A Roma 150mila euro di penali forse inesigibili. E tanti altri problemi nel codice previsto dai grillini della Capitale. Intanto a Torino mentre la Appendino nega spunta un codice molto simile e che prevede 120mila euro di multa. Ma il vero "problema" è la legge sui partiti
«Le sanzioni pecuniarie per chi dissente, proposte nel M5s, oltre a sfiorare il ridicolo credo che confermino l’ineludibile esigenza di procedere senza indugi a discutere e approvare una nuova legge sui partiti in attuazione dell’art. 49 della Costituzione»: il vicesegretario del Partito Democratico Lorenzo Guerini va all’attacco sulla storia dei codici e delle multe del MoVimento 5 Stelle per le candidature alle elezioni comunali. Una storia cominciata con Roma ma che comincia ad avere risvolti anche in altre parte d’Italia.
La storia dei codici e delle multe del MoVimento 5 Stelle
Tutto comincia a Roma, dove in seguito alla pubblicazione di un articolo sulla Stampa Roberta Lombardi conferma l’esistenza di uncodice di comportamento per i futuri candidati al Comune che li impegna nell’azione politica. Nel codice sono presenti diverse “stranezze”, come quella di sottoporre le proposte di atti di alta amministrazione e le questioni giuridicamente complesse al parere tecnico-legale a cura dello staff coordinato dai garanti del Movimento 5 Stelle o la pretesa che operino in coordinamento «con le indicazioni date dallo staff coordinato dai garanti»: formule rischiose nella loro generalizzazione e che forse vogliono prevenire quanto accaduto in altre realtà come Gela e Quarto, ma che da come sono scritte rischiano di essere male interpretate.
Così come pare criticabile la questione della costruzione di uno staff di comunicazione che però deve essere scelto dai capi politici del MoVimento e non dagli eletti né dai sindaci; curioso anche che si pretenda che degli eletti in un’elezione diretta si “coordinino” – e chissà cosa vuole dire la parola – con i responsabili della comunicazione del gruppo parlamentare, Silvia Virgulti e Rocco Casalino.
Poi c’è il capitolo sanzioni e impegni: si pretende che sindaci, assessori e consiglieri si dimettano se condannati in sede penale anche solo in primo grado. Immaginate adesso una situazione in cui un consigliere a 5 Stelle durante un dibattito politico si inalberi e diffami o magari insulti pesantemente un avversario politico: se quello lo denuncia, ben sapendo che non c’è l’immunità, rischia di doversi dimettere dalla carica per una condanna per un reato d’opinione (e non per una corruzione, ad esempio, fatto molto più grave). Sarebbe stato di certo meglio differenziare i reati e la gravità rispetto a questa regola manichea, anche perché denunce ed esposti sono all’ordine del giorno nella lotta politica e i 5 Stelle lo sanno benissimo. Poi c’è la questione del recall che apre altri problemi: perché un sindaco, che risponde al Consiglio comunale, dovrebbe dimettersi se 500 iscritti lo dichiarano inadempiente e una votazione on line lo conferma? È stato eletto dai cittadini, non dalla rete.
Infine c’è la questione dei centocinquantamila euro di multa: «Ciascun candidato si dichiara consapevole che la violazione di detti principi comporta l’impegno etico alle dimissioni dell’eletto dalla carica ricoperta e/o il ritiro dell’uso del simbolo e l’espulsione dal M5S e che pertanto a seguito di una eventuale violazione di quanto contenuto nel presente Codice, il M5S subirà un grave danno alla propria immagine,che in relazione all’importanza della competizione elettorale, si quantifica in almeno Euro 150.000. Il candidato accetta espressamente la predetta quantificazione del danno all’immagine che subirà il M5S in caso di violazioni dallo stesso poste in essere alle regole contenute nel presente codice e si impegna pertanto al versamento del predetto importo, non appena gli sia notificata formale contestazione a cura dello staff coordinato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, in favore di un Ente che opera a fini benefici, indicato nella contestazione stessa». Qui il problema è che se l’eletto si rifiuta di pagare sembra difficile adire in giudizio contro di lui perché il dissenso in generale è concepito in politica e un giudice difficilmente darebbe ragione ai grillini.
Le multe di Torino
Poi c’è la questione piemontese. A Torino “non useremo quel modello. Per fortuna il nostro territorio è autonomo”, aveva detto alla Stampa Chiara Appendino, candidato sindaco alle comunali del capoluogo piemontese per il Movimento 5 stelle, commentando il Codice Roma. “Torino uscirà venerdì con un bando pubblico per la ricerca degli assessori”, spiegava. “Un metodo coraggioso e innovativo, perché faremo conoscere agli elettori i nomi della Giunta prima del voto, a mano a mano che li avremo selezionati. Si tratta di una metodologia tanto banale, quanto disattesa dalla politica e dalla prassi dei partiti, che affidano le poltrone sulla base delle percentuali elettorali, con il manuale Cencelli”. “Stiamo ragionando a un codice etico, che uscirà insieme al bando”, aggiungeva. “Un impegno di fedeltà e condivisione del programma, sul modello di quello che sottoscrissi io nel 2011 quando mi candidai a consigliera comunale”. Su eventuali multe “non so ancora dare una risposta, ci confronteremo in assemblea a breve. Per quanto riguarda gli assessori non ha senso: il loro rapporto con il sindaco è fiduciario, è ovvio che se viene meno la fiducia non ha senso andare avanti. Il codice etico chiederà loro l’impegno a sottoscrivere il programma, non si fa nessun riferimento a sanzioni o a danni d’immagine”. Ma Repubblica ha invece pubblicato oggi un ritaglio da un codice di comportamento che prevede una multa di duemila euro per ogni mese di tradimento: 120mila euro in totale se l’eletto esce all’inizio del suo mandato.
Il codice è tra l’altro simile nella formulazione a quello di Garbagnate, sottoscritto nel 2012: vale ovviamente il ragionamento fatto sopra per quello di Roma. Ovvero che sarà difficile riscuotere.
Anche se c’è da sottolineare che questo tipo di provvedimenti non sono incostituzionali, come afferma Marco Plutino, costituzionalista, sull’Huffington Post. Plutino argomenta che qualsiasi tipo di sanzione andrebbe contro il principio del divieto di mandato imperativo, ma le norme di cui stiamo parlando non sono contemplate per onorevoli e senatori a 5 Stelle, come è facile verificare guardando ai regolamenti pubblicati. Queste norme riguardano candidati sindaci e aspiranti consiglieri regionali: nell’articolo che il pezzo di Plutina linka, ripreso dalla Stampa di oggi, è spiegato che riguardano le elezioni amministrative del 2016 a Roma e Torino. Ovvero, elezioni regionali e non politiche.
Mentre il fatto che queste si possano estendere ai consiglieri, come afferma alla fine dell’articolo, è un’ipotesi interessante che prima o poi qualche giudice verificherà (qui se ne parla). In ogni caso il codice di comportamento dei parlamentari europei grillini contiene questa norma, insieme a quelle sul recall già discusse sopra per i consiglieri e il sindaco:
Ciascun candidato del MoVimento 5 Stelle al Parlamento europeo, prima delle votazioni per le liste elettorali, dovrà sottoscrivere formalmente l’impegno al rispetto del presente codice di comportamento, con assunzione di specifico impegno a dimettersi da deputato sia in caso di condanna penale sia nell’ipotesi in cui venisse ritenuto gravemente inadempiente al rispetto del codice di comportamento e, in difetto, a versare l’importo di €250.000 al Comitato Promotore Elezioni Europee MoVimento 5 Stelle che lo devolverà ad ente benefico.
La legge sui partiti
Per Guerini “quella della multa pecuniaria, magari prevedendo anche una sorta di fideiussione sull’iscritto, e’ una stupidaggine. Ma, al di la’ di questo, credo che sia bene riaprire il confronto sulla quell’articolo. Il Pd aveva proposto di riformarlo, con un documento firmato da me, De Maria, Orfini e Stumpo, tutto il partito. Sarebbe bene riprendere da li'”. La proposta di legge prevede, fra l’altro, dei criteri che garantiscono la trasparenza del processo decisionale del soggetto politico, la presenza di uno statuto e il rispetto dei diritti della minoranza. Gli ultimi due, in articolari, concorrerebbero a lasciare il M5S fuori dal “perimetro dei partiti riconosciuti”. I Cinque Stelle, pero’, non sarebbero automaticamente esclusi dalle elezioni, ci tiene a precisare Guerini rispondendo a una domanda sul tema, “basterebbe prevedere piccoli aggiustamenti, come approvare lo statuto interno, che oggi non c’è”. Ovvero, proprio quello che si sottolineava qui in occasione dell’uscita di Danilo Toninelli sull’emendamento che prevedeva una multa di 200mila euro «per aver rifiutato i rimborsi elettorali» (secondo il parlamentare).
E cosa dice il comma 4 dell’articolo 9 della legge 6 luglio 2012?
La Commissione effettua il controllo di regolarita’ e di conformita’ alla legge del rendiconto di cui all’articolo 8 dellalegge 2 gennaio 1997, n. 2, come da ultimo modificato dal presente articolo, e dei relativi allegati, nonche’ di ottemperanza alle disposizioni di cui alla presente legge. A tal fine, entro il 15 giugno di ogni anno, i rappresentanti legali o i tesorieri deipartiti e dei movimenti politici, che abbiano conseguito almeno il 2 per cento dei voti validi espressi nelle elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati ovvero che abbiano almeno un rappresentante eletto alla Camera medesima o al Senato della Repubblica o al Parlamento europeo o in un consiglio regionale o nei consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano, sono tenuti a trasmettere alla Commissione il rendiconto e i relativi allegati previstidall’articolo 8 della legge 2 gennaio 1997, n. 2, come da ultimomodificato dal presente articolo, concernenti ciascun esercizio compreso, in tutto o in parte, nella legislatura dei predetti organi.Unitamente agli atti di cui al secondo periodo del presente comma,sono trasmessi alla Commissione la relazione contenente il giudizioespresso sul rendiconto dalla societa’ di revisione di cui al comma 1del presente articolo, nonche’ il verbale di approvazione delrendiconto medesimo da parte del competente organo del partito omovimento politico. In caso di partecipazione in forma aggregata aduna competizione elettorale mediante la presentazione di una listacomune di candidati, ciascun partito e movimento politico che abbiadepositato congiuntamente il contrassegno di lista e’ soggetto agliobblighi di cui al presente comma.
Ecco quindi che ci sono molti requisiti richiesti oltre all’iscrizione nel registro dei partiti, che è consultabile qui (Scelta Civica e Partito Democratico si sono iscritti soltanto di recente); tra questi c’è sicuramente il rendiconto e gli allegati con la relazione della società di revisione che deve controllare i bilanci e il verbale di approvazione del rendiconto da parte del partito o movimento politico. Ma c’è anche altro che andrebbe fatto notare sul tema. La multa da 200mila euro sembra proprio l’ultimo dei problemi del MoVimento 5 Stelle. Perché anche se l’emendamento non passasse la nuova legge per l’elezione della Camera dei deputati prevede che per partecipare alla competizione i partiti dovranno presentare al ministero dell’Interno il proprio statuto. Un contributo di Maria Romana Allegri, professoressa di diritto pubblico alla Sapienza, sulla rivista dell’AIC (Associazione Italiana Costituzionalisti) ricordava che la norma potrebbe riguardare anche il MoVimento 5 Stelle:
Questo perché, come scrive la professoressa Allegra il movimento si è dotato di un non-statuto pubblicato dal sito di Beppe Grillo e ha depositato anche un vero e proprio statuto datato 12 marzo 2013. Ci sono alcune incongruenze tra i due documenti: «Il non-statuto definisce il Movimento una non-associazione, mentre l’atto notarile la qualifica come associazione vera e propria, con sede legale. Secondo il non-statuto non è previsto il versamento di alcuna quota di adesione al Movimento, mentre lo statuto registrato fa riferimento a quote annuali versate dagli associati. Solo nello statuto si fa riferimento agli organi dell’associazione (Assemblea, Consiglio direttivo, Presidente), alle attribuzioni del Presidente e allo status dei soci (fondatori, ordinari, sostenitori)». Ma una cosa è certa, sostiene l’esperta, «ma quel che più conta rilevare in questa sede è che nessuno di questi – e nemmeno la loro somma – è rispondente ai criteri indicati nell’art. 3 del d. l. n. 149/2013».
Qui
Quindi già oggi, se l’interpretazione della legge è corretta (c’è un “di cui” che balla, quasi come nell’emendamento Carbone-Boccadutri illustrato da Toninelli) il MoVimento 5 Stelle non potrà partecipare alle prossime elezioni per la Camera dei deputati se non si doterà di uno statuto (di quello parla l’articolo 3 della 149/2013), di organi deliberativi e di commissioni di garanzia per gli iscritti. Le elezioni sono lontane, ma le procedure “creative” di espulsione sono sotto gli occhi di tutti. Non “serve” una legge.
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