Come smontare (in 3 punti) l’illogico No di Travaglio al referendum costituzionale
Le motivazioni con cui il direttore del Fatto ha annunciato che il suo giornale parteciperà alla campagna del No lasciano davvero perplessi
Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano, ha annunciato che il suo giornale sarà in campo nella sfida referendaria sulla riforma costituzionale prevista per la seconda metà del 2016. Non mi sorprende, ma non intendo soffermarmi sul cuore dell’argomentazione per cui il governo Renzi dovrebbe o meno dimettersi in caso di vittoria del No (secondo Travaglio, no): altri lo hanno già fatto, e in fondo non interessa granché. Ciò che invece lascia realmente perplessi sono le motivazioni per cui secondo il direttore del Fatto sarebbe opportuno votare No al referendumconfermativo della riforma costituzionale, attualmente in fase di approvazione parlamentare.
1. Secondo Travaglio, il nuovo Senato, così come l’Italicum, non sposterà di un millimetro la vita degli italiani. Innanzitutto – se così fosse – a rigor di logica non si vede perché un giornale dovrebbe impegnarsi in una campagna ferro e fuoco contro una riforma che il proprio direttore reputa sostanzialmente irrilevante. Ma non sottilizziamo. Diciamo piuttosto che una simile affermazione è superficiale, falsa e insopportabile. E’ ora di smetterla con il refrain delle “riforme con cui non si mangia”: a parte che una riforma costituzionale-elettorale è inserita in un disegno più ampio che tocca aspetti quali il lavoro, l’economia e via elencando, ma anche fosse un caso isolato, forse sarebbe opportuno smettere di ritenere le regole del gioco di una democrazia liberale occidentale irrilevanti per la vita dei cittadini. Semplicemente, non è vero. Le regole con cui uno Stato legifera e amministra contano forse più di ogni altra cosa, e in Italia dovremmo saperlo molto bene.
2. Secondo argomento: le due riforme sono talmente invecchiate, a furia di passaggi e ripassaggi da una Camera all’altra, che la gente non vuole più neppure sentirne parlare. Praticamente secondo Travaglio la gente dovrebbe rifiutare l’abolizione del bicameralismo paritario poiché per approvarla è stato necessario il voto di due Camere. Lo sa Travaglio che se la riforma viene bocciata questo continuerà ad accadere anche per qualsiasi legge dello Stato, esattamente come avviene da 70 anni? Non si comprende la ragione per cui questo non dovrebbe stancare i cittadini. Travaglio nemico di Aristotele.
3. Infine: le leggi elettorali e le riforme della Costituzione non sono materia di governo. Sono affare del Parlamento, trattandosi di regole del gioco che tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, devono concorrere a scrivere. Eccolo, il capolavoro finale. Dovremmo respingere la riforma costituzionale perché i troppi passaggi parlamentari ci hanno stancato ma allo stesso tempo anche perché il Parlamento non se ne è occupato come avrebbe dovuto. Standing ovation. Aristotele è al tappeto.
E poi, ma per quale assurdo incomprensibile motivo un disegno complessivo di riforma delle regole del gioco non dovrebbe essere prerogativa di un governo con un programma chiaro per il proprio Paese? A noi comuni mortali non è dato sapere. Speriamo il direttore Travaglio voglia illuminarci…
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