venerdì 28 luglio 2017

Raggi, Re Mida al contrario: guasta ogni cosa che tocca

Roma
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Nelle tre principali aziende partecipate della città c’erano manager capaci e specchiati che stavano facendo pulizia e riorganizzazione. Sono stati cacciati senza rispetto
 
Roma, lo sappiamo, non è stata costruita in un giorno. Ma un anno di Raggi sembra davvero sufficiente a darle un colpo di grazia. Alle speranze, alle ambizioni, ma anche alla sopravvivenza quotidiana della città e di chi la vive. Sono ormai tredici mesi, infatti, che Virginia Raggi è in Campidoglio, senza un’idea, senza una direzione, inanellando un disastro dopo l’altro.
Ci è arrivata in una condizione di generale frustrazione dei romani, anche per nostre responsabilità del passato. Ma neanche i suoi più fieri oppositori potevano immaginare che un anno dopo la nostra città sarebbe stata ridotta così. Non c’è nulla da festeggiare, intendiamoci, davanti ad una città messa in ginocchio da questa Re Mida al contrario, capace di guastare ogni cosa che tocca.
Prendiamo le tre principali aziende partecipate della città: sono davvero il paradigma di questa amministrazione. Ci fossimo fermati al nulla e all’immobilismo, come su tanti altri dossier, la Capitale starebbe molto meglio. E invece no: le aziende fanno gola. Perché significano risorse, posti da assegnare, voti.
Su tutte e tre la mano di Virginia Raggi è stata violenta.
In Ama la cura di Daniele Fortini (e Alessandro Filippi) stava dando frutti: l’azienda aveva ripreso a correre e stava producendo risultati importanti tra differenziata, isole ecologiche, riorganizzazione. Spazzati via. Dalla Muraro e dai suoi conflitti di interesse. E ora la città è sommersa dai rifiuti, un’immagine indegna di fronte al mondo.
In Acea il management guidato da Alberto Irace, che aveva dato risultati importantissimi sia sulle performance generali (che significano tante risorse in più nel bilancio comunale) sia in termini di investimenti e riorganizzazione del lavoro, è stato cacciato via. Sostituito da chi sta per lasciare i romani senz’acqua.
Atac, infine, è storia di queste ore: Marco Rettighieri stava risanando un’azienda con un debito molto pesante – esploso negli anni della destra – cancellando le incrostazioni del passato, rompendo le filiere di corruzione e malcostume, senza guardare in faccia nessuno. E anche lì, dopo aver incassato le preferenze, la Raggi e i cinque stelle non hanno avuto dubbi. Cacciato senza neanche un grazie. E ora, dopo aver buttato un anno, siamo ad un passo dal fallimento definitivo. Non lo dico io, ma il direttore generale che hanno scelto loro, senza metterlo in condizioni di lavorare davvero.
Insomma, c’erano manager capaci e specchiati che stavano facendo pulizia e riorganizzazione, sono stati cacciati senza rispetto. In alcuni casi sono stati sostituiti da incapaci che stanno mettendo nei guai la città, in altri casi da persone perbene usate come specchietto per le allodole e abbandonate a loro stesse, se non boicottate, come dimostra il caso Rota in Atac.
Le aziende sono anche il termometro di un altro malcostume diffuso, tornato protagonista con la Raggi sindaco. Una commistione pericolosa tra i protagonisti della peggior destra alemanniana e clientele degne della prima repubblica che stanno soffocando la Capitale. Nelle aziende al collasso – Atac e Ama in particolare – si è tornati all’antico: le filiere di potere che generano preferenze, le raccomandazioni, le promozioni degli amici, il sostegno alle imprese vicine.
L’ultima emblematica dimostrazione è la replica del DG Rota ai penosi attacchi del presidente della commissione (Im)mobilità del Campidoglio, Stefano, accusato senza mezzi termini di fare pressioni per promuovere aziende e raccomandare amici e sodali politici dentro Atac.
Il tutto senza una replica, senza una smentita, senza un sussulto di dignità.
Roma davvero non può continuare così.

Dalla pagina Facebook di Roberto Giachetti

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