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ROMA - Il patto sulle riforme siglato tra la maggioranza e Forza Italia regge alla prima prova di votazione a scrutinio segreto su un emendamento di Sel relativo alla tutela delle minoranze linguistiche. L'emendamento, su richiesta del Pd e con il via libera dell'Aula, è stato votato per parti separate ed è stata invece bocciata, a scrutinio palese, la parte che mirava a ridurre il numero dei deputati a 350 componenti. "Abbiamo lavorato per cercare convergenze al Senato e superare l'ostruzionismo che sta ritardando il lavoro dell'Aula. Se altri intendono far saltare il tavolo se ne assumeranno la responsabilità di fronte agli italiani. Noi andiamo avanti", ha dichiarato il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini. E il ministro Boschi: "Gli italiani non si meritano le scene che hanno dovuto vedere oggi in Senato e forse neanche quest'Aula. Noi ci siamo dichiarati aperti ad un confronto, disponibili, ma non possiamo cedere al ricatto dell'ostruzionismo. Con calma, andremo avanti, perchè gli italiani ci hanno chiesto di cambiare e noi lo faremo".

La Boschi si riferisce alla bagarre in Senato dopo una mattinata di riunioni, incontri, dichiarazioni e tentativi di mediazione hanno fatto tornare tutto al punto di partenza e al voto a oltranza delle migliaia di emendamenti presentati dalle opposizioni: così la conferenza dei capigruppo convocata oggi dal presidente del Senato Pietro Grasso ha confermato il calendario dei lavori così come era stato varato nei giorni scorsi. Inutile la mediazione tentata dal 'dissidente' Pd Vannino Chiti, respinta dalle opposizioni e da Sel in particolare. Dall'esecutivo interviene il sottosegretario Graziano Delrio: "Siamo molto sereni. Stiamo facendo le riforme per il bene del Paese e perciò andremo avanti a lavorare". E il sottosegretario Luca Lotti assicura: "Andiamo avanti anche dopo l'8 agosto".

Caos in Aula. In Aula comunque è subito bagarre al momento di votare, per parti separate, un emendamento di Sel che prevede l'elezione diretta del Senato. Quando Grasso indice la votazione, che potrebbe avere l'effetto di precludere altri voti sul tema, l'opposizione insorge: "Non si può, non si può", si sente urlare dai banchi M5s. Seduta immediatamente sospesa dal presidente del Senato. Ma alla ripresa ancora cori da stadio e urla in Aula, con Grasso costretto di nuovo ad intervenire: "Chi non consente di parlare in Aula va fuori".

In serata Sinistra Ecologia e Libertà ha però ritirato l'emendamento della discordia sul senato elettivo. Dopo più di un'ora di dibattito e di scontro in aula la senatrice di Sel ha cercato così di evitare che la bocciatura della sua proposta facesse decadere tutte le altre simili. La decisione è giunta dopo che il Senato ha approvato il voto per parti separate dell'emendamento stesso, così come richiesto dal Pd e trova ragione nel fatto che se bocciato, l'emendamento avrebbe fatto decadere tutti gli altri sull'argomento. L'Aula del Senato ha poi respinto un altro
emendamento di Sel che taglia il numero dei deputati. Questo voto ha precluso i successivi 53 emendamenti analoghi, perché è scattata la cosiddetta regola del "canguro", che ha scatenato le proteste del Movimento 5 Stelle.

Discussione accesa anche sull'opportunità di procedere con il voto segreto su alcuni emendamenti che riguardano sia norme sulle minoranze linguistiche (su cui è previsto voto segreto) che norme riguardanti altri punti delle riforme, come l'elezione diretta del Senato. Il Pd ha chiesto il voto per parti separate con il voto segreto solo sulla parte riguardante le minoranze linguistiche, mentre il voto palese per la parte riguardante le modalità di elezione delle Camere. Una scelta aspramente contestata dalle minoranze. "Tutti i tentativi di mediazione e di sospensione sono stati vani" ha detto il presidente del Senato Pietro Grasso. "Prendo atto con rammarico che dobbiamo riprendere con le votazioni".

Mediazione Chiti, Sel non ci sta. Dopo la lettera inviata ieri da Renzi, non ha fatto breccia la proposta di mediazione del 'dissidente' Pd Vannino Chiti che aveva aperto ad una riduzione degli emendamenti in cambio dello slittamento del varo definitivo a settembre. La proposta era stata accolta positivamente da Pd, Fi e Ncd, ma ha trovato la netta opposizione di Lega, M5s e Sel che si sono detti indisponibili a ritirare gli emendamenti. I senatori e i deputati di Sinistra Ecologia e Libertà, in una conferenza stampa cui hanno partecipato anche alcuni ex M5s come Francesco Campanella, hanno definito "irricevibili" le condizioni di Renzi. Il governo aveva chiesto il ritiro degli emendamenti per poter iniziare a discutere. Ma Sel è disponibile a ridurre il numero degli emendamenti solo in cambio di precisi impegni da parte del governo. Ed è intenzionato a continuare la sua battaglia fino al referendum confermativo.

Nicola Fratoianni, coordinatore nazionale del partito, ha lanciato un duro attacco al premier: "Quando si parla di temi così rilevanti come il cambiamento della costituzione, il linguaggio è rilevante. Ripulire il linguaggio è la prima condizione". Diversi i punti irrinunciabili indicati da Fratoianni e su cui il partito attende risposte: via la soglia di 800mila firme per il referendum e via la quintuplicazione di quelle necessarie per le leggi di iniziativa popolare, ampliare la platea dei grandi elettori del Presidente della Repubblica, rimozione dell'obbligo di pareggio di bilancio dalla Costituzione.


La posizione di Sel ha provocato la reazione del governo: il sottosegretarioLuca Lotti ritiene che la posizione del partito di Vendola sulle riforme "preclude ogni alleanza futura, soprattutto sul territorio. Un accordo politico con chi distrugge la Carta non lo farei". "Sel non può dire che usiamo parole 'irricevibili' e poi governa con noi in tutte le regioni... No! Non abbiamo mica l'anello al naso". Ma a strettissimo giro è arrivata la risposta del leader di Sel, Nichi Vendola, via Twitter:

Il tentativo di mediazione di Grasso. Era stato il presidente del Senato Pietro Grasso in mattinata a tentare di avvicinare le parti. La seconda carica dello Stato ha sospeso la seduta e ha convocato la capigruppo. Sul tavolo l'idea di iniziare l'esame del ddl costituzionale dall'articolo 3, accantonando i nodi più spinosi (composizione, elezione e competenze del Senato). Una proposta però subito respinta dal governo. In precedenza erano arrivate le parole del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, che appoggiava la proposta Chiti, ma "respingeva i ricatti della minoranza". "Non possiamo sottostare a un ricatto ostruzionista della minoranza, e non su tutti i punti di merito sarà possibile trovare un punto di incontro" aveva detto il ministro.

SCHEDA/ COME SARA' IL NUOVO SENATO

La proposta Chiti: "Discussione sui grandi temi e voto a settembre. L'ex presidente della regione Toscana, ora leader dei 'dissidenti' che contestano la riforma costituzionale, in mattinata aveva lanciato un ramoscello d'ulivo verso i sostenitori del ddl Boschi. "La proposta che faccio - ha detto Chiti in Aula - è di non disperdersi in migliaia di emendamenti ma di concentrare il tempo a disposizione prima dell'8 agosto per illustrare le varie posizioni sulla base degli emendamenti fondamentali, quindi discuterne con i relatori e il governo e procedere a votarli. Quindi svolgiamo nella prima settimana di settembre le dichiarazioni di voto e la votazione conclusiva".

Ok alla proposta Chiti dalla maggioranza. No da Sel, M5s e Lega. Il capogruppo del Pd al Senato, Luigi Zanda, si era detto d'accordo con la proposta Chiti, anche se ha chiesto che le votazioni agli emendamenti sul ddl riforme si concludano, come da calendario fissato dalla capigruppo, entro l'8 agosto. Ma la convergenza auspicata da Zanda è arrivata solo dalla maggioranza. Il via libera era arrivato da Forza Italia, Ncd, Popolari per l'Italia, Gal e Scelta civica. Contrari Lega Nord, Sel e M5s. "Nessun accordo, servono risposte concrete e poi decidiamo il percorso. In caso contrario grazie e arrivederci, noi rinunciamo a fare le ferie" ha affermato il capogruppo leghista Gian Marco Centinaio.

Netta chiusura anche dal M5s, che si è detto disponibile a "confrontarsi sul merito" delle riforme ma boccia la proposta di mediazione di Vannino Chiti: "Non ritireremo nemmeno un emendamento", dice in aula il senatore Rosario Petrocelli. E arriva anche la voce di Beppe Grillo, che ieri ha riunito i parlamentari penstastellati a Roma lanciando una campagna contro quella che viene definita "una riforma antidemocratica". "Aprire a quello lì? I giochini sono già fatti" ha affermato lasciando l'Hotel Forum a Roma.

Grillo: "In Parlamento fino a quando è possibile, poi in piazza". Dal blog di Beppe Grillo arriva l'ennesimo duro attacco alle riforme: "Che ci rimaniamo a fare in Parlamento? a farci prendere per il culo, a sostenere un simulacro di democrazia mentre questi fanno un colpo di Stato?" scrive il leader pentastellato sul blog, riportando le parole pronunciate nell'assemblea dei gruppi parlamentari pentastellati di ieri. E minaccia l'Aventino: "Rimarremo ancora fino a quando sarà possibile cercare di impedire il colpo di Stato con l'eliminazione del Senato elettivo". E lancia una consultazione via web per una manifestazione contro riforme: "Sei favorevole al Parlamento in piazza per denunciare il tentativo di colpo di Stato in atto? vota". Dopo, spiega Grillo, "se questi rottamatori della Costituzione non ci lasceranno scelta, ce ne andremo. Meglio uscire e parlare con i cittadini nelle piazze di Roma e d'Italia, meglio fare agorà tutti i giorni tra la gente che reggere il moccolo ai traditori della democrazia e della patria. Li lasceremo soli a rimestare le loro leggi e usciremo tra i cittadini. Aria fresca".