venerdì 2 giugno 2017

Di Matteo e la superiorità morale del grillismo

ContRomano
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“Noi siamo i puri, tutti gli altri no”: questa la geniale idea partorita dagli Stati Generali M5S sulla giustizia
 
Riformare la giustizia penale, rendere più rapida ed efficiente la giustizia civile, aumentare le risorse umane e finanziarie a disposizione della magistratura? Troppo complicato per i Cinque Stelle, che su questi temi puntano direttamente a privatizzare l’etica pubblica a fini di partito.
“Noi siamo i puri, tutti gli altri no”: questa la geniale idea partorita dagli Stati Generali M5S sulla giustizia, che ieri alla Camera hanno celebrato una sorta di ritorno alle origini sul tema primigenio della mobilitazione politica grillina. Come se niente fosse accaduto dai primi VaffaDay, come se un’intera legislatura spesa sui banchi della Camera e del Senato non fosse servita a niente, e soprattutto come se non avesse alcun significato l’avvicinarsi di elezioni politiche per le quali il Movimento Cinque Stelle dovrebbe presentare uno straccio di programma (anche) sui temi della giustizia.
Meglio far finta di niente e puntare sul grande classico della naturale (e tutt’altro che argomentata) superiorità morale del grillismo su ogni altro fenomeno politico italiano. E poco importa se la privatizzazione a fini di partito dell’etica pubblica toglie alla collettività il suo valore di bene comune, da rafforzare con leggi e provvedimenti che la rendano concretamente più solida e non con proclami utili solo a coltivare il proprio narcisismo politico.
Ma fin qui siamo ai classici del grillismo, nato proprio intorno alla grande finzione del tribalismo moralista e giustizialista (a cui non corrispondono mai, come già insegna la breve storia del governo locale grillino, atti concreti ispirati alla morale o al senso di giustizia). Quello che stupisce anche i più anziani e disincantati tra noi, che pure dovrebbero averne viste di tutti i colori, è leggere le parole pronunciate da Nino Di Matteo in quella stessa occasione.
Ascoltare Di Matteo, come riportano le cronache giornalistiche, mentre accusa i colleghi magistrati di complicità in “trionfo dell’ipocrisia” per avere commemorato il sacrificio di Falcone, mentre sobriamente si pone come erede diretto di Pio La Torre, mentre auspica l’ingresso in politica dei Pubblici Ministeri (non dei magistrati in generale, ma dei PM nello specifico) rappresenta un salto di qualità nella storia comunque non luminosissima dell’uso politico della magistratura.
Nel nostro piccolo, noi auguriamo ogni bene alla futura carriera politica di Nino Di Matteo. Ma accanto a questo, continuiamo ad augurare agli italiani e alla loro Repubblica una giustizia più solida ed efficiente nonostante ogni tentativo di privatizzarne le bandiere ad uso di partito.

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