Boccassini: «Magistrati sciatti e poco professionali»
Il capo della Dda di Milano attacca il Gip di Catania. Che ha escluso il concorso esterno nel caso dell'editore Ciancio.
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23 Febbraio 2016
Ilda Boccassini.
Ilda Boccassini torna a parlare in pubblico dopo diversi anni, riempie la sala delle lauree all'Università Statale di Milano per discutere della terza edizione del libro Il delitto di associazione mafiosa di Giuliano Turone e non risparmia critiche a una «magistratura sciatta e senza rigore professionale».
Lo fa in occasione di un ciclo di seminari organizzati da Nando Dalla Chiesa, professore della facoltà di Scienze Politiche, insieme con il collega Paolo Storari. «Il confronto con i giovani è fondamentale» esordisce il magistrato nato a Napoli il 7 dicembre del 1949.
Le infiltrazioni di mafia e ndrangheta al Nord, le inchieste che hanno cambiato il modo di vedere la criminalità organizzata e quanto la giurisprudenza si è evoluta in questi anni sono stati gli argomenti trattati di fronte agli studenti. Ma la coordinatrice della Dda di Milano ha voluto soprattutto insistere sui rischi che la mancanza di «cultura» e «professionalità» di una certa magistratura possono portare a indagini e inchieste che hanno cambiato la storia di questo Paese, rovinando così il lavoro fatto fino a oggi.
IL RICORDO DI GIOVANNI FALCONE. «Facciamo parte di un passato importante», ha esordito Ilda la Rossa, candidata al vertice della procura milanese ma con scarse possibilità di spuntarla. «Sono cresciuta con la figura fondamentale di Giovanni Falcone e il libro di Turone, al di là delle norme è stato fondamentale perché è stato scritto per aggredire un fenomeno che era volutamente non conosciuto».Lo fa in occasione di un ciclo di seminari organizzati da Nando Dalla Chiesa, professore della facoltà di Scienze Politiche, insieme con il collega Paolo Storari. «Il confronto con i giovani è fondamentale» esordisce il magistrato nato a Napoli il 7 dicembre del 1949.
Le infiltrazioni di mafia e ndrangheta al Nord, le inchieste che hanno cambiato il modo di vedere la criminalità organizzata e quanto la giurisprudenza si è evoluta in questi anni sono stati gli argomenti trattati di fronte agli studenti. Ma la coordinatrice della Dda di Milano ha voluto soprattutto insistere sui rischi che la mancanza di «cultura» e «professionalità» di una certa magistratura possono portare a indagini e inchieste che hanno cambiato la storia di questo Paese, rovinando così il lavoro fatto fino a oggi.
Boccassini ha ripercorso gli anni di lavoro, da quando entrò in magistratura a metà degi Anni 70 («A Milano c'era il terrorismo, a Palermo una guerra di mafia»), poi la Duomo Connection fino alla Caposaldo, per poi ricordare che solo nel 2010 il legislatore ha inserito il termine 'ndrangheta nella giurisprudenza. «Come se l'organizzazione criminale calabrese non esistesse già negli Anni 80...», aggiunge con un pizzico di amarezza.
Magistrati che hanno lavorato a lungo su tutto questo, scoprendo il contesto e il mondo che ruota attorno alla malavita organizzata, non possono tollerare quello che sta succedendo oggi.
DAL 416 BIS AL CONCORSO ESTERNO. «C'è voglia di rimettere in discussione il 416 bis, ma c'è mancanza di professionalità», sentenzia.
E poi la Boccassini fa un esempio di attualità: «Ho letto in questi giorni che un giudice di Catania ha escluso il concorso esterno», riferimento al Gip Gaetana Bernabò Distefano che, nelle motivazioni con cui ha disposto il «non luogo a procedere» perché «il fatto non è previsto dalla legge come reato» dell'editore Mario Ciancio Sanfilippo, ha scritto che «la creazione del cosiddetto concorso esterno appare, purtroppo, una figura che si potrebbe definire quasi idealizzata nell'ambito di un illecito penale così grave per la collettività».
Ammette la Boccassini «L'ho trovato dequalificante. È pur vero che non è una norma, ma è ormai un fatto sancito dalla Suprema Corte. Qui siamo di fronte al pericolo di una magistratura sciatta e senza rigore professionale. È qualcosa che va contro le sentenze della Suprema Corte».
LA 'NDRANGHETA E I TRIBUNALI DISTRETTUALI. Il pm del caso Ruby ripercorre le indagini sulla 'ndrangheta: «Ormai i casi sono sempre gli stessi, l'imprenditore che evade il fisco, che si appoggia alla criminalità organizzata, sono casi sempre uguali», conclude, ricordando anche il caso del giuramento delle 'ndrine «nella ricca Brianza».
Anche Storari ha rimarcato il punto sulla professionalità dei colleghi rilanciando l'idea dei tribunali distrettuali, già portata avanti un paio di anni fa dal capo della Dda, anche perché è spesso Milano a indagare sui casi di mafia in Lombardia, «e non ci sono abbastanza competenze in altre procure».
Infine, Dalla Chiesa ha ricordato che la Boccassini è «una delle persone che ha rappresentato il più alto senso delle istituzioni che segnato la storia di questo Paese, tenendosi al riparo da qualsiasi condizionamento: è un punto di riferimento».
Twitter @ARoldering
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