Raggi di luna calante. Cronaca di una falsa partenza
La prova del nove per il M5S: il governo di Roma può essere l’inizio della fine
Quella sera del 19 giugno – giorno di S. Romualdo, guarda caso della nobile famiglia degli Onesti – Virginia Raggi era strafelice. Giustamente. Le ragioni del suo trionfo sono risultate chiare subito, un trionfo troppo largo per mettere in dubbio che i romani di lei si erano fidati. Non tutti, certo. In questi casi, non c’è che da aspettare. Come dicono a Roma: vedemo che sa fà. Ma quella notte la sua foto e le sue parole (“Tocca a noi”) fecero il giro del mondo. È certamente una svolta, per Roma e in parte per l’Italia: il Movimento 5 stelle ora è un partito di governo. Può essere un nuovo inizio, o l’inizio della sua fine.
E allora facciamo un punto provando a passare in rassegna un po’ di problemi, di criticità, di contraddizioni della giunta Raggi. Con la grande attenuante di non avere alle spalle – lei e il suo partito, il M5S – nessuna esperienza di governo, pure non si sfugge al dato di fatto di un mese sostanzialmente buttato via, di una partenza priva non solo di risultati ma anche di quel fondamentale clima – la famosa luna di miele – che contraddistingue sempre un nuovo governo e la popolazione.
Raggi ha impiegato un po’ troppo tempo a formare la giunta (a differenza della collega Appendino, per non dire di Roberto Giachetti che la sua lista l’aveva annunciata nel bel mezzo della campagna elettorale): prima c’è tutta la querelle su Davide Frongia, prima indicato come capo di gabinetto, poi nominato vicesindaco, e su Raffaele Marra, ex alemanniano, mentre saltava anche la nomina di Andrea Lo Cicero, il rugbysta autore di una infelice battuta sui “frocetti” e si creava un caso-Minenna, l’assessore al Bilancio.
Il contesto generale è quello di una lotta interna al M5S, in un complicato intreccio fra ambito nazionale e romano: e d’altra parte fin dall’inizio della storia il “tutoraggio” di Beppe Grillo e Davide Casaleggio non è certo mancato. Però mai così platealmente era emersa un vera guerra fra correnti, anche molto dura, che alla fine costringeva la pasionaria romana Roberta Lombardi a lasciare il “direttorio romano”, lei che sosteneva De Vito (ora presidente del consiglio comunale) e che la Raggi non ha amato mai.
Finalmente il 7 luglio la giunta è pronta e la sindaca si presenta nell’aula Giulio Cesare affasciata dal tricolore, emozionata ma determinata. Il discorso non è memorabile. piuttosto di quella seduta si ricorda la discutibile esibizione del figlio assiso sullo scranno della prima cittadina. Ne scrive sull’Unità Carmine Fotia in termini critici.
Arrivano i primi problemi concreti. Uno dei primi riguarda i topi (e ironizziamo anche noi). L’allarme è stato dato a Tor Bella Monaca.
La sindaca fa annunci sulla guerra ai ratti ma non nulla viene realizzato (e vedremo fra poco come il primo grande problema, quello dei rifiuti, rischia di essere una Caporetto). Intanto la giunta si riunisce, con scarsissimi risultati.
Pochi giorni dopo Giovanna Vitale, giornalista di Repubblica, pubblica un impressionante articolo sulla “parentopoli” a cinque stelle. E noi scriviamo questo “Gli amministratori grillini nominano parenti e amici perché non conoscono nessun altro: e così al V municipio di Roma il presidente Boccuzzi (bancario) nomina assessore il suo direttore di filiale (Emiliani)”.
Gli osservatori anche più imparziali cominciano a mordere il freno. L’esempio migliore è un articolo sul Corriere della Sera di Pierluigi Battista.
Siamo arrivati a pochi giorni fa. Mentre prendeva corpo il caso-rifiuti, Virginia infila tre gaffe:sulle maestre che avrebbe assunto lei; poi sulle auto blu; e infine sulla bugia detta ai romani, “non aumento le bollette Acea” semplicemente rinviando la stangata all’anno prossimo.
Ma – dicevamo – l’emergenza numero uno è quella dei rifiuti. Quando si viene a sapere che un deputato pentastellato, assieme all’attuale assessore all’ambiente della giunta Raggi, avrebbe sottoscritto un accordo con i vertici dell’Ama – la società del comune che gestisce i rifiuti – per affidare lo smaltimento di una parte dei rifiuti a una società privata, riconducibile all’avvocato Cerroni, noto per alcune vicende giudiziarie nella gestione della discarica di Malagrotta, Matteo Orfini attacca.
L’assessore all’ambiente Paola Muraro, ex consulente di Ama già al centro di una bufera politica, si fa notare anche per qualche bizzarria, come quando si preoccupa dei sacchetti di spazzatura che potrebbero nascondere “una bomba”, e noi sfottiamo un po’.
Sull’Unità, Claudia Fusani spiega per filo e per segno la situazione che si sta creando a Roma. Qualche giorno prima la stessa Fusani aveva riportato una frase pronunciata dalla senatrice Paola Taverna, altra donna forte del M5S a Roma: “La Raggi? Tanto prima cade e meglio è». Uno dei suoi interlocutori, il capogruppo leghista Gian Marco Centinaio – la scena si svolge alla buvette del Senato – strabuzza gli occhi: «Perché mai dici questo?» La senatrice risponde: “Vedrai che casini verranno fuori”. Frase smentita – un’inutile smentita, la cronista l’ha udita – ma che dà l’idea di un certo clima, come dire, non tranquillo.
Venerdì scorso Unità.tv ha chiesto alla cronista di Repubblica Federica Angeli, attentissima alle vicende romane a cavallo fra politica e giustizia, di spiegare quali possono essere gli sviluppi della storia dei rifiuti (VIDEO).
Ma risulta sempre più chiaro un caso-Muraro. L’attuale assessora è stata per anni una (ben pagata) consulente dell’Ama, quindi è una persona che ha precise responsabilità nella vicenda della mondezza romana. Scrive bene Sergio Rizzo sul Corriere della Sera: “Chiunque, in una storia del genere, vedrebbe l’ombra di un macroscopico conflitto d’interessi. Una superconsulente che ha condiviso per un tempo tanto lungo responsabilità aziendali importanti proprio nel periodo più disastroso per l’Ama si ritrova ora ad avere pieni poteri sulla stessa azienda. Difficile da considerare opportuna, una scelta del genere. Sarebbe quindi il caso di vederlo, quel dossier che Paola Muraro ha annunciato oggi di avere nei cassetti: per vedere se contiene elementi capaci almeno di dissipare quelle foschie”.
Ecco, questo è quanto. Quella di Virginia Raggi è stata una falsa partenza. Forse il compito che i romani le hanno assegnato è troppo improbo, per lei. Ma forse imparerà a governare. Roma aspetta, preoccupata.
Nessun commento:
Posta un commento