sabato 27 febbraio 2016

Zuckerberg contro i razzisti: “Su Facebook non c’è spazio per l’odio”

Social network
epa05180318 Facebook CEO Mark Zuckerberg speaks at the Facebook Innovation Hub in Berlin, Germany, 25 February 2016. Zuckerberg presented studies on Artificial Intelligence inter alia. Mark Zuckerberg, founder and chief executive of the social networking giant Facebook, has arrived in Berlin for two days of talks as Germany debates how to tackle online xenophobia and hate speech amid an influx of refugees. Facebook agreed in December 2015 to abide by German laws on hate speech on their sites in Germany, responding to complaints by the government that they are too slow to take down xenophobic abuse posted online.  EPA/KAY NIETFELD
Il ceo della società di Palo Alto, a Berlino, ribadisce gli impegni presi con il governo tedesco
Facebook intende attuare un ulteriore giro di vite sulla pubblicazione di messaggi di presunta incitazione all’odio sui profili degli utenti tedeschi, aggiungendo gli immigrati tra le “categorie protette”.
Lo ha dichiarato durante un evento a Berlino il numero uno del gruppo, Mark Zuckerberg, sostenendo di non aver fatto ancora abbastanza per contrastare i post considerati razzisti in seguito all’accordo stretto lo scorso 15 dicembre con il governo tedesco, che aveva ottenuto dalla società di Palo Alto (nonché da Twitter e da Google) l’impegno a rimuovere dalle loro piattaforme entro 24 ore i messaggi considerati in violazione delle leggi nazionali in quanto discriminatori. “Per commenti d’odio non c’è spazio su Facebook e nella nostra comunità”, ha detto Zuckerberg.
Quando i limiti della libertà di parola vengono superati, quando ci sono criminalità, sedizione e incitamento a compiere delitti contro la persona, tali contenuti vanno rimossi dalla rete“, aveva spiegato il ministro della Giustizia, Heiko Maas, sottolineando l’intesa, “la libertà di espressione protegge anche i commenti ripugnanti, volgari o sgradevoli ma si passa il limite quando si tratta di incitare alla violenza o attaccare la dignità delle persone in forme punibili come delitti di incitazione all’odio razziale”.

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