domenica 19 febbraio 2017

Ma basta con questa sceneggiata napoletana. SE non vi trovate bene in questo partito andatevene. Punto.

Emiliano si sfila dalla scissione all'ultima curva e chiede una mediazione al segretario. La minoranza decide di non decidere oggi ma nei prossimi giorni, chissà quando. E così il Partito Diviso per eccellenza torna a unirsi sull'unica cosa possibile: il rinvio
ALESSANDRO D'AMATO
L’Assemblea del Partito Democratico è andata come doveva andare: per l’ennesima volta, nonostante le premesse bellicose, tutto finisce con un rinvio. “Scissione è una delle parole peggiori, peggio c’è solo la parola ricatto, non è accettabile che si blocchi un partito sulla base dei diktat della minoranza”, ha detto il segretario dimissionario Matteo Renzi, indicando chiaramente la porta ai tre tenorini riunitisi ieri al Teatro della Vittoria (l’ironia della sorte). E anche oggi la minoranza del Partito Democratico ha detto “prenderemo delle decisioni”, senza specificare quali.

E anche oggi il PD fa la scissione domani

Michele Emiliano ed Enrico Rossi, d’altro canto, non intendono andarsene dal Partito Democratico per alte ragioni ideali: non vogliono mettere a rischio la maggioranza che li appoggia in Puglia e in Toscana. La minoranza del Partito Democratico è tornata a dare l’impressione di attendere un’ultima offerta (di posti) invece di andarsene: “Oggi non annunciamo la scissione, ma non parteciperemo al congresso”, ha detto Davide Zoggia, parlando con i cronisti. “Nei prossimi giorni vedremo cosa fare”, ha aggiunto l’esponente della minoranza dem. D’altro canto i renziani, come dice il renziano Delrio, non vedono l’ora di accompagnarli alla porta perché così ci sono più posti da candidati da spartirsi.
michele emiliano partito democratico
Renzi comunque si trova nella situazione migliore per chiedere il voto subito: il partito è per i due terzi saldamente con lui, quelli che gli fanno opposizione non hanno ancora deciso chi eventualmente candidargli contro, mentre i democristiani non vedono l’ora di tenerlo impegnato in qualcos’altro perché così almeno il governo Gentiloni guadagna tempo. E così mentre Rossi segna la strada dell’addio – “È stato alzato un muro, sia nel metodo che nella forma. Per noi la strada è un’altra. Sono maturi i tempi per formare una nuova area” – Emiliano prova a mediare con un intervento “a sorpresa” in cui ribadisce la fiducia in Renzi e chiede al segretario di avviare un confronto programmatico da concludersi prima delle amministrative e di rinviare le primarie per l’elezione del nuovo segretario a dopo il voto per le comunali. Critica anche chi aveva chiesto al segretario di non candidarsi – ma non era stato lui a farlo? – e consegna al segretario “la possibilità di togliere ogni alibi alla scissione scadenzando in modo adeguato e senza strappi” il congresso. Questa possibilità è “legata a piccoli meccanismi e la saggezza di chi fa politica consiste non solo nella coerenza e nella saldezza e nel tenere il punto: talvolta fare un piccolo passo indietro consente a una comunità di farne 100 avanti. Io sto provando a fare quel passo indietro, ditemi voi quale, che consenta a tutti con l’orgoglio di appartenere a questo partito, senza mortificare nessuno”. Voi ci avete capito qualcosa?

La scissione incomprensibile, la mediazione impossibile

L’unico dato di fatto è che così Renzi ha di nuovo la palla. E l’ex segretario fa sapere che oggi non replicherà alla fine degli interventi. Rinviando anche lui quindi la mediazione a un nuovo dedalo di messaggi incrociati che attraverso i media le diverse fazioni continueranno a mandarsi fino a un redde rationem che sembra non arrivare mai. E dando la sensazione di una recita infinita nella quale l’oggetto della mediazione è un non-detto che nessuno ha intenzione di spiegare chiaramente agli osservatori e a chi dovrebbe votare un partito in cui tutti stanno insieme perché si odiano o si dividono perché si amano troppo.
Per questo l’ironia di Antonello Giacomelli è ben posta: “Sono molto contento di parlare dopo il sosia di Michele Emiliano. Tra quello di ieri e quello dai toni sussurrati di oggi mi piacerebbe capire quale sia quello vero e quello finto…”. Ma il punto rimane sempre lo stesso: il Partito Diviso per eccellenza torna a unirsi sull’unica cosa possibile: il rinvio. E anche oggi la scissione la facciamo domani.
EDIT: Il giochino continua:
“Anche oggi nei nostri interventi in assemblea c’è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla. Abbiamo atteso invano un’assunzione delle questioni politiche che erano state poste, non solo da noi, ma anche in altri interventi di esponenti della maggioranza del partito. La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima”. Lo affermano Michele Emiliano, Enrico Rossi, Roberto Speranza.
emiliano michele
La foto pubblicata sulla pagina Facebook di Michele Emiliano
Se questa fosse davvero la dichiarazione di addio al partito, Emiliano, Rossi e Speranza farebbero una brutta figura: non hanno avuto il coraggio di parlare all’assemblea del PD e se ne sono andati con un comunicato stampa. Ma questa dichiarazione in realtà mira ad addossare a Renzi la colpa di una eventuale scissione, senza ancora dichiarare che vanno via dal partito. Ovvero lasciandosi ancora, per la miliardesima volta, la porta socchiusa per poterci rientrare.

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