I soldi buttati nelle macchinette e nei Gratta e vinci finiscono per rimpinguare le casse del Tesoro. Ma le lobby dei giochi pensano che il governo stia esagerando
Secondo la Global Betting and Gaming Consultancy gli italiani hanno perso l’enorme cifra di 17,2 miliardi di euro nei giochi. L’Economist ricorda che nel Belpaese il gioco d’azzardo è in piena e totale espansione, tanto da aver superato in questa triste classifica gli spagnoli come gli scommettitori più accaniti del Sud Europa da dieci anni. In Italia sono prodotti circa un quinto di tutti i Gratta e Vinci con cui si gioca nel mondo, e il paese ospita un terzo del totale dei terminali per le videolotterie. Un boom legato alla difficile situazione finanziaria del governo italiano, ricorda l’Economist, che ha visto negli anni il gioco come una risorsa per rimpinguare le entrate fiscali: dei 17 miliardi di cui parlavamo all’inizio, circa la metà entra direttamente nelle casse del Tesoro. Una cifra talmente enorme che ha spinto i governi a rendere sempre più ampia l’offerta di giochi, tanto da rendere la metafora dello Stato Biscazziere più vera che mai. Prima le scommesse sul calcio, poi le macchinette, infine le scommesse on line passando per le videolottery e le slot machines, oggi responsabili della metà delle perdite al gioco degli italiani.
Quanti siano gli affetti da ludopatia in Italia è incerto: si parla di quasi un milione di persone, sempre secondo il settimanale londinese. E la questione è talmente diffusa che Massimo Passamonti, presidente di Sistema Gioco Italia, l’associazione aderente a Confindustria che raggruppa le imprese del gioco, si lamenta che l’offerta di giochi sia ormai troppo ampia. La sua associazione addirittura vorrebbe ridurre le slot machines e vorrebbe un sistema più regolamentato, ma il governo centrale da quell’orecchio non ci sente a causa delle entrate fiscali. Più in sintonia sono le autorità locali e regionali, che cercano di regolamentare e restringere l’utilizzo delle slot machines, vietandone ad esempio la presenza vicino alle scuola. In più c’è da segnalare che il gioco in nero, seppur ridotto dal business statale, non è del tutto scomparso: anzi, il suo fatturato raggiunge un quarto di quello delle aziende di gioco legale. E intanto la polizia scopre che 3200 slot machines in Campania erano controllate dai Casalesi. Anche la mafia reclama la sua parte.
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