Roma, per Raineri contratto senza bando
Le opposizioni annunciano esposti in procura sulla nomina del Capo di Gabinetto della giunta Raggi
Prima la trattativa sullo stipendio, poi la richiesta di un parere all’avvocatura capitolina. Sono state ore intense quelle che hanno preceduto la stesura e la firma del contratto di Carla Raineri, la magistrata della Corte d’Appello di Milano chiamata all’inizio dell’anno a Roma dal commissario Francesco Paolo Tronca. E da pochi giorni promossa al ruolo di capo di gabinetto dalla sindaca Virginia Raggi.
I legali del Campidoglio hanno studiato a fondo la situazione e poi espresso il loro verdetto: “La norma del Testo unico degli enti locali (Tuel) che sembra maggioramente confacente alla figura del capo di gabinetto parrebbe essere quella scritta nell’articolo 110”. Un parere al condizionale, quasi a voler mettere le mani avanti. Forse per coprirsi in caso di un’improvvisa bufera, perché l’articolo citato dall’avvocatura lascia pochi dubbi: “Gli incarichi a contratto di cui al presente comma — si legge nel Tuel — sono conferiti previa selezione pubblica”. E Carla Raineri non è stata scelta dopo un bando, ma a chiamata diretta. Prima di lei, con la stessa modalità era stato nominato capo di gabinetto l’attuale vicesindaco Daniele Frongia. Tralasciando i motivi che hanno fatto naufragare l’investitura (rischio di incompatibilità per la legge Severino in quanto ex consigliere), il contratto di Frongia era un articolo 90. Più paletti sull’entità dello stipendio, ma nessun bando.
Per arrivare ai 193 mila euro annui chiesti da Raineri e permettere alla magistrata di continuare a guadagnare quanto garantitole dal Csm, sorpassando il tetto salariale di un normale dirigente con un’indennità ad personam, il team di Virginia Raggi ha dovuto invece procedere con un articolo 110. «Un azzardo — secondo uno degli attivisti del M5s romano — che in futuro potrebbe costare caro. Basti pensare a cosa è successo agli ex sindaci giocando con i contratti». Il riferimento è all’inchiesta aperta in procura sulle nomine di Gianni Alemanno e Ignazio Marino: a entrambi il pm Francesco Dall’Olio contesta l’abuso d’ufficio assieme ad altri 58 indagati tra assessori, dirigenti e funzionari per l’assunzione di figure professionali esterne senza concorso e procedura pubblica.
Proprio ai magistrati di piazzale Clodio si rivolgeranno Fabrizio Ghera, capogruppo di Fratelli d’Italia al Campidoglio, e il vicepresidente dell’Assemblea capitolina, Andrea De Priamo: «Presenteremo un esposto, così come abbiamo fatto con Marino, per chiedere di verificare la correttezza delle procedure utilizzate. Il Campidoglio è diventato un superstipendificio a 5 stelle».
Ma i pentastellati si difendono.
Promettono di affidarsi a uno staff dal costo di «5 milioni, con Marino erano 5,3». E tirano dritto. Carla Raineri ha piena fiducia e da ieri una medaglia in più al petto. Si tratta dell’esposto — scritto a quattro mani ai tempi di Tronca assieme all’assessore al Bilancio, Marcello Minenna — che ha convinto la procura ad aprire un fascicolo sul debito storico del Comune e la gestione dell’affare derivati acquistati nel 2002 dalla giunta Veltroni.
I legali del Campidoglio hanno studiato a fondo la situazione e poi espresso il loro verdetto: “La norma del Testo unico degli enti locali (Tuel) che sembra maggioramente confacente alla figura del capo di gabinetto parrebbe essere quella scritta nell’articolo 110”. Un parere al condizionale, quasi a voler mettere le mani avanti. Forse per coprirsi in caso di un’improvvisa bufera, perché l’articolo citato dall’avvocatura lascia pochi dubbi: “Gli incarichi a contratto di cui al presente comma — si legge nel Tuel — sono conferiti previa selezione pubblica”. E Carla Raineri non è stata scelta dopo un bando, ma a chiamata diretta. Prima di lei, con la stessa modalità era stato nominato capo di gabinetto l’attuale vicesindaco Daniele Frongia. Tralasciando i motivi che hanno fatto naufragare l’investitura (rischio di incompatibilità per la legge Severino in quanto ex consigliere), il contratto di Frongia era un articolo 90. Più paletti sull’entità dello stipendio, ma nessun bando.
Per arrivare ai 193 mila euro annui chiesti da Raineri e permettere alla magistrata di continuare a guadagnare quanto garantitole dal Csm, sorpassando il tetto salariale di un normale dirigente con un’indennità ad personam, il team di Virginia Raggi ha dovuto invece procedere con un articolo 110. «Un azzardo — secondo uno degli attivisti del M5s romano — che in futuro potrebbe costare caro. Basti pensare a cosa è successo agli ex sindaci giocando con i contratti». Il riferimento è all’inchiesta aperta in procura sulle nomine di Gianni Alemanno e Ignazio Marino: a entrambi il pm Francesco Dall’Olio contesta l’abuso d’ufficio assieme ad altri 58 indagati tra assessori, dirigenti e funzionari per l’assunzione di figure professionali esterne senza concorso e procedura pubblica.
Proprio ai magistrati di piazzale Clodio si rivolgeranno Fabrizio Ghera, capogruppo di Fratelli d’Italia al Campidoglio, e il vicepresidente dell’Assemblea capitolina, Andrea De Priamo: «Presenteremo un esposto, così come abbiamo fatto con Marino, per chiedere di verificare la correttezza delle procedure utilizzate. Il Campidoglio è diventato un superstipendificio a 5 stelle».
Ma i pentastellati si difendono.
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