La nuova Casta, quella che si dimette solo se è il caso
A chi le domanda se ha intenzione di lasciare in caso di rinvio a giudizio Raggi risponde di no. E poi richiama il codice etico del Movimento 5 stelle
“Stiamo parlando in questo momento di una cosa che non è attuale e comunque direi di no”. Oggi Virginia Raggi ha detto candidamente che in caso di rinvio a giudizio per la vicenda Marra non si dimetterà. E a farle eco c’è anche il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio che ribadisce che “il codice etico M5s prevede una valutazione caso per caso”.
“Gli avvisi di garanzia non vengano usati come manganelli”, aveva detto una volta, ovviamente dopo essere diventata sindaco di Roma. Una Raggi completamente diversa da quella che solo due anni fa avrebbe cacciato anche gli indagati.
Improvvisamente il garantismo è diventato la stella polare del Movimento 5 stelle, un garantismo caso per caso, però, anche se quello che si pretende da un codice etico è una serie di regole precise da applicare ciascuna in un determinato caso. Non che un rinviato a giudizio deve dimettersi o può essere espulso mentre un altro può restare al suo posto, caso per caso. Secondo molti, se il sindaco viene rinviato a giudizio dovrebbe dimettersi perché oltre alla questione giudiziaria ci sarebbe una questione politica molto rilevante, dal momento che perderebbe la credibilità per poter amministrare la Capitale d’Italia. Ma evidentemente per i grillini questa regola non vale.
Ma cerchiamo di capire meglio la logica che regola il Movimento 5 stelle: se il rinviato a giudizio non è del M5s si deve dimettere (in quel caso vale anche se è indagato), mentre per i pentastellati bisogna valutare esattamente il motivo che lo ha portato a commettere l’errore prima di decidere se conviene farlo dimettere oppure no.
La vaghezza all’ennesima potenza. Ma dopotutto che cosa ci si può aspettare da un movimento il cui leader un giorno si sveglia e dichiara che il blog che porta il suo nome a volte esprime il suo pensiero e a volte no?
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