domenica 3 aprile 2016

La “Santa Alleanza” sfascista e l’attacco al governo

Politica
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L’obiettivo dell’asse M5S-Lega è quello di mandare a casa il governo Renzi: ma dopo che si fa?
 
Le convulsioni politiche di queste ore hanno comunque un merito: squadernano con definitiva chiarezza sceneggiatura e interpreti del big match che si sta disputando sul terreno della lotta politica in Italia.
Forse mai come adesso è chiaro che siamo entrati nella fase del grande attacco al governo, a Renzi, al Pd e a una certa idea dell’Italia che governo, Renzi e Pd hanno in testa. Siamo cioè entrati in una fase diversa, davanti a un’offensiva su tutti i fronti: e non deve stupire che a condurla sia quella specie di “Santa Alleanza”, come l’ha definita ieri il premier, in queste ore particolarmente imbaldanzita pur continuando con evidenza a difettare non solo di omogeneità – da Casaleggio a Brunetta, per dire – ma soprattutto di una proposta politica alternativa.
La “Santa Alleanza” peraltro sta infastidendo Berlusconi, che non è particolarmente attratto dalle isterie dei grillini né dagli argomenti lepenisti di Salvini; mentre risultano sempre più evidenti le affinità elettive di grillini e leghisti, accomunati da un identico istinto antiistituzionale e populista e da un medesimo obiettivo, che è appunto la fine del governo Renzi e la sconfitta del Pd. Ma dopo, che si fa?
Qui il buio diventa davvero pesto: giacché non è nell’ordine naturale delle cose ipotizzare un esecutivo Di Maio-Salvini, a meno che per davvero gli italiani non abbiano deciso di imboccare una strada “ungherese”, cioè antieuropea e intimamente illiberale.
Ma guardateli Di Maio e Salvini: si annusano e si piacciono. Il capo leghista va a manifestare sotto casa di Elsa Fornero – una iniziativa stile anni Venti, hanno fatto male a dargli il permesso – i grillini ogni tanto inciampano in candidature “dubbie” come ad Olbia, dove la candidata M5S è in odore di abuso edilizio, tipo Bagheria, tipo Quarto. Mentre il capocomico insulta e eccita gli animi dei suoi seguaci, facendo del social network un campo di battaglia per picchiatori verbali di ieri è di oggi, poi non può lamentarsi se becca una querela. Quindi Renzi fa il suo mestiere quando chiarisce i termini dello scontro riformisti-populisti anche perché rende chiara al suo partito la crucialità della fase, e questo sarà verosimilmente il tono del suo discorso alla direzione di domani pomeriggio. In questa situazione, c’è da chiedersi se la borghesia italiana, gli imprenditori (questo il senso della citazione-lode di Marchionne fatta dal premier) abbiano chiaro a sufficienza a quale rischi si potrebbe andare incontro. C’è da chiedersi se i lavoratori, pur con tutti i dubbi e le critiche e le giuste insofferenze non debbano fare il punto della situazione e decidere se l’Italia debba andare avanti – e farlo ancora meglio – sulla strada della modernizzazione e delle riforme o gettarsi nel vuoto.
Ma lo scontro sta qui. È cominciato con la grancassa di indagini, intercettazioni, audizioni di ministri, proseguirà con il referendum sulle trivelle e le amministrative e culminerà con il referendum istituzionale di ottobre, vero snodo della legislatura, e non solo.

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