martedì 17 settembre 2013

Ecco il bel regalo che ci hanno fatto.


Dopo l’Imu: dalla padella alla brace

Inquilini vs proprietari: è la guerra della Service Tax

Videoreportage tra le bacheche universitarie dove i ragazzi (tra mille problemi) cercano alloggio
Affitti in esposizione (Flickr/Di CasteFoto)
Se l’Imu era la tassa dei proprietari di casa, la service tax sarà quella degli affittuari. È una lotta tra vecchi e giovani, tra chi una casa ce l’ha già o può permettersela e chi ogni mese paga il suo bell’affitto. Ma a vincere stavolta sono i primi. L’abolizione della tanto vituperata Imposta municipale unica finirà per abbattersi (anche) sugli affittuari. O almeno così pare, visto che il carico fiscale maggiore sembrerebbe passato dalle tasche dei proprietari a quelle degli inquilini. Il più delle volte giovani, senza un lavoro fisso, o addirittura studenti fuorisede.
Come funziona la service tax? La nuova imposta comunale dal 2014 (verrà introdotta dalla legge di stabilità) sarà a carico sia del proprietario della casa sia dell’occupante, accorpando la tassa sui rifiuti e quella per i servizi cosiddetti indivisibili (trasporti pubblici, scuole, polizia, giustizia, ecc...). La parte dei rifiuti è interamente a carico degli inquilini. La seconda parte sarà pagata in parte dagli occupanti e in parte dai proprietari degli immobili. Resta da vedere quali saranno le ripartizioni delle spese tra i due soggetti (il ministro per le Autonomie Graziano Delrio ha parlato del 10-15% a carico degli inquilini). E quali saranno le aliquote stabilite dai Comuni, visto che di tassa federalista si tratta.
L’imposta in realtà è ancora tutta da scrivere, ma quello che si sa è che gli inquilini in affitto qualcosa dovranno pagare. Secondo le simulazioni effettuate del Corriere della sera, a Bologna gli affittuari dovrebbero sborsare poco più di 500 euro, stessa cifra a Milano, poco meno di 300 euro a Firenze, 380 euro a Roma. 
A essere colpiti saranno anche gli studenti universitari fuorisede (circa 700mila ogni anno) sparsi nelle città universitarie italiane, che proprio in questi giorni di riavvio dell’anno accademico sono alle prese tra bacheche (reali e virtuali) coperte di annunci, prezzi alle stelle e contratti d’affitto (in nero o regolari). «Il nodo evidente è che gli studenti sono costretti a pagare una tassa nuova», dice Alberto Campailla, portavoce nazionale di Link Coordinamento universitario, «una tassa che quindi peserà sui ragazzi, mentre dai palazzi della politica dicono sempre di voler aiutare i giovani. Anziché sgravarli dai costi, li caricano con altre spese». Il pagamento di questa nuova tassa, secondo gli universitari, porterà a una situazione paradossale: «Ai ragazzi non conviene più avere un contratto regolare e finiranno per preferire il nero, mentre i proprietari con l’abbassamento della cedolare secca dal 19 al 15% saranno incentivati a fare il contratto. Storicamente è sempre stato il contrario: erano i ragazzi che premevano per il contratto regolare e i proprietari volevano il nero».
Non solo studenti fuorisede, però, «tra i quali la stragrande maggioranza non può permettersi di comprare una casa quando va a studiare lontano dalla famiglia, la tassa riguarderà anche tutti i giovani precari in affitto o le giovani coppie. Aumentando ancora di più la difficoltà di svincolarsi dalla famiglia, oltre che la singola possibilità di autodeterminazione». Ma, quel che è peggio, è che la nuova tassa potrebbe colpire addirittura «il diritto allo studio e il diritto ad abitare. I fuori sede già si trovano a dover pagare un salasso: anche in città medie una singola arriva a costare 250-270 euro, con differenze enormi di spesa anche a distanza di dieci chilometri. Ora si aggiunge un altro costo». La soluzione per Campailla sembra solo una: «La service tax va ritirata».
Tra gli studenti, in realtà, in tanti non sanno neanche di cosa sia la service tax. «C’è molta disinformazione», conferma Campailla. «Noi come coordinamento studentesco stiamo cercando di fare un lavoro di informazione tra gli studenti, distribuendo la guida sugli affitti e spiegando le regole su come si stipula un contratto». 
Guarda il video con le interviste agli studenti universitari fuorisede
Walter De Cesaris - segretario nazionale dell’Unione inquilini – ha parlato di uno «tsunami» che si abbatterà sugli affittuari, annunciando «una stangata media da 1.000 euro». E ha indirizzato dieci domande al presidente del Consiglio Enrico Letta (qui il testo). Anche le altre sigle del settore, Sunia, Sicet e Uniat, hanno lanciato l’allarme. «La previsione di far pagare agli inquilini una parte della futura service tax non farà altro che allargare la forbice tra i redditi delle famiglie e il costo dell’abitare», dicono dal Sunia (Sindacato nazionale unitario inquilini ed assegnatari). 
«Il decreto sull’Imu nella sua complessità significa meno tasse per i proprietari di casa», spiega Stefano Chiappelli, segretario provinciale Sunia Milano. «Mentre si applica agli inquilini una quota che graverà ancora di più sul costo della casa. Cosa che è molto grave, visto che l’80% degli inquilini in affitto non supera i 30mila euro di reddito annuo. Si tratta di nuclei familiari in difficoltà e soprattutto di giovani che già vivono il disagio abitativo». È per questo che «immaginiamo un aumento degli sfratti per morosità». Lo scorso anno i provvedimenti emessi in Italia sono stati quasi 70mila (qui il documento sull’andamento degli sfratti in Italia). E la maggior parte per morosità di famiglie che con la crisi, senza lavoro, non riescono più a pagare l’affitto. «A Milano su 18mila sentenze in esecuzione al Tribunale», continua Chiappelli, «12mila sono per morosità incolpevole, cioè famiglie che hanno tentato di rinnovare il contratto ma non si sono trovate nelle condizioni di pagare». 
Non solo. Chiappelli denuncia che «sul fronte del sostegno all’affitto e della morosità sono stati dati solo pochi spiccioli, 60 milioni su due anni». Quello che manca, denuncia, «è anche una manovra fiscale che premi i proprietari che intendano affittare a canoni accettabili. La cedolare secca non ha portato a un aumento dei contratti a canone concordato, né ha incrementato le risorse a favore dello Stato. Lo Stato ha perso 3 miliardi di euro per la cedolare secca. Ora, con la riduzione dal 19 al 15% la tendenza non si invertirà. La convenienza per il proprietario resta scarsa. Serve una vera manovra fiscale che premi chi affitta a canone concordato per ridurre il costo dell’abitare. E invece cosa fanno? Introducono una nuova tassa che è una “mazzata” per chi affitta una casa o cerca una casa in affitto».


Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/service-tax#ixzz2fAuvEdHc

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