"Renzi deve cadere" I rottamati al lavoro per il delitto perfetto
Prodi, Bersani, Bindi e D'Alema preparano la sfida finale sull'Italicum: se perdono vanno ai giardinetti. E cercano un leader alternativo
Sui social network l'hanno subito ribattezzato «il Pdrp», il Partito dei rancori personali. Ha molti capifila, che si sono alternativamente amati, odiati, alleati o avversati nel corso del tempo, ma che oggi si riconoscono e si stringono a coorte contro il nemico comune, l'odiato Matteo Renzi che li ha uno ad uno politicamente rottamati.
Il Pdrp ha molti iscritti di rilievo innanzitutto nel Pd: Romano Prodi (che ieri in un'intervista al Fatto faceva da controcanto al governo sull'immigrazione e la Libia, dove il perfido Renzi non l'ha mandato) e Pier Luigi Bersani, Enrico Letta e Massimo D'Alema, Rosy Bindi e Sergio Cofferati e via elencando. Qualcuno aggiunge alla lista, sia pur come fuoriclasse, persino Walter Veltroni, che finora ha benedetto il premier che ha raccolto il testimone del suo Pd a vocazione maggioritaria e del suo Lingotto. Ma anche il primo leader del Pd, assicurano diverse voci, da qualche tempo confiderebbe ad autorevoli interlocutori opinioni molto critiche su Renzi. I più maligni attribuiscono il cambio di toni ad una doppia delusione: prima sul Quirinale e poi sulla presidenza e guida spirituale della futura «Nuova Rai» riformata. Ma i più dubitano che uno che ha saputo andarsene e mettersi a fare altro con la classe che ha avuto Veltroni si mischierebbe mai coi piani di vendetta degli altri, che peraltro son gli stessi che si adoperarono a suo tempo per far la pelle pure a lui, e dunque non gli stanno molto simpatici.
Di certo, il momento della svolta si sta avvicinando: la vicenda dell'Italicum, comunque vada a finire, sarà esplosiva. La legge elettorale è l'arma-fine-di-mondo del dottor Stranamore: se Renzi riesce a farla approvare e poi ad usarla alle prossime elezioni, da segretario del Pd, non ce ne sarà più per nessuno dei suoi nemici: se vincerà le future elezioni, avrà una maggioranza fortissima e gruppi parlamentari omogenei e leali, potrà governare senza trappole e trattative estenuanti e Prodi, Bersani, Letta, D'Alema, Bindi e gli altri amici del Pdrp si riuniranno sulle panchine del parco pubblico a sparlare di lui, ma potranno fare ben poco per nuocergli. Dunque, una delle due cose (l'approvazione dell'Italicum o la possibilità per Renzi di utilizzarlo alle prossime elezioni) va assolutamente impedita. In casa renziana ci sono forti timori per il voto finale sulla legge elettorale che - fiducia o meno - sarà a scrutinio segreto. Nel buio dell'urna il delitto perfetto dell'Orient Express potrebbe compiersi, e ognuno potrebbe dare la sua pugnalata al premier. Del resto la Bindi manda un avvertimento chiaro come una testa di cavallo al premier: «Con lo scrutinio segreto ci può essere chi risponde alla chiama sulla fiducia e poi a voto segreto si comporta come i 101 contro Prodi», dice. E aggiunge che se l'Italicum passerà «sarà il vettore della creazione di un nuovo soggetto politico». Insomma, se Renzi vuol fare il famoso partito della Nazione «la scissione sarà nelle cose». Il Pdrp offre una visione alternativa di Pd. Non la vocazione maggioritaria, niente bipartitismo rivendicato da Renzi, niente strappi: ritorno alle coalizioni ampie, variegate e vivaci (ricordate l'Unione di Prodi, dove tutti litigavano e non si cavava mai un ragno dal buco? Ecco), ritorno alla concertazione coi sindacati, con le lobby, con le burocrazie. «Le riforme vanno fatte con il più ampio consenso possibile», ammonisce Letta dai vari giornali cui distilla le anticipazioni del suo libro, alternate a quello di Prodi che ricorda i bei tempi dell'Ulivo. E proprio a Letta rivolge un appello Bindi: «Enrico deve tornare ad essere un combattente», e deve farlo «presto». In casa Pdrp si cerca un anti-Renzi, e lo si cerca subito.
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