciani guidato dall’avvocato Lorenzo Cinquepalmi, ormai vera e propria spina nel fianco del Carroccio in Lombardia. E già all’epoca i socialisti avevano capito che in quell’opera «spacciata» dal sindaco Lancini come frutto del lavoro di volontari si celasse in realtà una lunga serie di illeciti amministrativi con favori alle solite aziende «amiche». In sostanza il comune di Adro avrebbe in questi anni aggirato l’obbligo di gare pubbliche affidando i lavori alla Onlus Smeraldo, ma in realtà pagando lo stesso i fornitori, confezionando poi delibere su misura per coprire gli ammanchi di bilancio a prezzi che non venivano mai controllati. Sarebbe stato un gioco di atti amministrativi che compaiono e scompaiono, scoperto dagli inquirenti anche attraverso le intercettazioni degli indagati.
«Illuminante» quella del 10 aprile scorso, quando i carabinieri si presentarono in comune per acquisire le delibere che autorizzavano i lavori per l'area feste, al centro del procedimento. È il responsabile dell'area tecnica comunale, Leonardo Rossi, allarmato, a chiamare alle dieci del mattino il primo cittadino.
Rossi: «Sei qui in giro tu?»
Lancini: «Sì! ... Perché?»
R: «No, Procura mica Procura, carabinieri, qui in comune»
L: «Per cosa?»
R: «Immaginati»
L: «Ah! ... "Pota" («intercalare in dialetto bresciano dagli svariati significati» scrivono i magistrati, ndr) va bene, abbiamo tutto ... cosa c’è, che problemi ci sono?»
R: «No, sono qua ad acquisire le delibere che non ci sono, il coso ... che non sono fatte ... puoi fare un salto, vieni giù?»
L: «Come, come non ci sono mica scusa, non ce l'ha mica il segretario?»
R: «Non lo so io se ce l’ha pronte o no. Sono già passati anche di lì... perché mi hanno detto che sono già passati di lì. Quindi penso che siano stati lì all’Area Feste».
L: «Uhm, uhm, uhm ... non so niente. Arrivo, arrivo ... "Pota" vengo lì»
Per il pm Silvia Bonardi «è chiaro quindi che la delibera di giunta n. 46 non esiste (ad affermarlo è la persona più autorevole, ovvero il dirigente dell'ufficio tecnico) ed a poco vale l’osservazione del sindaco, quando afferma fittiziamente che le delibere le ha il segretario, come se si trattasse di un atto privato, non soggetto ad alcuna formalità e deposito»
Lancini: «Sì! ... Perché?»
R: «No, Procura mica Procura, carabinieri, qui in comune»
L: «Per cosa?»
R: «Immaginati»
L: «Ah! ... "Pota" («intercalare in dialetto bresciano dagli svariati significati» scrivono i magistrati, ndr) va bene, abbiamo tutto ... cosa c’è, che problemi ci sono?»
R: «No, sono qua ad acquisire le delibere che non ci sono, il coso ... che non sono fatte ... puoi fare un salto, vieni giù?»
L: «Come, come non ci sono mica scusa, non ce l'ha mica il segretario?»
R: «Non lo so io se ce l’ha pronte o no. Sono già passati anche di lì... perché mi hanno detto che sono già passati di lì. Quindi penso che siano stati lì all’Area Feste».
L: «Uhm, uhm, uhm ... non so niente. Arrivo, arrivo ... "Pota" vengo lì»
Per il pm Silvia Bonardi «è chiaro quindi che la delibera di giunta n. 46 non esiste (ad affermarlo è la persona più autorevole, ovvero il dirigente dell'ufficio tecnico) ed a poco vale l’osservazione del sindaco, quando afferma fittiziamente che le delibere le ha il segretario, come se si trattasse di un atto privato, non soggetto ad alcuna formalità e deposito»
Scriveva nel luglio del 2012 Tempo Moderno: «Come è possibile che un comune realizzi un’opera che pare possa essere costata quasi mezzo milione di euro, aggirando l’obbligo di una gara pubblica con la scusa della delega all’esecuzione delle opere a una Onlus?». E la stessa domanda si ripropone sul caso Valsabbiaservizi a cui nel 2012 furono affidati in convenzione 85mila euro per lavori sull'area feste. Annota il Gip: «Non si capisce tra quali altre offerte sia stata prescelta la migliore in quanto risultano mancare altri preventivi a comparazione, tra i quali, in caso di regolare procedura, avrebbe eventualmente dovuto operare la selezione in economia l'amministrazione comunale, in qualità di stazione appaltante delle opere».
E poi: «Nel caso della Vallesabbiaservizi deve osservarsi l’esistenza di anomali legami fra i privati e la pubblica amministrazione, atteso che tale società nel febbraio 2009 ha acquisito dal fallimento della Elg (Eredi Lancini Giancarlo) lo stabilimento di via Lucerna n. 12, di proprietà di Lancini Danilo Oscar e dei suoi congiunti tra i quali il fratello Luca che, attualmente, è proprio un dipendente della Vallesabbia Servizi e ricopre il ruolo di responsabile tecnico». Intanto ad Adro i cittadini lo difendono: «È una brava persona». I leghisti lo dicevano pure di Belsito.
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