Invia per email
Stampa
ROMA - Più critiche che plausi. Le reazioni sui decreti attuativi del Jobs Act approvati oggi dal Consiglio dei ministri sono contrastanti. E se, da un lato, partiti come Ncd accolgono con soddifazione il provvedimento che ha l'ambizione di cambiare il mondo del lavoro, dall'altro le reazioni dei sindacati sono negative. E anche la minoranza del Partito democratico boccia alcune delle nuove misure.

E' il caso della norma sui licenziamenti collettivi, stroncata da Cesare Damiano: "Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha dichiarato che il Governo non ha modificato la norma sui licenziamenti collettivi nonostante la richiesta contenuta nei pareri convergenti delle Commissioni lavoro di Camera e Senato. Siamo di fronte a una scelta politica sbagliata e non rispettosa del dibattito parlamentare", ha commentato il presidente della Commissione Lavoro della Camera.

Anche Stefano Fassina respinge il provvedimento senza appello: "Straordinaria operazione propagandistica del governo sul lavoro. I contratti precari rimangono sostanzialmente tutti. Il diritto del lavoro torna agli anni '50. Oggi è il giorno atteso da anni...dalla Troika".

Quanto ai sindacati, per la Cgil le nuove norme sul lavoro non cambiano nulla: "Il Jobs act è il mantenimento delle differenze e non la lotta alla precarietà", è il commento quasi rassegnato del sindacato di Corso d'Italia, che in una nota aggiunge: "Il contratto a tutele crescenti è la modifica strutturale del tempo indeterminato che ora prevede, nel caso di licenziamento illegittimo o collettivo, che l'azienda possa licenziare liberamente pagando un misero indennizzo". Sulla precarietà, prosegue la nota della Cgil, "siamo alla conferma dell'esistente, se non al peggioramento, come nel caso del lavoro accessorio e all'assurdo sulle collaborazioni che si annunciano abolite dal 2016 ma comunque stipulabili in tanti casi, mentre nulla si dice delle co.co.co. della Pa".

Insomma, si chiede: "Dove sarebbe la svolta? Il governo parla di diritti ma mantiene la precarietà, dimentica le partite iva e regala a tutti licenziamenti e demansionamenti facili. Per rendere i lavoratori più stabili non bisogna per forza renderli più licenziabili o ricattabili". Per la Cgil "quello che il governo sta togliendo e non estendo ai lavoratori stabili e precari, andrà riconquistato con la contrattazione e con un nuovo statuto dei lavoratori".

Jobs Act, Camusso: ''Nessun effetto speciale, l'asse è licenziamento più facile e precarietà''


Critica anche la leader Cisl Annamaria Furlan: "E' un primo intervento solo parziale. Avremmo voluto un atteggiamento più coraggioso del governo sulla effettiva abolizione delle forme di precarietà". Si è in attesa dei testi, "ma l'esultanza del presidente del Consiglio è assolutamente ingiustificata perché con queste norme cambierà poco e niente". Sulla stessa linea anche Carmelo Barbagallo, segretario Uil: "Il governo non va nella direzione giusta. Bisognava eliminare tutti i contratti di precarietà. Invece, sono rimasti quelli a tempo determinato a 36 mesi senza causale e hanno esteso la possibilità di ricorrere ai voucher".

Negativo il commento del leader di Sel Nichi Vendola, che scrive su Twitter:

E aggiunge: "Al di là delle battute del premier Renzi, la realtà è che  il lavoro non è più un diritto, il licenziamento sì (e con i diversamente berlusconiani non a caso contenti assai).

Soddisfatto, invece, il Nuovo centrodestra. "Il Jobs Act recepisce a pieno  le proposte di Area Popolare", sottolinea Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro del Senato. "Ne risulta profondamente cambiato - continua- lo statuto dei lavoratori per licenziamenti, mansioni e tecnologie, così come viene confermata la legge Biagi che perde solo il lavoro ripartito, applicato peraltro a meno di 300 lavoratori. La cancellazione delle collaborazioni coordinate e continuative, ad essa preesistenti, prevede le ampie eccezioni dei settori in cui ci sono accordi sindacali che le regolano come i call center per le telefonate 'in uscita', le ricerche di mercato, il recupero crediti. Si ridimensiona la zona grigia della parasubordinazione ma trova maggiore legittimazione il lavoro indipendente con o senza partita iva, non più oggetto del sospetto di nascondere subordinazione quando il committente è uno solo. Facciamo ora in modo che le nuove regole risultino semplici, certe e certamente applicate anche attraverso il testo unico sostitutivo dello statuto cui il governo è stato delegato".

Soddisfatta Confcommercio che apprezza gli interventi del governo "orientati a dare respiro a diversi strumenti per favorire le assunzioni e maggiore certezza delle norme".