martedì 5 gennaio 2016

Al Fatto anche le redattrici sono maschiliste

Il Fattone
Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi in Senato durante la replica al termine della discussione generale sulle riforme costituzionali, Roma 24 Settembre 2015, ANSA/GIUSEPPE LAMI
Quanto livore per Mari (non Mary) Elena Boschi da una firma femminile

Pensavamo – l’abbiamo scritto tempo fa – che l’odio di Marco Travaglio per Maria Elena Boschi non fosse veramente odio ma una patina falsa per mascherare la passione di quest’uomo per la ministra: nessuno come lui è attento nello scrutarne ogni battito di ciglia, ogni movenza, ogni sorriso, tanto che quando ne scrive gli si deve accelerare il battito cardiaco e aumentare la sudorazione.
C’è del maschilismo, in questo? Mettiamola così, diciamo che il Fatto non si occuperebbe in modo così intenso della Boschi se la Boschi non fosse la Boschi, cioè una giovane donna e anche bella e di successo.
D’altra parte il Fatto è un giornale molto “macho”, diretto da maschi e di maschi è composta gran parte della redazione, è rude, aspro, arrogante, talora volgarotto. Qualità molto maschili.
Ma da qualche tempo si stanno imponendo firme femminili. Che purtroppo non risparmiano nemmeno loro bile e veleni, seppure  infiocchettati da quel bello scrivere un po’carducciano come quello che caratterizza l’ottima Daniela Ranieri che oggi fa gran sfoggio di fraseggi rotondi e difficili per scagliare i suoi poco femminili dardi avvelenati sempre contro la malcapitata Mari (non Mary, senti a noi) Elena Boschi.
Certo, scrivere che “neghittosamente ci siamo condotti alla fine di questo periodo di feste senza tante opportunità di menar gramo” è senza ironia prosa da Giovanni Papini che suona senz’altro meglio del “non avevamo un cacchio da scrivere” come lo avremmo detto noi illetterati e dunque chapeau alla collega, ma il punto ci pare piuttosto un altro.
E cioè la cosa che fa specie è  il “sentiment” – ci perdonino Carducci, Papini e la Ranieri – di tutto il pezzo – diciamolo in italiano, il livore sottopelle – a cui manca soltanto qualche considerazione, che so, su come si veste Mari (non Mary), sui profumi che usa Mari, sulle frequentazioni di Mari, insomma sul grande dilemma che affligge tanto giornalisti anche non carducciani e cioè quanto conta la bellezza di Mari nel suo successo. E ci fermiamo qui.
Perché nella ossessione maschilista, che nelle donne quando c’è è anche peggio di quella dei maschi, alla fine Mari è il simbolo di un renzismo vacuo, ché il Renzi è convinto che siamo tutti diciottenni, “tutti pubblico facile a distrarsi con X Factor”: affermazione banale assai, specie per chi ha letto tanti romanzi ottocenteschi come la nostra Ranieri e dunque non dovrebbe ricorrere a metafore da baretto sotto casa.
Ah, un’ultima cosa, come diceva il tenente Colombo: la Boschi non è “la Terracini del 2013″, magari è più semplicemente “la Boschi del 2013″. Una donna, gentile redattrice, una donna, già.

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