mercoledì 24 febbraio 2016

Non leggo mai Panebianco e quando leggo qualche suo articolo sono quasi sempre in disaccordo con le sue posizioni. A lui va tutta la mia solidarietà di fronte alla violenza codarda di quattro giovanetti fanatici. A nessuno mai deve essere proibito di esprimere le proprie idee. Mai. Mai.

Il caso Panebianco, le cose peggiori non finiscono mai

ControVerso
Angelo Panebianco lascia la facoltà di scienze politiche dopo la nuova contestazione, Bologna, 23 febbraio 2016. Dopo il blitz di ieri del collettivo Cua, anche questa mattina la lezione che il professore stava tenendo a Scienze Politiche è stata interrotta da una contestazione, messa in atto da alcuni studenti che sedevano tra i banchi. ANSA/ GIORGIO BENVENUTI
Un gruppo di studenti per due volte impedisce a uno dei migliori studiosi italiani di tenere la sua lezione. “Un’infamia”, nulla da aggiungere
Certo è sconsolante constatare come le peggio cose, quelle che pensavamo appartenessero a un’epoca di insane follie, tornino invece a presentarsi con stupida regolarità. Un gruppi di studenti, quattro gatti, ma questa non è un’attenuante, per due volte impedisce a Panebianco, uno dei migliori studiosi italiani, di tenere la sua lezione, accusandolo di essere un guerrafondaio. Anzi, di essere responsabile dei “morti nel Mediterraneo”. Questo perché Panebianco ha svolto una seria riflessione sulle responsabilità presenti e future dell’Italia nella guerra in corso in Libia. Quel che mi stupisce, oltre alla vena squadrista e totalmente ignorante di questi studenti, sono alcuni commenti che ho letto anche da parte di qualche professore. Che distingue fra merito, che sarebbe giusto, e metodo che sarebbe sbagliato. O la sottovalutazione dovuta al fatto che son cose che son sempre successe e che in fondo, a parte naturalmente il famoso metodo, qualche critica serve al dibattito. Perché in questo caso come in altri simili non c’è merito che tenga. Se ci si comporta da squadristi nessuna giustificazione è possibile e il comportamento è la sostanza della questione. Anche semplicemente accettare di discutere il merito è un tragico errore e mostrare una qualsiasi forma di accondiscendenza il preludio al peggio. A me capitò qualche cosa di molto simile a Genova durante un dibattito sul nucleare. Due settimane dopo spararono, proprio a Genova, a un dirigente di Ansaldo nucleare. Romano Prodi ha parlato chiaro. «È un’infamia», ha detto. Nulla da aggiungere.

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