Fini: «La Napoli paga un'estrema sospettosità»
Il leader di Futuro e libertà è freddo sulla mancata ricandidatura della parlamentare di Taurianova. Poi attacca: «Noi siamo l'unica novità politica di queste elezioni. Una legge sul falso in bilancio? Più facile farla con Bersani e Vendola che con il Pdl»
LAMEZIA TERME «Angela Napoli? Ho stima di lei ma purtroppo paga l'estrema sospettosità verso tutti. La questione della sua mancata candidatura non si pone proprio perché lei è andata via dal partito ben prima della definizione delle liste». Gianfranco Fini è a metà tra l'indispettito e l'imbarazzato quando in conferenza stampa gli viene chiesto conto sul deterioramento del rapporto con la parlamentare di Taurianova che per lungo tempo è stata una delle sue più strette collaboratrici. Il leader di Futuro e libertà, a Lamezia Terme per una tappa del suor tour elettorale che in mattinata ha toccato Crotone e la Pertusola e in serata si è concluso a Reggio Calabria, glissa anche sul presunto silenzio seguito alle dimissioni della Napoli da coordinatrice regionale del partito: «Non ho detto niente in pubblico ma le ho spedito un bigliettino con su scritto ciò che pensavo. Ma mi sembra un fatto privato di cui semmai la Napoli dovrà dare conto se lo riterrà opportuno».
Per il resto la conferenza stampa di Fini è tutto all'insegna del low profile in linea con un partito che si è presentato alla campagna elettorale con le casse quasi vuote. Privo del finanziamento pubblico in quanto nuovo partito non presente alle elezioni del 2008, con i fondi An bloccati per questioni di divisione di «eredità» tra i fondatori, vittima come tutti della poca generosità di finanziatori, imprenditori, simpatizzanti, per sopravvivere i finiani si sono dovuti imporre un durissimo regime di austerity: 50mila euro sono stati sborsati negli ultimi mesi dai deputati uscenti e oggi ricandidati per sanare le spese pregresse del partito e finanziare la campagna per il voto.
Da Lamezia, però, il presidente della Camera rivendica con orgoglio di aver alzato quel dito contro Berlusconi: «Quello non fu un atto di coraggio ma un atto doveroso. Tutto si poteva sopportare ma non che venisse calpestata la dignità delle persone». La presenza del Cavaliere è una costante nei discorsi di Fini. «Il tempo è galantuomo», ripete quando cita i casi di Dell'Utri e Cosentino che il Pdl «è stato costretto a lasciare fuori dalle liste» oppure quando parla di Tremonti «oggi esponente della Lega anche se noi lo denunciammo già negli anni scorsi».
Il presente parla di una nuova coalizione guidata da Mario Monti e di un futuro ancora tutto da decifrare: «Se non fosse per noi e per Grillo, questa campagna elettorale sarebbe uguale a quelle di venti anni addietro». Certo, meglio evitare di accomunare esperienze politiche diametralmente opposte e Fini questo la sa bene. Per questo motivo, subito dopo precisa: «Non demonizzo i grillini ma loro non risolvono il problema del malessere profondo nei confronti della politica».
Dalla protesta alla proposta il passo è breve ma anche difficile. La terza carica dello Stato cita l'esempio di Parma dove il sindaco Pizzarotti «sta incontrando difficoltà» nell'attività amministrativa. È un altro motivo, secondo Fini, per dare credito alla «vera novità politica del 2013 che non è né centrista, né moderata ma piuttosto una coalizione di riformatori». In futuro porte chiuse a nessuno ma un segnale il presidente della Camera lo vuole lanciare quando afferma che sull'approvazione della legge sul falso in bilancio sarebbe «più facile trovare l'accordo con il Pd e Vendola piuttosto che con il Pdl». Guai però a chiedere lumi sull'operato del governo calabrese guidato da Scopelliti: «Non mi occupo di questioni locali, su questo rispondono i nostri dirigenti. Sarei presuntoso se dessi un giudizio su Scopelliti perché ritengo che sia giusto che lo diano gli elettori». L'unico accenno su qualcosa di esterno alla Capitale riguarda la riforma del regionalismo «a cui si deve dare impulso. Si fa un gran discutere sull'abolizione delle Province, sull'accorpamento dei Comuni, ma secondo me bisognerebbe riflettere sui costi enormi delle Regioni se rapportati con i risultati concreti che questi enti hanno ottenuto».
Per il resto la conferenza stampa di Fini è tutto all'insegna del low profile in linea con un partito che si è presentato alla campagna elettorale con le casse quasi vuote. Privo del finanziamento pubblico in quanto nuovo partito non presente alle elezioni del 2008, con i fondi An bloccati per questioni di divisione di «eredità» tra i fondatori, vittima come tutti della poca generosità di finanziatori, imprenditori, simpatizzanti, per sopravvivere i finiani si sono dovuti imporre un durissimo regime di austerity: 50mila euro sono stati sborsati negli ultimi mesi dai deputati uscenti e oggi ricandidati per sanare le spese pregresse del partito e finanziare la campagna per il voto.
Da Lamezia, però, il presidente della Camera rivendica con orgoglio di aver alzato quel dito contro Berlusconi: «Quello non fu un atto di coraggio ma un atto doveroso. Tutto si poteva sopportare ma non che venisse calpestata la dignità delle persone». La presenza del Cavaliere è una costante nei discorsi di Fini. «Il tempo è galantuomo», ripete quando cita i casi di Dell'Utri e Cosentino che il Pdl «è stato costretto a lasciare fuori dalle liste» oppure quando parla di Tremonti «oggi esponente della Lega anche se noi lo denunciammo già negli anni scorsi».
Il presente parla di una nuova coalizione guidata da Mario Monti e di un futuro ancora tutto da decifrare: «Se non fosse per noi e per Grillo, questa campagna elettorale sarebbe uguale a quelle di venti anni addietro». Certo, meglio evitare di accomunare esperienze politiche diametralmente opposte e Fini questo la sa bene. Per questo motivo, subito dopo precisa: «Non demonizzo i grillini ma loro non risolvono il problema del malessere profondo nei confronti della politica».
Dalla protesta alla proposta il passo è breve ma anche difficile. La terza carica dello Stato cita l'esempio di Parma dove il sindaco Pizzarotti «sta incontrando difficoltà» nell'attività amministrativa. È un altro motivo, secondo Fini, per dare credito alla «vera novità politica del 2013 che non è né centrista, né moderata ma piuttosto una coalizione di riformatori». In futuro porte chiuse a nessuno ma un segnale il presidente della Camera lo vuole lanciare quando afferma che sull'approvazione della legge sul falso in bilancio sarebbe «più facile trovare l'accordo con il Pd e Vendola piuttosto che con il Pdl». Guai però a chiedere lumi sull'operato del governo calabrese guidato da Scopelliti: «Non mi occupo di questioni locali, su questo rispondono i nostri dirigenti. Sarei presuntoso se dessi un giudizio su Scopelliti perché ritengo che sia giusto che lo diano gli elettori». L'unico accenno su qualcosa di esterno alla Capitale riguarda la riforma del regionalismo «a cui si deve dare impulso. Si fa un gran discutere sull'abolizione delle Province, sull'accorpamento dei Comuni, ma secondo me bisognerebbe riflettere sui costi enormi delle Regioni se rapportati con i risultati concreti che questi enti hanno ottenuto».
Antonio Ricchio
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