Combattiamo il terrorismo con la banale normalità
Continuare a vivere normalmente non è un segno di debolezza o di resa ma, al contrario, di resistenza e di libertà
“Può darsi che tutto finisca come nel celebre romanzo di Wells, La guerra dei mondi. Quando dopo l’invasione aliena che ha generato panico e distruzione tutto sembra perduto, i marziani cominciano a morire a causa dei batteri dell’atmosfera terrestre, dai quali gli umani sono immuni. Chissà se alla fine anche il terrorismo sparirà consumato dai batteri delle nostre implacabili abitudini e indifferenze”. Sul Fatto di oggi Antonio Padellaro conclude così un amaro commento a dieci giorni dai massacri di Parigi: alzando bandiera bianca.
Alcune osservazioni sono più che condivisibili – è vero per esempio che non esiste al momento nessun coordinamento europeo, neppure per lo scambio di informazioni: figuriamoci per fare la guerra all’Isis –, altre appaiono un po’ forzate e fuori luogo: è per esempio del tutto normale, ed è anche molto giusto, che gli stadi siano tornati a riempirsi.
Il punto però è un altro: i media chiedono risposte semplici e immediate, come immediati e semplici sono stati, a modo loro, gli attentati di Parigi. Ma non tutto può avvenire in diretta, e i tempi delle reti all-news non possono essere anche quelli della realtà. La guerra al terrore non è cominciata venerdì 13 novembre e non finirà domani. Ma la nostra impazienza non può diventare rassegnazione o, peggio ancora, disfattismo: continuare a vivere normalmente non è un segno di debolezza o di resa ma, al contrario, di resistenza e di libertà.
Così, la conclusione di Padellaro, ancorché ironica nelle intenzioni, potrebbe invece rivelarci una grande verità: l’antidoto più forte al terrore islamista è il tranquillo tran tran della quotidianità occidentale, intessuta di tolleranza e svago, lavoro e divertimento, solidarietà e differenze. La guerra militare all’Isis la stanno facendo, e sempre più la faranno, le polizie e i servizi e gli eserciti: quella psicologica, non meno importante, è nelle nostre mani – nella nostra banale normalità.
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