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ROMA - "Ai tempi di Togliatti o Berlinguer questo non sarebbe accaduto perché la Festa dell'Unità è sempre stata, tradizionalmente, una festa di tutti". Carlo Smuraglia non vorrebbe alzare altri polveroni. Ce n'è già abbastanza. Classe 1923, partigiano combattente, avvocato del lavoro, Smuraglia è il presidente nazionale dell'Anpi, l'associazione dei partigiani che è contraria alla riforma costituzionale di Renzi. L'Anpi non è stata invitata alle Feste dell'Unità o, se chiamata a partecipare, non deve parlare del No.

Smuraglia, forse lo scontro si sta ridimensionando, ci sono trattative in corso?
"Non mi risulta nessuna trattativa. Non c'è stato nessun invito formale. In passato nelle Feste dell'Unità veniva dato uno spazio alle locali sezioni dell'Anpi, in cui ovviamente l'Anpi fa quello che vuole".

Si è sentito tradito dal Pd?
"Non è una questione di tradimento. Ma è un errore materiale. L'Anpi ha una sua dignità e autorevolezza. Non può andare in un luogo in cui si pongano limiti alla manifestazione delle proprie opinioni. Se invito qualcuno a cena, non gli dico di chi deve parlare bene e di chi male. Lo lascio libero di esprimersi".

I Democratici però ritengono quella costituzionale la madre di tutte le riforme. Non trova normale che blindino la loro battaglia?
"Tradizionalmente la Festa dell'Unità è una festa di tutti. Non si possono porre dei limiti. Tranne quello di non ammettere i fascisti. Con noi è normale un rapporto franco e ragionevole".

Quindi l'Anpi non andrà a nessuna Festa?
"Non c'è una direttiva nazionale. Deciderà ogni sezione localmente. Se però chiedono il mio parere, ebbene io non andrei per rispetto di se stessi. Non vado in un posto dove non posso esprimere liberamente le mie idee".

In altri tempi non sarebbe successo, secondo lei, nonostante il centralismo del Pci, l'espulsione dei dissidenti?
" Ai tempi di Togliatti e Berlinguer si andava alle feste dell'Unità perché si incontravano gli amici e si scambiavano le idee. Quest'anno si è cominciato a dire che era la festa del Sì, quindi con una forte contrapposizione. Tuttavia non è inimicizia la nostra: è una divergenza su un punto specifico che poteva essere risolto con ragionevolezza".

Come poteva essere risolto?
"Semplicemente dicendoci: "Venite e dite pure quello che vi pare". Potevano immaginare che l'Anpi non sarebbe andata a fare sfoggio delle proprie idee in casa di chi la pensa diversamente, ma a sostenerle con il garbo e il rispetto che ci è abituale".

L'Anpi ha rimosso il coordinatore emiliano Artioli perché a favore del Sì?
"Assolutamente no, si è trattato di un normale avvicendamento. Con il congresso di metà maggio sono decadute tutte le cariche per statuto, anche la mia. Ci sono state riconferme e avvicendamenti".

Anche voi siete divisi sul referendum?
"Ci sono dissensi, ma il No è a stragrande maggioranza".

È l'ennesima incomprensione tra l'Anpi e il Pd di Renzi?
"Boschi commise un errore con quelle 
frasi sui partigiani, il No e Casapound. La storia e la memoria vanno coltivate perché un Paese che perde questo è destinato a decadere".