“Ora basta. Tenetevi pronti a tutto. Noi andiamo avanti e non ci faremo bloccare dai ricatti”. Adesso il gioco si fa duro davvero. L’umore di Silvio Berlusconi è nero come il cielo di Arcore. È da Villa San Martino che l’ex premier stressa i telefoni. Contatta personalmente parlamentari e dirigenti in vista della conta al Consiglio nazionale: “State pronti a tutto sia sul partito sia sul governo” ripete a ognuno. Perché il rapporto con Alfano si è rotto. Quello politico. Ma anche quello umano.

Angelino gli ha sbattuto in faccia una frase che brucia più di uno schiaffo: “Io questo governo non lo farò cadere mai, neanche dopo la decadenza”. Quella frase ha sancito la fine tra i due. Non è un caso che nell’inner circle dell’ex premier in molti facciano un paragone da brivido. Con quella volta che Berlusconi, due giorni prima del “che fai mi cacci?”, chiese a Fini di fare qualcosa sulla giustizia “in nome della nostra amicizia”. E Fini gli rispose che “in politica l’amicizia non esiste”. Fu la fine. Ora il remake con Alfano, sulla decadenza.
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Ecco perché il Cavaliere, in versione falco dei falchi, ha cominciato a preparare la prova muscolare. Ha cominciato a mettere la testa sulla strategia per gestire l’ultima settimana prima del consiglio nazionale: “Io non lo caccio – ripete – è lui che se ne va”. L’ex premier punta a far apparire Alfano come un “traditore”. La manovra di Berlusconi è tutta incentrata sul rilancio di Forza Italia, sull’orgoglio di una storia e di una comunità umana e politica. Angelino lo sa. E non è un caso che ha già iniziato a preparare le contromosse. Il vicepremier punta invece a far apparire Berlusconi come un “irresponsabile” sul governo. E punta sulla crisi e sulla mancanza di alternative all’esecutivo Letta.

Per la prima volta tra i due il duello è all’arma bianca. Per la prima volta l’uno cerca di “nascondere” le proprie mosse all’altro. E per la prima volta le strategie comunicative sono destinate a scontrarsi platealmente. Perché Alfano sta preparando “un’uscita forte” a difesa del governo. Una specie di appello alla responsabilità che mascheri il flop del governo Letta sull’aumento delle tasse.
Berlusconi pure sta preparando un appello che suoni come un ultimatum ad Alfano in vista del rilancio di Forza Italia all’insegna dei “valori che ci accomunano”. Con l’obiettivo di farlo apparire come colui che divide nel momento più difficile. E come colui che mente. È questa la parola che Berlusconi ha iniziato a ripetere in queste ore parlando del suo ex delfino: “menzogna”.

È l’aspetto di Angelino che lo ha ferito di più. Così come lo ha letteralmente fatto infuriare che Alfano spifferi in giro che a villa Gernetto andrà in scena la grande rottamazione del Pdl e il casting di facce nuove: “Io non rottamo, io allargo e unisco” è il messaggio che l’ex premier fa filtrare da Arcore. È creare un movimento del “51 per cento” lo slogan: per farlo si deve “allargare non rottamare”. E a villa Gernetto prosegue, come tutti i lunedì, il fundraising con gli imprenditori, il confronto con quei mondi che più volte Berlusconi ha coinvolto nell’Università della libertà. Il nuovo progetto organizzativo prevede che il partito si apra, non che sia rottamato. Ai dirigenti è chiesto di “rimettersi in sintonia con la società civile” e di non apparire come nell’era Alfano il partito delle tessere e degli scandali (vai alla voce: Fiorito).

E prevede che Forza Italia faccia della riduzione delle tasse più che della giustizia il suo messaggio asfissiante. Anche perché Berlusconi ha fiutato che quel governo Letta che Alfano santifica ha iniziato a perdere punti nelle ultime settimane, da quando cioè si è iniziato a parlare di legge di stabilità: “L’umore del paese è cambiato rispetto a due mesi fa – dicono a Euromedia Research – perché il governo dà l’idea del galleggiamento e non di una visione a lungo temine. In particolare sul rapporto tra tasse e servizi”.

Eccola, la macchina della scissione che corre spedita. Tanto che nella war room del Cavaliere la previsione è che la rottura vera si consumerà prima del consiglio nazionale. E che in quella sede gli alfaniani non si presenteranno neppure.
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