Riforma Senato, Matteo Renzi: "Nessun tavolo di trattativa con Sel". Giovedì discorso in direzione Pd
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"E' chiaro: Sel ha alzato il tiro. Vuole un tavolo di confronto diretto con Renzi per delegittimare il patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi. E questo non passerà". Nel Pd, negli ambienti più vicini al premier, rispondono picche alla richiesta avanzata dai vendoliani di "risposte precise" su alcuni punti della riforma costituzionale quale pre-condizione per ritirare gli emendamenti. Mentre in aula al Senato infuria la battaglia, - comma dopo comma, emendamento dopo emendamento, minuto dopo minuto - sul ddl Boschi impantanato in un tunnel senza certezze, il premier spedisce i suoi a Palazzo Madama, in particolare il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il fedelissimo Luca Lotti. Mission per capire come uscire dall'impasse o come continuare la navigazione in un mare in tempesta a tutti gli effetti. Ma soprattutto per dettare la linea.
E infatti tocca a Lotti chiarire la risposta a Sel. "Ho visto che Sel chiede a Renzi di cambiare linguaggio. La maggioranza degli italiani ha chiesto a Renzi di cambiare il Paese. Credo che Renzi ascolterà undici milioni di italiani, non sette senatori di Sel, divisi tra loro", dice il sottosegretario. Nessun tavolo di confronto: prima ritirino gli emendamenti, è il senso. Il premier intanto prepara il suo discorso su clima politico di questi giorni e scenari futuri in vista della direzione del Pd, che resta convocata per giovedì 31 luglio.
Anche Lotti accenna a scenari futuri, comunque. Vale a dire fa carta straccia delle alleanze di centrosinistra sul territorio, guardando alla tornata di amministrative dell'anno prossimo. Il messaggio è chiaro: "Mi pare che Sel abbia una posizione di principio che non condividiamo ma che rispettiamo. E' evidente che a mio giudizio questo preclude ogni alleanza futura, soprattutto sul territorio. Non so voi, ma io un accordo politico con chi distrugge la Carta non lo farei".
Renzi intanto prepara il suo discorso di dopodomani. I suoi promettono un discorso denso. Ma a due giorni dalla direzione, il premier ancora deve metterlo bene a fuoco. Molto dipende da quello che succederà tra oggi e giovedì. L'idea è di riprendere la lettera ai senatori della maggioranza, spedita ieri per serrare i ranghi sulle riforme. Ma non ci sarà solo questo. Il discorso di fine luglio, a 8 giorni dal fatidico 'D-day' per le riforme costituzionali, cioè il giorno in cui il Senato potrebbe chiudere per la pausa estiva senza aver approvato le riforme costituzionali, sarà un intervento che mette un punto a quanto accaduto finora e a capo. Voto anticipato? E' un'idea che piace più ai renziani che a Renzi, ma a questo punto nessuno esclude nulla. Spiega il renzianissimo Lorenzo Guerini, vicesegretario Dem: il Pd intende "andare avanti" con le riforme, la maggioranza e il governo hanno dimostrato "disponibilità" e se ora qualcuno vuole "chiamarsi fuori" se ne "assumerà la responsabilità di fronte agli italiani".
E ancora: "Il problema non è fare una settimana prima o dopo", continua Guerini. "C'è la volontà di cercare una convergenza dentro il Senato per fare andare avanti il cammino delle riforme, per superare l'ostruzionismo che sta ritardando i lavori dell'aula - aggiunge Guerini - A questo principio restiamo fedeli, se altri intendono invece far saltare il tavolo se ne assumeranno la responsabilità di fronte agli italiani".
In Senato si naviga senza bussola. Lo dicono le prime ore di seduta in aula nel pomeriggio. Il Pd si è concentrato nello sforzo di evitare il primo trabocchetto per la maggioranza, vale a dire il voto segreto sull'emendamento che chiede l'elezione diretta dei senatori per garantire i diritti delle minoranze linguistiche ma parla anche di riduzione del numero di deputati. Una trappola, per la maggioranza. Che infatti ne ha chiesto lo spacchettamento: prima parte con voto segreto, quella sui deputati con voto palese. Non è bastato. M5s e Sel furiosi contro lo spacchettamento: le parti scorporate non si reggono da sole, "linguisticamente e grammaticalmente non vogliono dir nulla", spiega la senatrice a cinquestelle Michela Montevecchi. Il presidente del Senato Pietro Grasso si trova a gestire un'aula che sembra una giungla: senza tregue e patti che reggano.
Anche la tregua che sembrava raggiunta nel Pd ("Almeno quella c'è...", dicevano i renziani in mattinata), nemmeno questo ricompattamento regge. E' saltato a tutti gli effetti il Lodo Chiti, dunque anche nel Pd si va a briglie sciolte, a sentire la civatiana Lucrezia Ricchiuti che in aula annuncia il voto a favore della riduzione dei deputati o il frondista Corradino Mineo che specifica il suo futuro voto a favore dell'elezione diretta dei senatori. Entrambi, naturalmente, ribadiscono la loro linea di dissenso rispetto alla linea del premier e del Pd da lui guidato.
Come se ne esce, è materia di studio in queste ore. "Certo, se andiamo avanti così, riusciamo ad approvare una ventina di emendamenti al giorno, se va bene...", dicono dal gruppo Pd. "Quindi, a chi giova tutta questa forzatura che continua a guardare alla data dell'8 agosto?". Indirettamente risponde il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio: "Il governo va avanti". Si va ad oltranza, anche dopo l'8 agosto? "Noi siamo qui a lavorare perché le riforme servono al Paese. Siamo sereni".
AGGIORNAMENTO.Il leader di Sel Nichi Vendola risponde al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Lotti su twitter: "Pd rompe in tutta Italia alleanze con #Sel. La svolta politica più veloce del mondo. Come tweet di Palazzo Chigi. La svoltina, Lotti stai sereno". E aggiunge: "7 senatori #Sel che non si piegano a ricatti sono problema Italia? E i nuovi Padri della Patria sono Berlusconi e Verdini? #lottistaisereno"; ""Non cambia Italia se non cambia linguaggio classe dirigente. So che x qualcuno è concetto troppo sofisticato ma è la verità #lottistaisereno".
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