RaggiRetromarcia e in fretta. Dopo avere difeso spavaldamente sui social i ricchi stipendi distribuiti ad alcuni dei nominati nello staff del sindaco Virginia Raggi, ora il Movimento 5 Stelle si appresta a tagliare, tagliare e tagliare. A pagare non sarà Carla Raineri, il magistrato scelto come capo di Gabinetto, che difficilmente accetterebbe una decurtazione del suo compenso di 193mila euro all’anno, ma Salvatore Romeo, attivista del movimento e funzionario del Campidoglio che, grazie all’incoronazione voluta dalla Raggi a capo della segreteria politica si è visto triplicare lo stipendio (sforando ampiamente i 100mila euro). Un altro che potrebbe dovere rinunciare a parte dei quasi 90mila euro concessigli è Andrea Mazzillo, anche lui nello staff della Raggi, mandatario della sua campagna elettorale, su cui peserebbe il peccato originale di avere militato in passato nel Pd di Ostia.
Ieri dal Movimento 5 Stelle alla Camera è stato fatto trapelare che già oggi, nella riunione di giunta in programma per le 18, saranno tagliati alcuni stipendi. Alle 21 il Campidoglio ha però smentito che il provvedimento di retromarcia arriverà già oggi in giunta, sostenendo che ci si limiterà a nominare il nuovo direttore generale dell’Ama, la martoriata azienda dei rifiuti: dopo l’amministratore unico Alessandro Solidoro, sarà chiamato un altro lombardo, a quanto pare benedetto dalla Casaleggio e Associati, l’attuale dg della municipalizzata di Voghera (40mila abitanti), Stefano Bina. Però anche i rumors fatti girare dal Parlamento sono il segnale che nel direttorio sono molto preoccupati per queste mosse della Raggi. Si rischia un’ulteriore spaccatura dopo le dimissioni dal mini direttorio, quello romano che affianca il sindaco, dell’onorevole Roberta Lombardi.
Poco importa se le forbici saranno usate oggi o nei prossimi giorni: è evidente che il caso sta esplodendo. Il sindaco Virginia Raggi in queste ore dovrebbe tornare dalle ferie. Più di un avvocato, sentito dopo che la minoranza ha annunciato una serie di esposti alla Procura e alla Corte dei conti, ha fatto notare che ci si è messi su una strada pericolosa. Non è solo un problema di money: avere utilizzato l’articolo 110 del testo unico degli enti locali che consente stipendi molto alti ma prevede un bando pubblico invece dell’articolo 90 (che però avrebbe fissato un tetto ai salari) è attaccabile. Non solo: laddove è stato usato il 90, assegnando però retribuzioni da dirigenti, si rischia la buccia di banana, perché non si rispetta la pianta organica. Morale: può reggere la difesa d’ufficio («stiamo spendendo meno, in totale, di chi ci ha preceduto»), ma si rischia poi di restare feriti dagli esposti annunciati.
E poi, certo, c’è il malessere già raccontato ieri di parte dei consiglieri comunali, che viaggia sulla chat interna di WhatsApp: era davvero il caso di spendere quasi 200 mila euro per il capo di Gabinetto quando a Torino l’Appendino lo paga meno della metà? E soprattutto: che senso ha chiedere ai parlamentari di tagliarsi lo stipendio se poi un attivista dei 5 Stelle, nominato capo della segreteria politica, si vede triplicare il salario? Ma se direttorio e mini direttorio sono in fibrillazione, se Beppe Grillo in questi giorni in Sardegna dove è stato a cena con alcuni parlamentari romani osserva con preoccupazione quando sta avvenendo a Roma, lo scontento sta serpeggiando anche nei corridoi del Campidoglio e non solo tra i consiglieri. Non è passato inosservato il ricco staff di Frongia, il vicesindaco, che pure ha solo la delega dello Sport. Ma soprattutto da due mesi, all’ufficio stampa, c’è chi lavora a zero euro; certo, ora sarà regolarizzato, ma con stipendi bassi e senza un contratto giornalistico.

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Fonte: Il Messaggero