I 14 dossier di Fortini sulle anomalie nell'azienda. Il ruolo dell'assessora e il conflitto d'interessi con la Bioman. I controdossier sui compensi del presidente. E il silenzio della sindaca sulle domande del Corriere della Sera
«Ha cominciato a bombardare l’azienda, mettendo tutti sotto accusa, parlando di epurazioni e scatenando la reazione di molti dirigenti che mi hanno fatto un quadro sulle sue responsabilità soggettive abbastanza inquietante. Non dico di più: c’è il segreto istruttorio». Daniele Fortini oggi parla con il Corriere della Sera, in attesa dell’audizione in commissione Ecomafie di domani, e torna a puntare il dito sull’assessora Paola Muraro e sul suo ruolo nel monnezzagate che sta investendo Roma. Il presidente di AMA racconta che alla Muraro propose di diventare dirigente ma a gennaio lei non partecipò al bando per la ricerca di un temporaneo in AMA e ricorda che se l’attuale assessora era a conoscenza di inadempienze avrebbe dovuto segnalarle alla procura, non tenersi un dossier da utilizzare in sua difesa.
Paola Muraro, l’AMA e le responsabilità della sindaca Raggi
Sono 14 le denunce presentate in Procura da Fortini, presidente dimissionario dell’Ama. Altre, dei giorni scorsi, riguardano il tritovagliatore di Rocca Cencia e il malfunzionamento degli impianti di Tmb (Trattamento meccanicobiologico). A far discutere, sul piano politico, c’è la consulenza decennale svolto all’Ama, municipalizzata romana dei rifiuti, dall’attuale assessora all’Ecologia Paola Muraro. Era responsabile del controllo ambientale dei quattro impianti di trattamento rifiuti di Ama, incluso quello di Rocca Cencia.Proseguono le indagini che riguardano Manlio Cerroni e i suoi più stretti collaboratori, sotto inchiesta per gli impianti Tmb: accuse di truffa e frode in pubbliche forniture. In tutto sono 7 gli indagati. E Repubblica oggi accusa la Muraro di un nuovo conflitto d’interessi: tra il 2010 e il 2012, senza rinunciare al ricco contratto stipulato con la municipalizzata del Campidoglio, Paola Muraro per la Bioman, la società per azioni di Mirano che per smaltire la frazione “umida” della spazzatura dei romani si è aggiudicata appalti per 39 milioni di euro prima nel 2013 insieme a un consorzio di imprese del Friuli Venezia Giulia, e nel 2016 da sola.
L’associazione di imprese in quell’occasione riusciva a sorpassare l’unica concorrente e ad assicurarsi tre dei quattro lotti in palio. Due riguardano Rocca Cencia, la stessa struttura di cui l’assessora Muraro si è occupata per Ama fino al 30 giugno scorso. L’affare, un colpo da 21 milioni di euro per due anni di “trasporto e recupero di rifiuti organici”, si concretizzava per lo stop imposto all’impianto di compostaggio di Maccarese da una serie di lavori di ristrutturazione. Nel 2016, invece, la Bioman ha deciso di correre da sola ed è stata l’unica azienda a presentare offerte per i 10 lotti in cui è stato risuddiviso il servizio.Così, lo scorso 25 maggio, sono state firmate le carte di un secondo affidamento da 18 milioni. Questa volta la criticità per cui i rifiuti di Roma sono stati trasportati al Nord è rappresentata da Rocca Cencia. Già il 18 giugno, ancora prima di essere nominata assessora, Paola Muraro affidava alla pagina del Movimento 5 Stelle di Roma un post sul progetto dell’ecodistretto di Rocca Cencia, già presentato nel 2015 in Regione e capace di compostare fino a 50mila tonnellate all’anno di “umido”: «Non ho mai partecipato alla sua progettazione, in quanto ho sempre manifestato forti perplessità sulla sua effettiva realizzazione in una località già caratterizzata dalla presenza di altri impianti».
I 14 dossier di Fortini
I 14 dossier di Fortini, spiega ancora Repubblica, riguardano le anomalie Ama accertate nel corso della gestione Fortini (iniziata il 27 gennaio 2014 e, probabilmente, da chiudere il prossimo 4 agosto). Corrado Zunino dettaglia il contenuto delle carte portate in procura, che parte dalle 1087 assunzioni dell’era Alemanno-Panzironi e passa per l’arresto di Manlio Cerroni, che, grazie all’interdittiva antimafia della prefetutra di Roma, non può più avere rapporti diretti con l’AMA. Fortini scopre che l’80% di acquisti e approvvigionamenti è realizzato senza gara e che il tritovagliatore di Rocca Cencia su cui Muraro ha la supervisione costa un milione a settimananonostante sia non riconosciuto dall’UE e utilizzata senza contratto. Cerroni però porta in giudizio AMA chiedendo 1,2 miliardi totali per Malagrotta nonostante i periti avevano stabilito la cifra da corrispondere in 105 milioni. Fortini ferma gli assegni e scopre che ude dei tre periti indipendenti del lodo arbitrale hanno lavorato per Cerroni. Ama vince il lodo arbitrale, e Cerroni muto. Un altro dossier è dedicato ai dirigenti assunti: solo il 25% dei 160 di AMA ha un curriculum all’altezza dei compiti assegnati: 41 allontanati per assenteismo erano stati assunti con la Parentopoli di Alemanno. Poi arriva in AMA come direttore generale l’ingegner Alessandro Filippi, distaccato da ACEA:
Quando vengono toccati gli uomini della destra, si scatena una battaglia politica orchestrata dal senatore Andrea Augello, allora Ncd. Forti pressioni arrivano dal deputato dei 5 Stelle Stefano Vignaroli, vicepresidente della commissione rifiuti. Inutili le richieste del commissario Tronca: il presidente Alberto Irace è irremovibile, tre mesi e Filippi torna da noi. Oltre a contribuire al licenziamento di inadeguati e assenteisti, cosa aveva fatto in Ama l’ingegnere? L’ultimo dossier in procura dice: «Per la prima volta nella storia di Ama i dirigenti hanno iniziato a firmare le richieste di acquisto, prima era tutto in mano al dg Giovanni Fiscon». Uno dei 37 arrestati per Mafia capitale. Ecco, il nome più evocato: la Mafia emersa a Roma nel dicembre 2014. Grazie a controlli esterni ordinati su appalti a campione, si certifica che tre partite su tre in Ama hanno gravi anomalie. Il noleggio dei 28mila cassonetti costa 50 milioni in quattro anni, con l’acquisto se ne sarebbero risparmiati venti. Per un appalto alla Coop Edera (altro frutto di Mafia capitale, il fondatore è indagato per turbativa d’asta) si spendono 800.000 euro: i rifiuti sanitari destinati a Ponte Malnome vengono caricati a mano, la macchina da mezzo milione di euro si è rotta e invece di ripararla si è preferita un’assegnazione più costosa.Sul fronte cooperative sociali, partono per la prima volta le gare: non partecipano solo Edera e la 29 giugno di Salvatore Buzzi, ma dieci imprese da tutta Italia. Risparmio netto: 6 milioni l’anno. «Prima di Filippi non c’era tracciabilità delle procedure», si legge sui dossier, «con l’ingegnere l’azienda nel 2015 ha risparmiato 41 milioni». Un altro esposto arriva per i riciclatori di carta e cartone: Ama pagava 1,4 milioni l’anno, ora ne incassa tre.
Due dei 14 dossier Fortini riguardano l’ex consulente (per 12 anni) Paola Muraro, militante grillina, oggi assessore. Per verificare il funzionamento dell’impianto di Rocca Cencia, sua responsabilità, l’ingegner Filippi chiede un parere a un esperto come Giuseppe Mininni del Cnr. La risposta è secca: gestito male. Il 31 giugno 2015 la Muraro è fuori dall’Ama. Oggi lei annuncia i suoi controdossier sui premi a Fortini (113.000 euro nel 2014) e i compensi all’avvocato Gianluigi Pellegrino (800.000 euro per il lodo Cerroni).
Il conflitto d’interessi della Muraro e il silenzio di Virginia Raggi
Ma è Sergio Rizzo, il giornalista più amato dai grillini (soprattutto da quelli romani…) ad affondare sul silenzio di Virginia Raggi. Sul Corriere di oggi Rizzo mette insieme qualche domanda e qualche osservazione piuttosto lampante:
– Con quali motivazioni il sindaco di Roma ha nominato assessore all’Ambiente una ex consulente ottimamente retribuita dall’Ama per 12 anni fino alle soglie del suo incarico politico, esponendo quella funzione al pericoloso rischio di un conflitto d’interessi?
– Quali modalità sono state seguite per la designazione?
– Qualcuno ha indicato il nome di Paola Muraro, e in tal caso chi?
E ancora: il 29 luglio l’assessora aveva pronunciato una frase sibillina: «Se non mi ero accorta che qualcosa non andava? Ho un mio dossier che tirerò fuori nel momento in cui me lo chiederanno». Ma quando Fabrizio Roncone le ha chiesto che cosa c’è dentro, lei ha risposto: «Non glielo dico». E quindi:
– Sono forse notizie riservate destinate ai magistrati?
– Perché allora dire pubblicamente «lo tirerò fuori nel momento in cui me lo chiederanno», visto che quel dossier dovrebbe essere già nelle mani dei giudici? Ma se invece non è così, perché allora non renderlo pubblico senza indugio, sapendo quali sospetti può evocare la parola dossier? Magari in diretta streaming, come per le accuse di inefficienza rivolte al presidente dell’Ama?
– Tanto rigorosi nel far rispettare le regole interne del Movimento, non hanno proprio niente da dire i membri del direttorio in un caso che proprio con quelle regole cozza in modo lampante?
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