Beppe Grillo attacca di nuovo la Web tax. Oggi il leader del Movimento 5 Stelle, dal suo blog, si scaglia anche contro l’editore Carlo De Benedetti, ma intanto si scopre che le pressioni per far slittare l'entrata in vigore della norma sarebbero arrivate da oltreoceano.
Il comico genovese taccia De Benedetti - nominato per l'occasione "giornalista del giorno ad honorem" - di essere “uscito allo scoperto” difendendo “la Web-tax che sarebbe più opportuno chiamare ‘De Benedetti-tax’ in quanto favorisce sfacciatamente e contro il diritto europeo la sua società di pubblicità”.
Andando per ordine, ieri il Consiglio dei ministri ha deciso lo slittamento dal primo gennaio al primo luglio dell’entrata in vigore della norma che prevede l’obbligo, per le società straniere che vogliono fare pubblicità online nel nostro Paese, di dotarsi di partita Iva italiana. Norma che, secondo De Benedetti, consentirebbe all'Italia di diventare invece “un Paese dove il fisco sia (un po' più) equo e la concorrenza senza privilegiati”. Il padre del provvedimento, inserito nella Legge di stabilità e poi trasferito nel decreto Milleproroghe, è il presidente della commissione Francesco Boccia (Pd) che, nei giorni scorso, oltre allo stop del M5S ha trovato il ‘no’ di una parte dei democratici e di Forza Italia.
La vicenda Web tax non si ferma però all’Italia: lo slittamento dell’entrata in vigore della legge potrebbe essere più ampio, con contorni che vanno al di là del nostro Paese. Proprio mentre Grillo scrive il suo post, in ambienti parlamentari si vocifera di “pressioni arrivate da oltreoceano”.
Secondo alcune fonti, le lobby americane, più di tutte, ma anche quelle irlandesi, sarebbero entrate in contatto con i partiti, tra questi con quello di Grillo che da subito ha boicottato la norma, ma anche con il Pd e con il suo segretario Matteo Renzi, “permeabile”, dicono, a queste pressioni.
Tra i democratici c’è chi sul tema vorrebbe interrogare proprio il neosegretario che nei giorni scorsi aveva parlato della Web tax come “un errore” e aveva chiesto “al governo, alla maggioranza parlamentare di eliminarla dalla legge di stabilità e di porre il tema nel semestre europeo, perché questi temi si devono affrontare a livello europeo".
Davanti a un Pd spaccato, ai ‘no’ di Renzi, del Movimento 5 Stelle e di Forza Italia, nell’ultimo Consiglio europeo Letta ha ottenuto che entro la prossima primavera l’Europa prenda una posizione sull’Iva da far pagare a chi vuol fare pubblicità sui siti italiani e il Consiglio dei ministri di ieri, alla luce delle polemiche, ha preferito rinviare la questione a luglio aspettando il parere dell’Ue.