Il day after spacca i sindacati. Cgil e Usb per la nazionalizzazione di Alitalia
Cisl spera che il commissariamento sia "la strada per un nuovo piano industriale". La Uil: "Percorrere tutte le strade".
Il day after è all'insegna della durezza delle posizioni. Per i grandi sindacati confederali e per i vertici di Alitalia è il giorno della presa d'atto della valanga dei "no" al referendum arrivata ieri decretandone la bocciatura. Sconcerto e rabbia che da parte dell'ex compagnia di bandiera si traducono nella determinazione ad avviare la procedura di commissariamento. Cgil, Cisl e Uil, che insieme avevano firmato il preaccordo con l'azienda poi sottoposto al voto dei lavoratori, si spaccano. Il sindacato rosso dice "no" all'arrivo del commissario e chiede piuttosto l'intervento, come azionista, della Cassa depositi e prestiti. La Cisl invece si schiera con il governo che ha respinto la nazionalizzazione dell'ex compagnia di bandiera. Le sigle Usb e Cub trasporti, che hanno issato da subito la bandiera del "no", oggi si dicono pronte ad andare in piazza per chiedere al governo e all'azienda di attuare un piano b. Posizione, quindi, vicina a quella della Cgil e a favore dell'intervento dello Stato. Ma il piano B per Alitalia, almeno per il momento, non esiste.
Mentre sui profili Facebook dei dipendenti Alitalia compaiono le loro foto con le vecchie divise verdi a simboleggiare l'orgoglio di aver fatto parte dell'azienda di un tempo, il Consiglio di Amministrazione dell'ex compagnia di bandiera si riunisce per avviare l'iter che porterà al commissariamento, con l'appoggio anche del socio di minoranza Etihad Aviation Group. Da Roma queste notizie rimbalzano a Milano dove si trova la segreteria della Cgil Susanna Camusso per l'anniversario della liberazione. Le linee telefoniche sono infuocate. Nel frattempo viene anche disdetta la riunione governo-sindacati in programma mercoledì al ministero dello Sviluppo economico: "Non sapremmo cosa dirci se prima non si riuniscono i soci, la palla ora è in mano a loro", spiegano i sindacati.
La leader della Cgil, che sul preaccordo ci ha messo la faccia e la firma, adesso chiede una ripartenza "con un piano industriale credibile, sostenuto anche dalle banche e dal governo, con l'ingresso di Cassa depositi e prestiti". E poi ancora: "L'amministrazione straordinaria e la messa in liquidazione dell'azienda significano la perdita di un patrimonio industriale per il Paese, cosa che dobbiamo prima di tutto mantenere. Ma serve un piano industriale differente". Diversa invece la posizione della Cisl che ragiona già in ottica commissariamento, che non deve servire però per liquidare l'azienda piuttosto per rilanciarla: "Noi speriamo che il commissariamento di Alitalia - dice Annamaria Furlan - sia la strada per un nuovo piano industriale credibile e per un rilancio della nostra compagnia, coinvolgendo anche tutti i dipendenti di Alitalia attraverso una partecipazione responsabile alle scelte dell'azienda e valorizzando tutte professionalità presenti nella compagnia. Aspettiamo ora le decisioni che assumerà il Governo. Vanno fatti tutti gli sforzi possibili da parte delle istituzioni ed anche da parte delle banche, perché il nostro paese ha bisogno di una compagnia di bandiera". Più vaga invece la posizione della Uil che con Carmelo Barbagallo si limita a dire: "Cercheremo di fare tutto il possibile e di percorrere tutte le strade".
Sempre più dura la posizione di Cub Trasporti che ieri per tutto il giorno ha atteso il responso del referendum davanti gli uffici di Alitalia al grido di "C'è chi dice No": "Basta con il ricatto del fallimento. La liquidazione ed il fallimento non sono l'unica opzione. Se il Governo, rinunciando ai toni di prevaricazione usati finora, si disporrà al confronto, si troveranno le soluzioni alternative in grado di non continuare ad infierire sui lavoratori e, al tempo stesso, rilanciare la Compagnia di Bandiera". Sulla stesa posizione il sindacati Usb: "Se si procede verso il ridimensionamento o peggio la liquidazione di Alitalia, come forse qualcuno aveva in testa sin dall'inizio della vertenza, tutti sappiano che i lavoratori non rimarranno a guardare con le mani in mano e che Usb sarà con loro al 100%. Le alternative ci sono, serve un intervento diretto dello Stato, sino alla nazionalizzazione". Ma è proprio tra chi ha votato e fatto votare per il No che ora, dopo l'esultanza di ieri, si respira la paura più grande: il fallimento generale davanti a un'azienda che fa muro.
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