venerdì 27 dicembre 2013

I grandissimi intellettuali italiani cantanti. Anche in questo siamo messi veramente male.

Incrementa la dimensione del testoResetta la dimensione del testoDecrementa la dimensione del testo
Massimo Del Papa
CULTURA

Musica, i cantanti e il rapporto con la politica

Jovanotti sostiene Renzi. Pelù lo rottama. Celentano fu grillino. Gli endorsement (e le marce indietro) degli artisti.

Questa nostra cara Italia è sempre stata un Paese di santi, cantanti e predicanti.
Spesso in sacra trinità, anche se a volte non si capisce da dove prendano tanta scienza e coscienza civile, religiosa e politica.
Il fatto è che i cantanti sono degli egocentrici da competizione e, se prendono di mira qualcuno, di regola è perché «non è abbastanza» come loro pretenderebbero.
Questi artisti illuminati, per risolvere i grandi problemi del mondo usano spesso non il rasoio di Occam ma un coltello da macellaio: sferrano slogan come fendenti, e chi s'è visto s'è visto.
LA PREDICA DI JOVANOTTI. Resterà imperituro Jovanotti il quale, transitato dall'edonismo Cecchettiano («Sei come la mia moto, sei proprio come lei») a un più maturo approccio epistemologico, a Sanremo fece la predica rap-economica a D'Alema zompettando come un ossesso: «Oh-oh, D'Alema cancella il debito, oh-oh!».
Il lider Maximo tradì appena un fremito del baffino.
PELÙ ROTTAMA RENZI. Un suo compagno di battaglie, Piero Pelù, è passato dal litigare con Renzulli (suo alter ego nei Liftiba) a litigare col Renzi: «È un berluschino, è un bluff, il Pd è l'acronimo di una bestemmia».
Maremma blasfema, non è abbastanza come dice lui. Pelù aveva dato del «ruffiano» a Jova, il quale si fida di Renzi così come si fidava di Veltroni. Poi Piero col collega s'è scusato via Facebook, ma col Rottamatore non ha alcuna intenzione di scendere a patti. Per ora.
LIGA DELUSO DAI DEM. Quanto al terzo elemento della triade coscienziosa, Ligabue – ricordate, il trio LigaJovaPelù ne Il mio nome è mai più, canzoncina antimilitarista? -, deluso dal Pd (che non era abbastanza di sinistra), ha guardato con interesse al Movimento di Grillo: per poi abbandonarlo, delusisissimo. Non tentenna, invece, il rivale Vasco Rossi, che fa politica a suon di clippini e resta «Radicale pre-pannelliano - il che è impossibile -, post-pannelliano e pro-boniniano». Prosit.

Mannoia e il tentativo di mediare tra M5s e Pd

Altra delusa dalle Stelle di Grillo è Fiorella Mannoia, la quale s'era in un certo senso incaricata di far da tramite tra il Movimento dell'ex comico e il Pd, sua tradizionale casa politica.
Quando Grillo ha escluso ogni possibilità di alleanza, lei, amareggiata, lo ha mollato.
Gino Paoli invece lo ha ammonito: «Non pensarti depositario della verità».
Celentano è un caso a sé: riesce a predicare perfino coi silenzi e, in oltre mezzo secolo di carriera, ne ha dette (e taciute) di tutti i colori.
CELENTANO, GRILLINO PENTITO. Già ecologista della via Gluck, poi filo-berlusconiano, tendenza Tony Renis, indi grillino, ha da ultimo considerato anche Grillo «non abbastanza» celentanesco, ma soprattutto considera la Chiesa non abbastanza Chiesa, anche se, in un recente Sanremo è riuscito a ricompattarla.
Aveva detto che «Avvenire e Famiglia Cristiana dovrebbero chiudere» e la Cei lo ha fulminato definendolo «ignorante», qualifica che del resto il Molleggiato rivendica addirittura per titolo regale.
Mina incitò Beppe ad «andare dritto come un fuso», poi anche lei si è stufata di Grillo (ma non di predicare).
RENATO L'INTEGRALISTA. Ma il più esagerato di tutti, come sempre, è Renato Zero: lui davvero ne ha una, anzi Zero, per tutti.
Filo-grillino ma non lo vota, guarda dritto a sinistra «ma alle ultime primarie mi veniva da piangere». Lacrime sante, lui s'è votato a un integralismo talmente potente da far impallidireGiovanni Lindo Ferretti, e Paola Binetti, parlamentare legata all'Opus Dei, lo ha benedetto.
Anche se è lecito sospettare che papa Francesco, se ascoltasse l'ultimo album grondante comandamenti ed esortazioni alla preghiera, gli consiglierebbe di darsi una calmata.
IL DISIMPEGNO DI DE GREGORI. La sua amica Loredana Bertè si ritiene orfana di Che Guevara, trova che «in Italia non c'è una sinistra» e su Grillo obietta: «Ero fan ma non riesco più a quadrarlo, 'sti 5stelle che fanno? 'Tutti a casa!', dicono, ma come ce li mandano?».
Vecchio vizietto, quello della lezione urbi et orbi. Non sfuggivano i Vecchioni e i Guccini (che però volavano più ampio, se non più alto), De Gregori, sempre considerato ad alta densità politica, oggi vuole «alleggerirsi», Finardi politicava «roccando e rollando» (ma scagliandosi contro «il chitarrista di banda armata»), Gaber tuonava nel suo teatro-canzone non scevro da qualunquismi (e Tortora lo attaccava ferocemente), De André metaforizzava anarchicamente, sulla scia di un Leo Ferrè: il comizio musicante in Italia ha una tradizione rigogliosa, contorta e oggi inflazionata dai mocciosi rapper. 

All'estero nessuno è come Dylan

All'estero, il prototipo del cantante-predicatore per eccellenza è anche il più frainteso.
Bob Dylan sarà pure uno che le canta al mondo, ma i suoi testi sono talmente aperti e rarefatti che è impossibile ricondurli a una lezioncina che gli andrebbe troppo stretta.
Niente a che vedere con le prediche spocchiosette di uno Sting, che sopperisce a una mancanza di ispirazione vasta come la Foresta Amazzonica con continue esternazioni che di politico hanno giusto la pretesa.
L'IPOCRISIA DI BONO VOX. O di un Bono Vox che tuona contro il liberismo finanziario ma s'è fatto prestare il commercialista dei Rolling Stones per eludere mari di tasse.
Ovviamente Bono non ha perso occasione per cavalcare la scomparsa di Madiba, guadagnandosi il sarcasmo di Ozzy Osbourne: «Sarà triste adesso che il suo migliore amico Nelson Mandela è morto... Ma, sapete, era diventato un cliché farsi fotografare con lui. Alla fine aveva 95 anni, cazzo: sarà pure stato un po' stanco, no?».
OBAMA, SEDOTTO E ABBANDONATO. La corsa sul catafalco di Mandela ha ricordato quella sul palco per l'elezione di Obama: poi, siccome l'amico Barack non era «abbastanza» come volevano loro, i politologi canterini lo hanno bacchettato tutti, da Bruce Springsteen all'eterna pasionaria Joan Baez passando per Eddie Vedder dei Pearl Jam, gruppo che dopo un tour elargì 100 mila dollari «in risarcimento» per i gas rilasciati dai jet che li scarrozzavano per il pianeta.
Come se i danni all'ecosistema fossero quantificabili e, soprattutto, reversibili. Disse una volta Ron Wood a proposito di Billy Bragg: «Eccone un altro che, più che suonare, predica». E si fece una gorgogliante risata irresponsabile. Il mondo cambia più coi sermoni o con le vibrazioni?
Mercoledì, 25 Dicembre 2013

Nessun commento:

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...