Se in Friuli i grillini si batton per tenersi il vitalizio
«Oltre ai rimborsi, i consiglieri M5S hanno depositato il 14 giugno scorso la rinuncia al conseguimento del diritto alla corresponsione dell’assegno vitalizio. Questo comporterà un notevole risparmio per le casse della Regione, quantificabile in un 25 per cento delle indennità dovute agli oneri figurativi per la maturazione del diritto vitalizio. Si tratta di circa 150 mila euro all’anno per i cinque consiglieri del MoVimento 5 Stelle». Così è solennemente scritto nella sezione del Blog di Beppe Grillo dedicata agli onorevoli cittadini dell’ultima regione andata al voto nel Nord Italia: il Friuli Venezia Giulia. Un’amministrazione vinta, al fotofinish, dal Pd di Debora Serracchiani con uno 0,4% di stacco dal piediellino Renzo Tondo: una sfida in cui il M5S – nonostante le mirabolanti promesse anti-Casta – ha ottenuto un poco onorevole terzo posto precipitando di otto punti rispetto alle precedenti politiche in cui, col 27%, si era classificato come primo partito superando di tre punti il Pd.
Eppure, a distanza di appena due mesi dall’insediamento ufficiale, i grillini sembrano aver cambiato idea: vuoi per la paura di restare esclusi alla prossima tornata elettorale, vuoi per la necessità di farsi un fondo pensione in questo periodo di precarietà economica (del resto mica tutti hanno, come Grillo, una villa in Toscana da affittare a 14mila euro a settimana), vuoi per il famoso detto secondo cui – una volta che ci sei entrato – “il sistema o ti distrugge o ti compra”. Vuoi per tutte queste cose i nipotini di Beppe devono aver pensato che il vitalizio non era poi un’idea così sbagliata. Ed è così che – come riporta il quotidiano Il Piccolo – la capogruppo grillina in consiglio regionale Elena Bianchi ha fatto in commissione una proposta che ha fatto fare a tutti «tutti un balzo sulla sedia»: reintroduciamolo. Un’idea che ha trovato la netta contrarietà del PdL e della Serracchiani, che hanno fatto della sua abolizione uno dei cavalli di battaglia della suacampagna elettorale. Ma come? Da quando in qua esponenti del PdL e del «Pdmenoelle», simboli di quella nauseabonda partitocrazia cadaverica che si regge solo a suon di soldi pubblici, sono più disposti dei grillini a rinunciare a un privilegio? Cosa è successo? Si è forse rovesciato il mondo ed è arrivata “Gaia” con 41 anni di anticipo rispetto al Casaleggio-pensiero (che predice la nascita di un governo globale il 14 agosto 2054)?
Pare di no. La ragione, secondo i grillini, è un’altra: il vitalizio non sarebbe un privilegio. Già perché, dopo l’ultima riforma dell’amministrazione Tondo (l’odiato rivale pidiellino), il vitalizio per i consiglieri è stabilito in base al sistema contributivo dettato dai normali parametri Inps: se prima si prendevano 2.048 euro lordi a partire dai 60 anni oggi, semmai, se ne prenderebbero 805 a partire dai 66. Ergo, secondo i grillini, i consiglieri sono già di fatto equiparati ai normali lavoratoriautonomi o dipendenti…no, un attimo, qualcosa non torna. Perché mai un normale contribuente ha accesso alla pensione solo dopo 42 lunghi anni di contributi mentre un consigliere regionale la matura dopo appena cinque anni di legislatura (con una sola seduta di media a settimana)? Non è forse già questa disuguaglianza un grande privilegio?
Insomma proprio come la Lega dei primi tempi, pare proprio che anche i grillini di governo siano ben più morbidi di quelli di lotta. Del resto, come dicono a Roma, «chi nun suda da giovine, digiuna da vecchio». A meno che, ovviamente, da giovane non abbia fatto politica.
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