sabato 29 aprile 2017

LUCIO FERO

Referendum: Berlusconi o Pisapia? Domanda: Orlando ci è o ci fa?

Referendum: Berlusconi o Pisapia? Domanda: Orlando ci è o ci fa?
Referendum: Berlusconi o Pisapia? Domanda: Orlando ci è o ci fa?
ROMA – Referendum, un nuovo referendum da fare e agitare prima dell’uso lo ha scovato Andrea Orlando ministro della Giustizia e uno dei due candidati anti Renzi alle primarie per segretario Pd.
(Per gli interessati si vota domenica, possono votare tutti i cittadini che vogliono, non solo gli iscritti, basta firmare una dichiarazione di adesione non al Pd ma ai valori del partito, contribuire con due euro alle spese. Ci si presenta nella sede di un circolo Pd o in un gazebo allestito con la propria tessera elettorale e un documento di identità, l’indirizzo giusto per ciascuno è legato alla sezione elettorale scritta sul certificato e lo si trova con facilità sul web e sui siti dei maggiori quotidiani).
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Ma torniamo ad Orlando perché questa del referendum Orlando deve averla proprio pensata a lungo a giudicare dal sorriso di compiacimento che gli allargava il volto mentre lo comunicava ai contemporanei via tv. Un sorriso con cui Orlando diceva a se stesso, dedicava a se stesso un ‘mazza quanto so’ bravo!
E infatti chi lo batte Orlando, la sua invenzione è un referendum da proporre al Pd con l’alternativa: volete voi del Pd allearvi con Berlusconi o con Pisapia? Che è come domandare a un lavoratore dipendente se vuole busta paga da mille o diecimila al mese. Oppure domandare a un romanista se vuole lo scudetto alla Roma o alla Juve e viceversa. Oppure domandare, via referendum s’intende, se si preferisce essere felice o triste, sano o malato. Proprio una volpe questo Orlando, chi lo batte?
Chiedere via referendum agli elettori, militanti e simpatizzanti del Pd se preferiscono vincere o non vincere le elezioni e fare di questa risposta di popolo linea e identità politica volteggia tra il risibile e il grottesco. Nessuno se sta col Pd vuole allearsi al governo con Berlusconi, è una domanda del…cavolo.
Ci si allea per fare governi se i voti che hai preso alle elezioni non bastano per fare maggioranza di governo, cosa c’è per Orlando, quale parte di questa frase è troppo difficile per Orlando? E, al di là dei risultati del suo referendum (ipotizziamo 100 per cento di voglia di Pisapia e non Berlusconi), resta il fatto che Berlusconi oggi è accreditato di circa il 14 per cento dei voti, Pisapia dello 0,5. Se sommi Pd e Pisapia e voti con la legge proporzionale maggioranza non c’è, lo sa Orlando?
Lo sa, lo sa. Ha lavorato con tanti altri a smontare, a partire dall’Italicum, ogni legge elettorale che impedisse, rendesse non necessario allearsi dopo le elezioni tra diversi e distanti. Orlando fa parte della vasta schiera che ha voluto la legge proporzionale e la legge proporzionale fermamente vuole. E la legge elettorale proporzionale per forza chiama, vuole, produce governi di coalizione. Quando ce la fa, talvolta neanche una coalizione basta a fare maggioranza. Orlando che ha voluto la legge proporzionale e che ora vorrebbe una proporzionale che premia non il partito ma la coalizione, che coalizione vuole? Con Pisapia, magari anche con D’Alema e Sinistra Italiana, magari anche con i compagni e omologhi italiani di quelli che Macron o Le Pen per loro pari sono. A parte la scarsa qualità anche morale di questo “inciucio”, lo sa Orlando che questa coalizione non farebbe mai una maggioranza di governo e men che mai un governo? Lo sa che definire sempre e comunque accordi politici e governi di coalizione “inciuci indegni” è in fondo definire la democrazia parlamentare inganno e truffa?
Chi sa se lo sa Orlando. Di fronte ad una così fine testa politica il comune mortale si pone l’antica domanda: ci è o ci fa? Ci è, purtroppo l’ipotesi più plausibile e che con più evidenza si ricava dalla astuta trovata del referendum Orlando.
Chi invece di sicuro ci fa è Michele Emiliano, l’altro candidato anti Renzi alle primarie. Ci fa, mica ci è nel Pd. Emiliano ha tutto il bagaglio culturale, emotivo e ideale di M5S. Un M5S un po’ declinato alla meridionale d’accordo. C’è in Emiliano una robusta e manifesta avversione alla modernità (vaccini, gasdotti, elettromagnetismo, chimica, agronomia…), un radicato e diffuso sospetto che la modernità contenga fregature a ripetizione. C’è in Emiliano una evidente tentazione, tendenza al tutti in galera o almeno al tutti colpevoli, insomma c’è Di Pietro più Grillo in tutto in salsa pugliese. Perché in Emiliano c’è anche nazionalismo, sia pur solo regionale. E c’è ancora assistenzialismo puro, pura idelogia assistenzialista e anti capitalistica appena appena travestita da welfare.
In sostanza avrebbe detto il vecchio Di Pietro: che ci azzecca Emiliano con un partito socialdemocratico o socialista? Non ci azzecca. Ma ci sta. Con la mission esplicita e orgogliosamente portata avanti di fare in modo che il condominio dove non abita non funzioni.
Resta il terzo dei candidati, Matteo Renzi. Già il semplice fatto che i suoi competitor siano uno che ci è e uno che ci fa descrive bene purtroppo per Renzi qual è la dimensione attuale e possibile del suo agire politico. Sarà segretario Pd e anche se quasi miracolosamente il suo Pd dovesse arrivare primo alle prossime elezioni politiche e avere il mandato e la guida di un  futuro governo, non sarà Renzi il premier. Perché sarà governo di coalizione e Renzi non è ormai più uomo che possa tenere unita una coalizione. Perché Renzi è uno sconfitto, sconfitto da una colossale reazione di rigetto del paese che il paese ha fatto finta fosse reazione di rigetto a Renzi mentre era rigetto e rifiuto di ogni doverosa e utile riforma, rifiuto per ieri, oggi e domani.
Sconfitto Renzi, rigettato ogni riformismo e ci sono quelli, tanti anche tra i giornalisti, che guardano l’affluenza alle primarie, il dito invece che la luna.

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