lunedì 16 febbraio 2015

Ditelo a Di Battista, Morra e Di Maio che questi sono degli assassini sanguinari. Ma dove vivono?

MAMBO 

Con l'Is in Libia l'Italia ha una sola strada: la guerra

Chi predica la pace non capisce che la minaccia è grave. Serve intervenire subitoShare on printShare on emailMore Sharing Services

Ho visto il filmato sulla decapitazione dei 21 cristiani coopti. Avevo visto quello del pilota giordano bruciato vivo. E altri ancora.
Fermare l’Isis a tutti i costi, costi quel che costi, è l’obiettivo primario di questa fase storica. Ora gli assassini del Califfato sono a poche centinaia di chilometri dall’Italia.
MINACCIA REALE PER L'ITALIA. Mai dal secondo Dopoguerra l’Italia era stata così minacciata. La discussione sull’intervento internazionale in Libia, sulla sua tempistica e sulle sue modalità deve partire da qui.
Prima questione: abbiamo o no il diritto/dovere di difendere il nostro Paese da un attacco micidiale e sanguinario? Seconda questione: ci sono margini per una trattativa con un nemico come quello che abbiamo al di là del Mediterraneo? Terza questione: come e con chi intervenire?
Sulla prima non dovrebbero esserci dubbi. Ci si poteva dividere sul mandare o meno soldati in frontiere lontane, non si può discutere quando si tratta di difendere il Paese.
I pacifisti facciano quel che vogliono e credono di dover fare, ma lo Stato e il governo hanno il dovere di difendere i cittadini nel modo migliore, anche con la guerra.
NON SI PUÒ TRATTARE COI TERRORISTI. Seconda questione: non ci sono margini di trattativa con le canaglie dell’Isis. L’unica strada è sconfiggerli militarmente come stanno facendo i curdi e come sta cercando di fare il re di Giordania. La sola possibile trattativa è quella di allargare il fronte, occidentale e arabo, delle forze che hanno colto come l’arrivo del Califfato sul Mediterraneo  sia una minaccia globale.
Terza questione: gli esperti diranno che cosa fare, ma è del tutto evidente che la strategia dei bombardamenti non porta alla vittoria. Purtroppo il combattimento deve essere anche di terra. E mi fermo qui.
Il tema urgente del governo è come preparare l’opinione pubblica. Ci sono i seguenti problemi: c’è un area pacifista che non accetterà mai nessuna guerra neppure difensiva; c’è sfiducia attorno alle nostre capacità militari offensive; c’è la sensazione che il governo sia in mani inesperte.
PRIMA LA SICUREZZA, POI LE RIFORME. Il pacifismo è una corrente di pensiero e di azione nobilissima. Va tenuta nel giusto conto, ma non quando si tratta di difendere i confini nazionali.
Protestino pure, ma si vada avanti senza di loro. L’efficienza delle nostre forze armate è stata accertata in tutte le missioni all’estero. Questa volta si tratta di qualcosa di diverso, mai sperimentato dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
Se si deve andare all’attacco del Califfato l’unica regola d’ingaggio è non perdere.
Il governo è in mani ferme? Renzi farebbe bene a fare un discorso al Paese e a unirlo invece di fare prove di forza muscolari in parlamento. Non c’è nulla di più urgente che la difesa nazionale. Le riforme si possono fare dopo.

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