Renzi e le banche affamano i Comuni. Parola del filosofo Beha
Nella caccia alle malefatte del governo, il Fatto s’imbatte “casualmente” nella “disperazione economica” dei sindaci
Le malefatte di Matteo Renzi ormai non si contano più, e riportarle tutte sta diventando faticoso persino per il Fatto, che al premier-mostro dedica ogni giorno una decina di pagine sgargianti: ma alcune meritano di essere sottolineate e ricordate, perché quando è troppo è troppo.
Sentite che cosa ha scoperto l’astuto Oliviero Beha: “Nei giorni scorsi casualmente ho saputo da amministratori locali di vario ordine e grado come l’abolizione delle tasse sulla prima casa abbia gettato i Comuni in un abisso di disperazione economica”. La chiave sta tutta in quel “casualmente”: Beha è un filosofo che segue la politica distrattamente, preso com’è dai suoi pensieri e dalle sue riflessioni sul destino dell’umanità, e soltanto per caso s’è imbattuto nella triste condizione dei nostri amministratori locali. Non di uno soltanto, ma – guarda un po’ il caso! – di molti, moltissimi, “di vario ordine e grado”. E tutti, indistintamente e convintamente, gli hanno confessato – per caso – di esser caduti a testa in giù “in un abisso di disperazione economica”. Naturalmente non è vero neanche di striscio, ma vogliamo stare al gioco.
Come fare per uscirne? Una soluzione ci sarebbe, spiega il filosofo, ma Renzi anche qui s’è messo di traverso: “Senza il credito delle banche, quelle stesse avvolte ormai da un maledettismo pare senza scampo, non riusciranno a pagare gli stipendi ai dipendenti”. Lasciamo stare il “maledettismo” dei banchieri-Rimbaud e restiamo alla sostanza: secondo il nostro pensatore, le banche non danno ai Comuni dissanguati dall’abolizione della Tasi i soldi necessari per gli stipendi. E’ un’affermazione completamente insensata. Ma Beha l’avrà senz’altro ripresa da molti banchieri “di ogni ordine e grado”. Incontrati “casualmente”, s’intende.
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