sabato 30 gennaio 2016

Un Family day fin troppo vandeano dice no a tutto. E minaccia il governo

Diritti
Manifestanti espongono cartelli al Circo Massimo in occasione del Family Day, Roma, 30 gennaio 2016. ANSA/ MASSIMO PERCOSSI
Resta il problema di un cattolicesimo e di una Chiesa di nuovo bloccati su sessualità e diritti
Si è chiusa ieri una settimana di mobilitazione intorno alla possibile approvazione di una legge che regolamenta le unioni civili omosessuali. Il Family day del Circo Massimo, infatti, è arrivato pochi giorni dopo che i sostenitori del ddl Cirinnà avevano riempito – a sorpresa – le piazze di decine di città italiane. Nel pomeriggio di sabato è andato in scena il “no” alle unioni civili e al riconoscimento dei diritti per le persone dello stesso sesso; tanta gente come già avvenne nel giugno scorso (anche se molto al di sotto di quella annunciata con troppa sicumera dal palco, per altro l’area in parte non era agibile), ha detto a chiare lettere che l’amore fra due donne o due uomini “è sbagliato”, pure se dovesse passare la legge che ne delinea istituzionalmente diritti e doveri.
Insomma i fan del family day non sono venuti fino a Roma per una mediazione politica, nemmeno per quel “riconoscimento dei diritti di ciascuno su piani diversi secondo giustizia” cui aveva fatto riferimento perfino il cardinale Angelo Bagnasco; lo scopo era invece alzare una barricata in stile vandeano. Lo ha detto chiaramente Massimo Gandolfini, leader del Comitato “Difendiamo i nostri figli” che ha promosso la manifestazione. “Questo ddl Cirinnà – ha scandito dal palco – che non è accettabile dalla prima all’ultima parola, rende assolutamente necessaria un’operazione radicale: non si tratta di mettere a posto qualcosina per renderlo accettabile, non serve un’operazione di maquillage, deve essere totalmente respinto”.
Parole non solo retoriche e che non vanno sottovalutate; descrivono anzi bene, seppure in modo didascalico, la cultura di fondo che ha percorso tutta la mobilitazione contro la proposta sulle unioni civili. Gandolfini, di professione neurochirurgo, è stato vicepresidente di “Scienza e vita”, l’organismo la cui nascita fu favorita dal cardinale Camillo Ruini nel 2005 per dare una sponda politica alle crociate della conferenza episcopale in materia di etica e morale. Non solo: in qualità di esperto di bioetica, Gandolfini collabora con il pontificio ateneo Regina Apostolorum dei Legionari di Cristo, movimento già al centro di scandali e soprattutto fra i più conservatori della galassia cattolica di impronta latinoamericana.
Ma soprattutto il leader del Family day, è un neocatecumenale, l’organizzazione di cui è capo indiscusso Kiko Arguello. A quest’ultimo è stato chiesto dai vertici della Cei di non intervenire al raduno del Circo Massimo, in particolar modo dopo l’incidente capitato in occasione del precedente Family day. Arguello, infatti, nel giugno scorso divenne ‘famoso’ per aver spiegato come i femminicidi fossero, almeno in parte, pure colpa delle donne che smettevano di amare i mariti. E tuttavia è proprio sui neocatecumenali che hanno fatto affidamento quei settori militanti dell’episcopato, compresa una parte dei vertici, per mobilitare la piazza cattolica anti-Cirinnà. Si tratta di un cattolicesimo non solo integralista, ma costituitosi quasi come un’enclave a sé stante all’interno della Chiesa; a lungo l’eccessiva autonomia di questi movimenti in cui la fedeltà al ‘fondatore’ o al carisma rischia di prendere il sopravvento sulla fedeltà al Vangelo, è stata vista con sospetto sia in Vaticano che fa molti vescovi.
I tempi però cambiano, e ora le truppe neocatecumenali, ben organizzate, sono la nuova cavalleria del tradizionalismo cattolico, granitica, costruita su comunità chiuse, militanti. E non mancano di spregiudicatezza visto che lo stesso Gandolfini ha di fatto minacciato il premier (e nella sostanza l’intero governo) affermando che in caso di voto positivo al Senato sulle unioni civili, i partecipanti al Family day se ne sarebbero ricordati al momento di votare sul referendum costituzionale. Una mossa un po’ guascona, sintomo pure di un timore: che la legge alla fine trovi i numeri in Senato.
Tuttavia a colpire è soprattutto la tranquillità con cui si rivendica la discriminazione: l’omosessualità diventa, nelle ragioni del Family day, un marchio che riduce l’integrità e l’unicità della persona e quindi ne può limitare i diritti; una posizione che delinea nelle piazze opposte, certo col sorriso sulle labbra e i palloncini colorati, un essere umano ‘inferiore'; siamo ben oltre infatti il tema discusso dell’adozione del figlio del partner.
I movimenti cattolici omosessuali non scalfiscono l’agguerrita truppa del Circo Massimo indisponibile anche a dire sì a diritti civili elementari. E’ l’affermazione di un cattolicesimo vandeano, che rinuncia a rappresentare “la famiglia umana” di cui parlano gli ultimi pontefici, che si trova a disagio – non a caso – con i temi della misericordia, dell’accoglienza, degli “scartati”, al centro del pontificato di Francesco: Il Papa è certamente un difensore della famiglia, ma anche un riformatore della Chiesa e del cristianesimo. Per questo molti credenti sono in queste ore attoniti di fronte alla manifestazione di sabato.
Dalle parti del Circo Massimo, al contrario, si vuole fermare il tempo, la storia, chiudere le porte al dialogo con i laici e negare, in definitiva, l’esistenza di quelle altre piazze, quelle di sabato scorso, che chiedevano diritti elementari. E’ la società plurale il nemico principale di questo movimento, con la possibilità di far convivere soggetti diversi costruendo una rete originale di diritti e doveri. Non a caso riesce a fare facilmente sponda con la destra-destra, con chi insomma non vuole i ‘diversi’, qualsiasi aspetto abbiano. Resta il problema di un cattolicesimo e di una Chiesa di nuovo bloccati su sessualità e diritti, come già avvenne a metà degli anni ’70; il rilancio dell’integralismo ruiniano ha fatto balenare l’illusione che questa Maginot potesse essere invalicabile, ma le sentenze della magistratura hanno già sfrondato il sogno, e ora il mutamento politico in atto sta aprendo una fase nuova le cui conseguenze legislative sono solo questione di tempo.

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