Boeri: «Rivoluzione all’Inps: prendo 900 giovani, via i superdirigenti»
di Luca Cifoni
Novecento assunzioni di giovani giuristi, economisti, ingegneri gestionali per inserire nuove competenze nella macchina dell’Inps. Un ridisegno della struttura di vertice dell’istituto che ridurrà da 48 a 36 il numero dei dirigenti apicali, dislocandoli sul territorio. E nuove procedure di assegnazione di questi incarichi dirigenziali, per i quali i dirigenti saranno valutati per la prima volta da una commissione esterna. La riforma complessiva della pubblica amministrazione non è ancora legge ma Tito Boeri sta riorganizzando in modo incisivo l’ente di cui è presidente, che nei prossimi mesi e anni sarà chiamato ad affrontare compiti ancora più impegnativi sul fronte della previdenza e dell’assistenza.
L’Inps si fa la riforma da solo?
«Non potevamo aspettare i decreti delegati, la nostra è una struttura nevralgica per tutto il Paese. Utilizziamo gli strumenti che ci sono, poi se ne arriveranno altri, meglio. Del resto per quello che vogliamo fare non c’è bisogno di interventi legislativi».
E cosa volete fare?
«Il primo atto che ho firmato permetterà un piano di assunzioni di più di 900 funzionari della cosiddetta “fascia C”, con lauree in Giurisprudenza, Economia e commercio, Ingegneria gestionale e informatica, e presumibilmente giovani: questo ci permetterà di colmare quel digital divide interno che inevitabilmente è anche generazionale. Molte sedi, in particolare al Nord, sono sottodimensionate dopo gli esodi degli ultimi anni; ma oltre a riempire questi vuoti vogliamo rafforzare la capacità generale dell’Istituto di allacciare un rapporto di consulenza con gli utenti, a 360 gradi. Questa consulenza la offriremo non solo nei nostri uffici ma anche in “punti Inps” da creare nei centri più piccoli in locali comunali, con una rete capillare».
E come la mettiamo con i vincoli alle assunzioni imposti a tutta la Pubblica amministrazione?
«In questi anni l’Inps ha visto calare il proprio personale, scendendo di molto al di sotto della dotazione organica e ha conseguito importanti risparmi. Questo ci dà oggi dei margini per assunzioni, nel rispetto delle regole. Poi, intendiamo cambiare la composizione della dotazione organica, creando più spazio nella fascia C, quella alta dei funzionari, e riducendo quella delle fasce più basse, nelle quali i funzionari che escono non saranno sostituiti».
Come troverete questi 900 funzionari?
«Da subito partiremo, a settembre, prendendo degli idonei di nostri concorsi precedenti. Una piccola parte poi saranno stabilizzazioni di personale esterno che lavora già da noi, ma il grosso, 550-600 persone, le troveremo con un nostro concorso per il quale stiamo avanzando la richiesta di autorizzazione alla Funzione pubblica».
Questo è il primo atto. E poi?
«Il secondo atto riguarda i dirigenti. Noi abbiamo un organigramma ereditato dalla fusione “a freddo” fra Inps, Inpdap ed Enpals, nella quale anziché razionalizzare le posizioni dirigenziali si sono semplicemente sommate. Oggi abbiamo 48 direttori centrali di cui ben 33 a Roma. Ci sono inefficienze e sovrapposizioni. Le ridurremo a 36 e di queste solo 14 saranno al centro. Apriremo direzioni innovative, ad esempio una dedicata interamente al grande tema della non autosufficienza. E poi c’è il terzo atto».
Sempre per i dirigenti?
«Sì. Riguarda le modalità di conferimento degli incarichi ai dirigenti di prima fascia. Ovviamente ci saranno degli interpelli per le posizioni, poi abbiamo degli obblighi di rotazione che ci vengono sia dalle nostre regole che dall’Autorità anticorruzione. Valutare non solo le esperienze ma anche il potenziale, per incarichi magari nuovi, non è semplice. Per questo chiederemo il supporto di una commissione esterna, i cui membri sono scelti dal presidente e dal direttore generale e formata da tre persone: possibilmente un cacciatore di teste, un esperto di contrattualistica del pubblico impiego e una persona che possa valutare le competenze nella gestione di bilancio. La commissione formulerà delle rose e poi il direttore generale farà le sue proposte al presidente. È una procedura innovativa, non mi risulta che sia mai stata fatta, impone collegialità e trasparenza. Finora i criteri di selezione a quei livelli erano spesso basati sul manuale Cencelli, dove il Cencelli è l’appartenenza sindacale. Un metodo che viene da lontano, ma che è ancora presente».
A proposito di riforme, che fine ha fatto quella della governance dell’istituto?
«È stata la prima cosa che ho chiesto quando sono arrivato qui. Io ho bisogno di un consiglio di amministrazione, anche se piccolo e vorrei ridurre il numero dei componenti del Consiglio di indirizzo e vigilanza e del collegio sindacale. C’erano dei veicoli legislativi che il governo avrebbe potuto usare e non lo ha fatto. Io mi auguro che la riforma arrivi, ce n’è davvero bisogno anche per ridurre i costi, eliminare un po’ di poltrone».
Mentre l’Inps si riorganizza, governo e Parlamento dovranno mettere di nuovo mano alle norme sulla previdenza...
«Come istituto abbiamo sottolineato l’importanza della flessibilità in uscita. Ora su quel tema c’è un tavolo che vede impegnati governo e sindacati e che dovrà elaborare delle proposte, in cui l’Inps stessa avrà un ruolo. Questo pone ancora più pressione sulle nostre strutture territoriali. Se si farà il prestito pensionistico avremo un ruolo di infrastruttura chiave.
Ma questa potrà essere davvero l’ultima riforma delle pensioni, come lei aveva chiesto tempo fa?
«Temo proprio di no. Mi auguro che ci siano interventi organici e non per accontentare qualche gruppo di pressione. Ma ho paura che non sarà l’ultima riforma».
Novecento assunzioni di giovani giuristi, economisti, ingegneri gestionali per inserire nuove competenze nella macchina dell’Inps. Un ridisegno della struttura di vertice dell’istituto che ridurrà da 48 a 36 il numero dei dirigenti apicali, dislocandoli sul territorio. E nuove procedure di assegnazione di questi incarichi dirigenziali, per i quali i dirigenti saranno valutati per la prima volta da una commissione esterna. La riforma complessiva della pubblica amministrazione non è ancora legge ma Tito Boeri sta riorganizzando in modo incisivo l’ente di cui è presidente, che nei prossimi mesi e anni sarà chiamato ad affrontare compiti ancora più impegnativi sul fronte della previdenza e dell’assistenza.
L’Inps si fa la riforma da solo?
«Non potevamo aspettare i decreti delegati, la nostra è una struttura nevralgica per tutto il Paese. Utilizziamo gli strumenti che ci sono, poi se ne arriveranno altri, meglio. Del resto per quello che vogliamo fare non c’è bisogno di interventi legislativi».
E cosa volete fare?
«Il primo atto che ho firmato permetterà un piano di assunzioni di più di 900 funzionari della cosiddetta “fascia C”, con lauree in Giurisprudenza, Economia e commercio, Ingegneria gestionale e informatica, e presumibilmente giovani: questo ci permetterà di colmare quel digital divide interno che inevitabilmente è anche generazionale. Molte sedi, in particolare al Nord, sono sottodimensionate dopo gli esodi degli ultimi anni; ma oltre a riempire questi vuoti vogliamo rafforzare la capacità generale dell’Istituto di allacciare un rapporto di consulenza con gli utenti, a 360 gradi. Questa consulenza la offriremo non solo nei nostri uffici ma anche in “punti Inps” da creare nei centri più piccoli in locali comunali, con una rete capillare».
E come la mettiamo con i vincoli alle assunzioni imposti a tutta la Pubblica amministrazione?
«In questi anni l’Inps ha visto calare il proprio personale, scendendo di molto al di sotto della dotazione organica e ha conseguito importanti risparmi. Questo ci dà oggi dei margini per assunzioni, nel rispetto delle regole. Poi, intendiamo cambiare la composizione della dotazione organica, creando più spazio nella fascia C, quella alta dei funzionari, e riducendo quella delle fasce più basse, nelle quali i funzionari che escono non saranno sostituiti».
Come troverete questi 900 funzionari?
«Da subito partiremo, a settembre, prendendo degli idonei di nostri concorsi precedenti. Una piccola parte poi saranno stabilizzazioni di personale esterno che lavora già da noi, ma il grosso, 550-600 persone, le troveremo con un nostro concorso per il quale stiamo avanzando la richiesta di autorizzazione alla Funzione pubblica».
Questo è il primo atto. E poi?
«Il secondo atto riguarda i dirigenti. Noi abbiamo un organigramma ereditato dalla fusione “a freddo” fra Inps, Inpdap ed Enpals, nella quale anziché razionalizzare le posizioni dirigenziali si sono semplicemente sommate. Oggi abbiamo 48 direttori centrali di cui ben 33 a Roma. Ci sono inefficienze e sovrapposizioni. Le ridurremo a 36 e di queste solo 14 saranno al centro. Apriremo direzioni innovative, ad esempio una dedicata interamente al grande tema della non autosufficienza. E poi c’è il terzo atto».
Sempre per i dirigenti?
«Sì. Riguarda le modalità di conferimento degli incarichi ai dirigenti di prima fascia. Ovviamente ci saranno degli interpelli per le posizioni, poi abbiamo degli obblighi di rotazione che ci vengono sia dalle nostre regole che dall’Autorità anticorruzione. Valutare non solo le esperienze ma anche il potenziale, per incarichi magari nuovi, non è semplice. Per questo chiederemo il supporto di una commissione esterna, i cui membri sono scelti dal presidente e dal direttore generale e formata da tre persone: possibilmente un cacciatore di teste, un esperto di contrattualistica del pubblico impiego e una persona che possa valutare le competenze nella gestione di bilancio. La commissione formulerà delle rose e poi il direttore generale farà le sue proposte al presidente. È una procedura innovativa, non mi risulta che sia mai stata fatta, impone collegialità e trasparenza. Finora i criteri di selezione a quei livelli erano spesso basati sul manuale Cencelli, dove il Cencelli è l’appartenenza sindacale. Un metodo che viene da lontano, ma che è ancora presente».
A proposito di riforme, che fine ha fatto quella della governance dell’istituto?
«È stata la prima cosa che ho chiesto quando sono arrivato qui. Io ho bisogno di un consiglio di amministrazione, anche se piccolo e vorrei ridurre il numero dei componenti del Consiglio di indirizzo e vigilanza e del collegio sindacale. C’erano dei veicoli legislativi che il governo avrebbe potuto usare e non lo ha fatto. Io mi auguro che la riforma arrivi, ce n’è davvero bisogno anche per ridurre i costi, eliminare un po’ di poltrone».
Mentre l’Inps si riorganizza, governo e Parlamento dovranno mettere di nuovo mano alle norme sulla previdenza...
«Come istituto abbiamo sottolineato l’importanza della flessibilità in uscita. Ora su quel tema c’è un tavolo che vede impegnati governo e sindacati e che dovrà elaborare delle proposte, in cui l’Inps stessa avrà un ruolo. Questo pone ancora più pressione sulle nostre strutture territoriali. Se si farà il prestito pensionistico avremo un ruolo di infrastruttura chiave.
Ma questa potrà essere davvero l’ultima riforma delle pensioni, come lei aveva chiesto tempo fa?
«Temo proprio di no. Mi auguro che ci siano interventi organici e non per accontentare qualche gruppo di pressione. Ma ho paura che non sarà l’ultima riforma».
Nessun commento:
Posta un commento