domenica 22 novembre 2015

Anche questo è un punto di vista da leggere.

«Giovani, arrabbiati e intossicati dall’Occidente: così il jihad recluta i suoi martiri»

Parla Renzo Guolo, professore di sociologia dell’Islam: «L’adesione all'islam radicale in Europa è frutto più della radicalizzazione politica che di una conversione religiosa.

Abid Katib/Getty Images

21 Novembre 2015 - 20:39
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«Spesso l’adesione alla jihad di un giovane cittadino europeo sembra un evento improvviso: in realtà la radicalizzazione è un processo lento, che avviene sotto traccia». Renzo Guolo è docente di Sociologia dell'Islam all'Università di Padova e il suo ultimo libro, che si intitola “L’ultima utopia. Gli jihadisti europei” (Guerini & Associati) è uscito poche settimane prima degli attentati di Parigi, cerca di analizzare come avviene quel processo.
Partiamo dal titolo, professor Guolo. In che senso il jihadismo è l'ultima utopia?
Perché il discorso islamista radicale si presenta come un’ideologia totalizzante, che mira a dare forma a un nuovo ordine deciso a abbattere tutti quelli esistenti. E perchè l'adesione a una simile religione politica presuppone una concezione altrettanto totalizzante della militanza e della figura del Nemico. Un tipo di discorso che ricorda molto le grandi utopie totalitarie novencentesche.
Quando nasce questa ideologia? E perché?
Di fatto il radicalismo jihadista nasce e si sviluppa in Egitto, a partire dalla riflessione di Sayyid Qutb, un intellettuale e politico aderente inizialmente ai Fratelli Musulmani. Imprigionato nel 1954, a seguito della grande repressione nasseriana nei confronti della Fratellanza, Qutb scriverà in carcere un libro chiamato “Pietre miliari” che diventerà la base della nuova ideologia del jihad. Qutb verrà giustiziato nel 1966 ; quanto ai Fratelli Musulmani – fautori anche loro dell'islam politico ma non jihadisti - lo rinnegheranno dicendosi «predicatori e non giudici»: della fede e della concezione politica degli altri musulmani, intendevano. Le idee di Qutb, però, si impongono in un area più ristretta di militanti che abbandoneranno polemicamente la Fratellanza, dando vita a una serie di gruppi radicali.
Ad esempio?
Negli anni '70 nasce in Egitto Al Jihad, il gruppo che nel 1981 ucciderà il presidente egiziano Sadat. Ne fa parte anche Ayman Al Zawahiri che ritroveremo, più tardi accanto a Osama Bin Laden, sino a prenderne il posto, dopo la sua morte, alla guida di Al Qaeda.
Com'è che lo jihadismo si diffonde dall’Egitto al resto del mondo islamico?
L'obiettivo finale degli islamisti radicali è l'unificazione dell’ummah, la comunità dei credenti. I jihadisti non tollerano il concetto di Stato nazione , la loro ideologia è transnazionale, e si battono perché possa realizzarsi uno Stato islamico capace di riunificarla sotto un unico ordine politico. Ovviamente, questa rappresentazione del mondo mette in discussione i confini degli stati così come noi li conosciamo.
E come mai lo jihadismo fa proseliti nelle società europee, in particolare in Francia?
Perché i giovani delle banlieue, spazi urbani che sono un concentrato di marginalità e devianza, di diseguaglianze e ghettizzazione culturale, nell'islam radicale paiono trovare l'unica ideologia che offre loro un'identità antagonista ed esprime una critica totale all’Occidente. Quello stesso Occidente che ha fatto balenare loro la promessa dell'integrazione attraverso il consumo e la mobilità sociale, ma che non ha saputo, o potuto, realizzarla. In Francia, poi, la situazione si è complicata per effetto di una etnicizzazione dei rapporti sociali, legata alla mancanza di una memoria comune tra autoctoni e immigrati, al peso dell'eredità coloniale,e più di recente alle tesi di movimenti xenofobi, che hanno accentuato la percezione dei giovani figli degli immigrati di essere estranei alla Republique.
«I giovani delle banlieue, paiono trovare nell'islam radicale l'unica ideologia che offre loro un'identità antagonista ed esprime una critica totale all’Occidente»
Nel libro lei cita il termine “westoxication”, che gli islamisti radicali usano per indicare gli effetti nefasti della cultura occidentale su quella del mondo islamico. Un termine che rivela come il vero obiettivo per loro, più che la creazione dell'ummah, sia la distruzione della società occidentale…
In un ideologia totalizzante l'obiettivo della distruzione del Nemico è un classico. Il rifiuto dell'Occidente, democratico o meno poco importa, è, appunto, totale.
Come mai tanto odio? Soprattutto da persone nate e cresciute in Europa, come i terroristi di Parigi…
Come dicevo, vi è una questione che non è emersa con sufficienza nelle analisi seguite ai nuovi attentati a Parigi. Più di quanto si pensi nell'immaginario collettivo degli immigrati che vengono dal Maghreb o dal Sahel , la Francia non hanno mai fatto abbastanza i conti col passato colonialista. I giovani delle banlieue tutto questo irrisolto lo percepiscono nella vita quotidiana. La distanza tra “francesi di stirpe” , il termine indica orgogliosamente gli autoctoni, e i “francesi di carta” - così vengono definiti con disprezzo gli immigrati diventati cittadini – è ancora molto forte nei confronti degli “arabi” e degli “ africani”. E le parole d'ordine di formazioni come il Front National contribuisce a allargarla. Di fronte a questa situazione, alcuni, per fortuna solo una frangia, anche se , come si è visto, possono creare enormi problemi, cercano nell'adesione all'islam radicale un'ideologia che consenta di opporsi a uno stato delle cose vissuto come intollerabile. Certo non è casuale che il contingente di foreign fighters pià numeroso in Siria sia quello francese.
Qual è il profilo tipo dello jihadista europeo?
Il profilo è socialmente e culturalmente diversificato, a conferma che solo l'adesione ideologica può tenere insieme individui così diversi. Tra essi troviamo piccoli delinquenti di quartiere e militari di professione, giovani che hanno abbandonato presto la scuola e laureati in buone unviersità, abitanti delle banlieue e dei suburbi metropolitani o di quartieri residenziali e borghi di provincia, uomini e donne. Profili troppo differnziati per spiegare in maniera monocausale il radicamento jihadista nelle società europee. Se andiamo a vedere la composizione del commando del 13 novembre si tratta in buona parte di giovani che vivevano in banlieue, francesi o belghe, con condanne penali per spaccio o rapina. È una specie di percorso tipo, nel contesto francese, anche se non è così altrove. Mohamed Atta, il capo del commando dell'11 settembre 2001 era laureato, così come lo era “Jihadi John”.
Fra l'altro, tra i foreign fighter ci sono anche molti convertiti…
Se quello dei cosiddetti “francesi di carta” è un rigetto che deriva dalla mancanza di integrazione, quello dei convertiti è un rigetto che pare motivato dal rifiuto della cultura in cui sono cresciuti. Essi trovano nell'islam radicale, e nella sua dimensione utopica – instaurare un nuovo ordine mondiale senza possibilità di coesistenza con altri sistemi culturali e politici- il veicolo del loro rifiuto dell' Occidente.
«Le “convertite” che raggiungono l'Is, sembrano aspirare a un modello più tradizionale nei ruoli familari, anche se, nella loro scelta militante, esse ritengono di contribuire a una causa politica»
Come mai tra i foreign fighters europei vi sono molte donne convertite?
L’Islam radicale è portatore di un ideologia che definisce certezze, nei valori e nei ruoli. E, bisogna constatare che, per scelte e biografie diverse, non tutte le donne invocano autonomia e libertà. Le “convertite” che raggiungono l'Is, sembrano aspirare a un modello più tradizionale nei ruoli familari, anche se, nella loro scelta militante, esse ritengono di contribuire a una causa politica: la costruzione dello Stato islamico. Nel progetto radicale, infatti, a loro è assegnato il ruolo di riprodurre un tipo di famiglia portatrice di valori consoni al nuovo “stato etico” che gli jihadisti intendono realizzare. Per questo le muhajirat, le “migranti per fede”, se non hanno marito, devono sposarsi con un mujahidin. Anche se questa dimensione tradizionale dei ruoli, convive in molte di loro, con l'aspirazione a combattere sul campo. Possibilità che gli islamisti radicali ritengono ammissibile, almeno sin qui, solo in circostanze eccezionali, come uno scontro difensivo per la sopravvivenza.
Sempre a proposito degli jihadisti in azione a Parigi. i parenti dicono che alla donna legata al commando, Hosna, non hanno mai visto un velo in testa fino a poco tempo fa. E altri attentatori bevevano e fumavano . Parrebbero non in sintonia con i valori che propagandano..
In primo luogo, dobbiamo tenere conto che molti di questi giovani, sino a poco tempo fa, non avevano mai preso in considerazione una militanza di tipo politico- religiosa. Sono portatori di stili di vita che, per alcuni, non si modificano rapidamente. In ogni caso si tratta di un fatto significativo. La loro adesione all'islam radicale è frutto più della radicalizzazione politica che di una conversione religiosa. Inoltre, vestono e si comportano come tutti i loro coetanei, anche per evitare di essere sorvegliati. Il mimetismo è, oggi, contrariamente a quanto avveniva sino a dieci anni fa, una delle loro strategie per clandestinizzarsi. È un modo per eludere una sorvegianza divenuta sempre più forte dopo il 2005.
«I giovani radicali vestono e si comportano come tutti i loro coetanei, anche per evitare di essere sorvegliati. Il mimetismo è, oggi, contrariamente a quanto avveniva sino a dieci anni fa, una delle loro strategie per clandestinizzarsi»
Come mai?
Dopo gli attentati di Londra di quell'anno, la Gran Bretagna ha attuato una politica repressiva nei confronti dei militanti e dei luoghi di aggregazione degli islamisti radicali , mettendo fine a quello che, mediaticamente, era chiamano il Londonistan. Dopo quella svolta., che porta all'arresto e all'espulsione di molti militanti , il radicalismo islamista comincia a teorizzare un certo grado di occultamento di caratteristiche che, dall'abbigliamento al tipo di barba, sino ai discorsi pubblici, costituiscono per l'intelligence e le forze di polizia, una sorta di marcatori che consentono di individuare i radicali. Diventa così senso comune l'idea che la visibilliazione dei segni sia controproducente. Il mimetismo permette, invece, un grado di clandestinizzazione delle opinioni e delle condotte, che può non solo evitare controlli ma anche consentire di fare alcune scelte o entrare in azione con maggiore facilità.
Quali sono i luoghi della radicalizzazione oggi?
Anche per effetto del mimetismo, sempre meno le moschee radicali, sempre più sorvegliate, e sempre più la Rete. Internet è il principale mezzo di reclutamento e indottrinamento. Uso della tecnologia e teologia politica nell'ideologia jihadista si mescolano, non sono in contrapposizione. Anche i filmati dell'Isis pagano dazio a Hollywood nello stile e nelle citazioni. Pur essendo radicalmente antagonista, il jihadismo è un’ideologia del tempo della globalizzazione e non disdegna certo i suoi strumenti.

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