“Penso che Berlusconi farà soprattutto attenzione ai propri interessi e quindi prenderà una decisione in tal senso, cercando di non creare problemi alle sue aziende. Non so se ci sarà la scissione, non penso sia importante, tanto non credo che il governo cadrà, perché se dovesse cadere per Berlusconi sarebbe un danno…magari ci sarà un rimpasto. In questo paese siamo come ai tempi dei Viceré: non ci sarà mai una scossa così tragica da risultare epocale, è un paese che va avanti con l’olio, tutto viene mediato, la destre diventa sinistra e viceversa. Non succederà nulla, anche se cadrà il governo dopo due giorni ne faranno un altro simile”. Il regista Roberto Faenza risponde alle domande dell’Huffpost alla vigilia del Consiglio Nazionale del Pdl, un momento cruciale per il partito dell’ex-premier che rischia la scissione. Faenza, nel 2011, ha girato una sorta di autobiografia non autorizzata di Berlusconi intitolata Silvio Forever, scritta da Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella.
Quando gli chiediamo di dare uno sguardo anche dall’altra parte, in casa Pd, le cose non sembrano andare molto meglio…”Io non vorrei essere Renzi in questo momento, se verrà eletto avrà il 50% del partito contro. La sua unica salvezza sarebbe andare immediatamente al governo, ma non sarà così facile. Trovarsi dentro ad un partito che gli è fondamentalmente ostile, anche se lo lascerà vincere le primarie, sarà un bel problema”.
In questi giorni il cineasta torinese è stato impegnato come giurato per le opere prime e seconde al Festival del Cinema di Roma ed è stato coinvolto in un’interessante iniziativa rivolta ai giovani registi intitolata Cupidity, presentata ieri allo Spazio Auditorium Arte - Rai Movie.
In cosa consiste Cupidity?
L’iniziativa nasce dalla multinazionale Unilever che ha cominciato a produrre dei cortometraggi un paio d’anni fa, l’edizione passata ad esempio è stata affidata alla società di produzione di Ridley Scott. Lo scopo è quello di alimentare la creatività e lanciare nuovi giovani registi e ovviamente farsi pubblicità. Quest’anno hanno deciso di proporre la stessa iniziativa anche in Italia e mi hanno contattato, per me è una cosa molto interessante visto il lavoro che faccio alla Sapienza con il portale Cinemonitor…è un modo per far emergere nuovi talenti. Proprio in questi giorni abbiamo elaborato alla Sapienza un dato molto curioso: sparse per il paese ci sono ben 858 rassegne cinematografiche, mentre gli aspiranti registi sono circa 25.200. Io chiamo questa enorme massa di creatività “popolo senza terra”, nel senso che non c’è un luogo dove questi aspiranti filmmaker possano ospitare la loro creatività perché queste rassegna sono per lo più molto piccole e servono a poco. Se fossimo in un paese con una vera televisione pubblica, gran parte di questo popolo troverebbe spazio lì, come succede in Francia, Germania e soprattutto in America. Purtroppo noi abbiamo una televisione, diceva Montanelli, dove i dirigenti andrebbero puniti non per quello che fanno, ma per quello che non fanno. Cupidity è una goccia nell’oceano, ma è un modo per dare visibilità a questi giovani talenti.
Come si partecipa?
C’è un bando online che spiega tutto, bisogna consegnare una sceneggiatura attenendosi ad alcuni parametri prestabiliti sul tema “giovani, amore, estate”. I cortometraggi scelti saranno 3 e Unilever mette a disposizione un budget per la loro produzione. L’unico lato negativo di tutta questa operazione è che ci pensi una multinazionale, invece della nostra industria cinematografica o lo Stato…non si fa quasi niente in questo campo in Italia, la voce sviluppo e ricerca da noi non esiste. Se non ricordo male Ferragamo adesso produce delle web series (Walking Stories, regia di Luca Guadagnino, n.d.r.), nel senso che sono le aziende ad andare incontro ad un mondo giovanile totalmente isolato dall’industria del settore, cioè l’industria audiovisiva.
Dove si potranno vedere i corti prodotti?
Lo scorso anno la Unilever ha presentato i lavori al Festival di Cannes e pensiamo che lo faranno anche quest’anno, e poi c’è il web che sta andando molto bene, i corti degli anni passati, prodotti in varie parti del mondo, hanno totalizzato più di 40 milioni di visualizzazioni. Spero che riusciremo a mantenere una qualità alta come quella delle scorse edizioni.
Ma le condizioni del cinema italiano, che negli ultimi anni fa fatica ad affermarsi in un panorama internazionale, dipendono solo dalla mancanza di fondi o anche dalla mancanza di idee?
Le dico solo che in Francia si investono nell’audiovisivo mille milioni di euro l’anno e circa il 5% è investito proprio in sviluppo e ricerca, quindi nel promuovere le giovani leve. Da noi, se non mi sbaglio, il ministero investe nei cortometraggi – che non sono dedicati solo ai giovani, ma a tutti – non più di 300mila euro l’anno. Io non credo che non ci sia qualità in Italia, anzi facendo parte della giuria delle opere prime al Festival di Roma ho visto che ci sono tante cose interessanti in giro, sicuramente non meno interessanti di altre cinematografie. La differenza con gli altri paesi è che da noi la maggior parte dei finanziamenti per fare un film arrivano dall’apparato pubblico, da Rai Cinema, Medusa non produce quasi più nulla e qualche americano, tipo la Warner, fa soprattutto commedie. Questo significa che per quanto illuminata, Rai Cinema è sempre un’istituzione pubblica, quindi è difficile che un’opera coraggiosa e controcorrente possa passare le maglie del “pubblico”. Quando due anni, ad esempio, abbiamo lanciato il documentario su Berlusconi Silvio Forever, la Rai non ha mandato in onda lo spot. Come può un giovane regista portare in Rai un’opera veramente polemica e fuori dal coro? Da noi non mancano i talenti, mancano gli spazi di coraggio.
A proposito di Silvio Forever, lei in passato ha denunciato la difficoltà di reperimento di materiale d’archivio sia a Mediaset che in Rai…
Mediaset non consente neanche di avvicinarsi e secondo me è una cosa molto grave: è vero che è un’azienda privata, però agisce con una concessione che viene data dall’apparato pubblico, quindi ci dovrebbe essere uno spazio pubblico. Il fatto che Mediaset non apra il proprio archivio ai ricercatori è una cosa secondo me neanche tanto lecita…l’informazione non può essere una cosa privata, è la memoria del paese. In rai alla fine siamo riusciti a recuperare quello che ci serviva, ma sono molto cauti.
Cupidity parla ai giovani, ma in un paese che ha voltato le spalle alle nuove generazioni e alla cultura, che sbocchi possono esserci? Si può pensare oggi in Italia di diventare registi, musicisti, scrittori e riuscire a vivere del proprio mestiere?
In questo momento la situazione è durissima, soprattutto per la mancanza di trasparenza. Le faccio un esempio: due anni fa ho fatto un film negli Stati Uniti e ho portato con me tre miei laureati molto in gamba che da due anni mandavano in giro per tutta Italia i loro curricula senza mai ricevere una risposta. Dopo aver lavorato per 3 mesi in America con noi come volontari si sono fatti ben volere e sono rimasti lì a lavorare, due sono a New York e uno a Los Angeles. In questo momento le persone più capaci se ne vanno dall’Italia, hanno capito che qui se non fai parte di una gang non passi…non conta niente che tu sia bravo, devi essere uno della gang.