venerdì 24 febbraio 2017

Le bufale di Grillo e degli “scissionisti” sul Jobs Act

Lavoro
blog grillo
I professionisti delle strumentalizzazioni sono sempre dietro l’angolo. Ecco perché le polemiche sui numeri diffusi ieri dall’Inps sono false
 
Continuano a far discutere i dati sull’occupazione diffusi ieri dall’Inps, tanto da riempire ancora le bacheche dei social network con polemiche e commenti contrastanti. E Grillo nel suo blog associa “risultati zero” al Jobs Act. Ma se è vero che leggere i numeri sul mercato del lavoro potrebbe portare a diverse interpretazioni, soprattutto quando sopraggiungono motivazioni politiche e strumentali, è altrettanto chiaro come i dati diffusi ieri dall’Inps non debbano (o almeno non dovrebbero) creare ampi spazi di interpretazione.
In questo caso infatti non si tratta di narrazioni politiche, né di opinioni. Ma di numeri e dati oggettivi.
La nota dell’Osservatorio Inps sul precariato (lo spiegano molto bene Tommaso Nannicini e Marco Leonardi qui) dice infatti questo: “Il saldo dei contratti a tempo indeterminato risulta comunque positivo e pari a +83.000 (sommato al saldo 2015, +934.000, evidenzia un incremento delle posizioni a tempo indeterminato attorno al milione)”.
Tuttavia c’è un valore che continua a tenere banco nella discussione di queste ore: il minor aumento dei contratti di lavoro a tempo indeterminato del 2016 rispetto al 2015. Secondo alcuni osservatori, questo si tradurrebbe addirittura in un crollo di quella tipologia di lavoratori. D’altra parte, se anche un autorevole quotidiano come Repubblica (e non solo) arriva a titolare Inps: è crollato il numero del contratto a tempo indeterminato – come fa notare su Facebook il consigliere economico di Palazzo Chigi Luigi Marattin – è chiaro che chiunque non abbia voglia di addentrarsi in quei numeri arrivi a pensare che nel 2016 ci siano stati meno contratti a tempo indeterminato (come variazione netta) rispetto al 2015.
Peccato però che leggendoli, quei numeri, esca fuori che i contratti di lavoro a tempo indeterminato (quelli che sarebbero “crollati”) sono invece in continuo aumento. Il dato strumentalizzato infatti è proprio questo: a diminuire non è il numero effettivo degli indeterminati, ma il loro aumento(che nel 2016 è stato minore di quello del 2015). Fatto comunque non positivo, beninteso.
Ma nel frattempo quel titolo – fa notare lo stesso Marattin – “avrà già fatto il giro del web, condizionando l’opinione di centinaia di migliaia di persone, e magari pure determinando una o due scissioni perché non si nomina abbastanza la parola lavoro”.
La polemica, a proposito di scissionisti, continua oggi con le parole del principale collaboratore di Bersani, Stefano Di Traglia, che su Facebook alimenta una discussione con Marattin, che riportiamo qui:
Parole a cui Marattin risponde così: “L’onestà intellettuale vorrebbe che si riconoscesse che nel post si è scritto una sciocchezza. I contratti a tempo indeterminato sono aumentati sia nel 2015 (molto) sia nel 2016 (meno). Ad essere diminuiti non sono i contratti, ma l’aumento dei contratti”.
Di Traglia aggiuge: “Nel 2016 i nuovi contratti a tempo indetermianato, al netto delle cessazioni, sono crollati del 91% rispetto al 2015. Circa 83 mila contro 934 mila. Dal jobs act, zero tituli”.
E Marattin: “Aridaje. Questi che stai citando sono le variazioni nette, gli aumenti! Non i livelli. Ma allora non si tratta di sviste oh. È che proprio non sai la differenza. Guarda che è grave sta cosa.  Se parti con 100 euro, e il primo mese ne guadagni 10, la tua variazione è +10.  Il secondo mese ne guadagni 2, e la tua variazione è + 2. Quindi ad essere calata (e tanto) è la variazione (da +10 a +2), non i tuoi soldi (che da 100 crescono a 110 e poi a 112)”
Infine Di Traglia commenta gettando la palla sul campo politico: “Le addizioni ce le hanno insegnate gli elettori alle ultime regionali, alle ultime amministrative e al referendum costituzionale. Temo che nemmeno i corsi di recupero possano servire per recuperare. Contenti voi”.
Anche Matteo Richetti per spiegare il dato tanto discusso ha usato un interessante esempio, con tanto di metafora calcistica. “Se una squadra di calcio segna 9 goal nel primo tempo e solo 1 goal nel secondo tempo, mentre l’avversario sta a zero tempo – scrive anche lui su Facebook – è chiaro che non si può dire che tale squadra è ‘crollata’ nella ripresa o che si è ‘auto dissolta’. La squadra in questione, anzi, ha vinto nettamente la partita e alla fine si è portata a casa un bottino complessivo di 10 goal”.

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