I conti di Acea non tornano
Il Comitato per la difesa del lago di Bracciano: "Non dice la verità ai romani". Nei documenti tutto quello che non quadra nella difesa dell'azienda
Qualcosa non torna nelle spiegazioni date da Acea-Ato2 spa per giustificare il razionamento dell'acqua potabile per un milione e mezzo di romani, previsto a partire da venerdì prossimo se non verrà trovata una soluzione alternativa ai prelievi dalla riserva idrica di Roma, il Lago di Bracciano. La multi-utility controllata dal Comune, senza troppi giri di parole, ha rimandato al mittente, la Regione Lazio, la richiesta di conciliare lo stop alla captazione idrica dal Lago con la necessità di evitare il razionamento con turnazione di otto ore per i cittadini della Capitale: "Spieghi la Regione qual è il piano, altrimenti procederemo con le turnazioni".
Nei documenti prodotti dal Comitato per la difesa del lago vengono sollevati diversi dubbi che, al momento, non trovano risposta nelle note diramate dall'Acea Ato2 (che l'HuffPost ha provato a contattare senza riuscirci). I conti, che ruotano intorno ai dati diffusi dalla stessa Acea, non tornano. Secondo la controllata del Comune dal Lago di Bracciano viene prelevata una quantità d'acqua pari all'8% del fabbisogno dell'Ato2, l'ambito territoriale in cui rientra anche la città Roma. Come risulta dalla Concessione tra Ministero dei Lavori pubblici e Acea e recepita dal decreto interministeriale 1170/90, le risorse idriche prelevate dal lago di Bracciano servono solo il territorio della Capitale, e non altri Comuni. A non quadrare, quindi, è come lo stop alle captazioni dal lago di Bracciano, a serio rischio di danno ambientale a causa del notevole abbassamento del livello dell'acqua con conseguenti ripercussioni sull'equilibrio del suo ecosistema chimico e fisico, possa comportare la chiusura dei rubinetti, a turno, per un milione e mezzo di cittadini della Capitale. "Il nodo del problema è che Acea non dice la verità ai romani", dichiara all'HuffPost l'avvocato Francesco Falconi, membro del Comitato.
Nella richiesta di intervento urgente inviata dallo stesso Comitato alla Regione Lazio il 26 giugno scorso, viene rilevato "il fondato dubbio sull'attendibilità dei dati forniti da Acea in relazione all'entità della captazione". A fronte dei 1200 litri al secondo comunicati, si legge nella lettera inviata alla Pisana, "da fonti interne ad Acea Ato2 è trapelata la notizia che attualmente si raggiungono i 3500 l/s", scrive il Comitato. Non solo: perché, denuncia, "nessuno, oltre ai dipendenti Acea, ha accesso ai locali dell'acquedotto, quindi nessun controllo esterno è mai stato effettuato, contrariamente a quanto dovrebbe avvenire in forza di legge".
Secondo il presidente di Acea Ato2 spa Saccani, al prelievo d'acqua da parte dell'azienda corrisponde "un abbassamento di 1,5 millimetri al giorno". Un'oscillazione minima che confligge per forza di cose con la relazione dei ricercatori Azzella e Casasanta, impegnati nello studio del clima e dell'ecologia del Lago di Bracciano, presentata dal Comitato alla Regione per motivare lo stop ai prelievi. In questo studio si legge come "l'abbassamento del livello del lago è sicuramente eccezionale, a cui gli emungimenti di Acea contribuiscono in modo significativo". Anche il Centro Funzionale Regionale ha registrato dati dissimili da Acea, per un "incremento in discesa giornaliero di circa un centimetro dovuto essenzialmente al prelievo per l'approviggionamento idropotabile e all'evaporazione", scrive la Direzione Regionale per le risorse idriche nella risposta alla richiesta di intervento urgente arrivata da Bracciano.
"Qui il paradosso è uno solo: oggi Acea minaccia il razionamento, ma la colpa è del lago che l'acqua la dà o di Acea che l'acqua la butta?", chiede l'avvocato Falconi. Perché qui si apre il capitolo della dispersione idrica dovuta a una rete ridotta ormai a colabrodo, con il 44% di acqua sprecata. "Pur a fronte dell'enorme profitto realizzato, Acea e Acea Ato2 non hanno provveduto, nel corso degli scorsi anni, a porre in essere tutte le dovute misure atte a ridurre gli sprechi di acqua lungo la rete idrica", denunciano. Utili corposi che il Comitato ha portato all'attenzione della Regione Lazio: "Nel 2013 Acea Ato2 s.p.a. ha prodotto un utile di quasi 75 milioni di euro, nel 2014 di 77 milioni e nel 2015 di 70 milioni circa. Tali utili sono resi possibili anche e soprattutto dalla mancata effettuazione delle adeguate spese infrastrutturali volte a ridurre la dispersione idrica, a favorire il riciclo delle acque e la loro conservazione", denuncia il Comitato nella sua relazione. A fronte, fa notare l'avvocato Falconi, "di un canone annuo di 727,17 euro pagati da Acea per la concessione". Poca roba. Mentre gli utili di Acea Ato2 spa, controllata al 96,4% da Acea (a sua volta partecipata al 51% da Roma Capitale, al 23,3% dai francesi di Suez e al 5% dal Gruppo Caltagirone) e per il restante dal Comune di Roma, costituiscono, negli ultimi cinque anni, circa un quarto dell'utile di tutto il gruppo Acea. In altre parole, il 25% dei guadagni distribuiti ai soci della multi-utility, arriva dall'acqua.
Ci sono poi altre mancanze da parte di Acea Ato2, secondo gli esperti che stanno lottando per difendere il bacino di Bracciano: "Secondo il Testo Unico Ambientale, ci sono obblighi inadempiuti da parte del concessionario che non riguardano solo la manutenzione della rete idrica. Ad esempio non è mai stato creato un sistema virtuoso del riciclo delle acque piovane, Acea non ha mai provveduto a questo", dice sempre l'avvocato Falconi. "Come non ha mai creato le cisterne di accumulo: così, in caso di pioggia in abbondanza, l'acqua in accumulo non viene raccolta e conservata per i periodi di siccità ma viene dispersa. Buttata".
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