venerdì 7 luglio 2017

Il silenzio di Appendino sui finanziatori della campagna elettorale

Un dossier dei Radicali torinesi mette in fila tutti i problemi della Giunta M5s a un anno dall'insediamento. Dalla scarsa trasparenza in materia di spese ai fatti di piazza San Carlo: le critiche alla sindaca.

             
Quanto è costata la campagna elettorale di Chiara Appendino, da un anno sindaco di Torino? Se lo domandano i Radicali torinesi che il 5 luglio hanno presentato un dossier sui 365 giorni del primo cittadino del Movimento 5 stelle, con una premessa: «I Radicali non si uniscono al coro di chi chiede le dimissioni della sindaca e della sua Giunta, ma hanno raccolto alcune delle principali criticità venute alla luce in questo primo anno». In 16 "mosse" Silvio Viale, consigliere comunale nella precedente Giunta di Piero Fassino, Igor Boni, Direzione nazionale Radicali Italiani, l'avvocato Alberto Ventrini e Silvja Manzi, coordinatrice Associazione radicale, Adelaide Aglietta, demoliscono la Giunta pentastellata, non solo per i fatti di piazza San Carlo durante la finale di Champions League, ma soprattutto per la gestione amministrativa, «dalla mancanza di visione di una Torino degli anni futuri all’assurdità della delibera anti-alcolici».
«POTERI FORTI NON OSTILI». Nelle 14 pagine si evidenzia come «in questi primi 12 mesi, quantomeno fino ai fatti di Piazza San Carlo, la sindaca grillina e la sua Giunta hanno goduto di una relativa tranquillità, anche mediatica, dovuta in primo luogo a una certa simpatia, o perlomeno non ostilità, da parte dei media locali e nazionali e dei cosiddetti "poteri forti" (che da consigliera, o in campagna elettorale, Appendino si proponeva di combattere), per incapacità delle opposizioni e, infine, perché l’operato a Torino è stato certamente oscurato dai disastri che l’omologa Virginia Raggi sta perpetrando sulla città di Roma».
Uno dei punti più controversi è quello legato alle spese sostenute in campagna elettorale. A seguito di un accesso agli atti, Aglietta ha avuto a disposizione i rendiconti dei due sfidanti al ballottaggio, Fassino e appunto Appendino. «E dal rendiconto della vincitrice», si legge nel dossier, «risulta del tutto mancante l’allegazione dei conti correnti bancari ed eventualmente postali utilizzati». La Legge 515/93 «impone che la raccolta fondi di un candidato, per il finanziamento della propria campagna elettorale, avvenga esclusivamente tramite un mandatario elettorale (art. 7 c. 3) e che il mandatario registri tutte le operazioni relative alla campagna elettorale del candidato designante avvalendosi di un unico conto corrente bancario, ed eventualmente anche di un unico conto corrente postale, nella cui intestazione deve essere specificato che il titolare agisce in veste di mandatario elettorale di un candidato nominativamente indicato (art. 7 c. 4)», si legge.
NESSUNA RISPOSTA. In nessuna delle forme di propaganda elettorale (social, manifesti, volantini ecc.) «è mai comparso il conto corrente elettorale sui cui, in via esclusiva, si sarebbero dovuti raccogliere i finanziamenti. E Appendino, nel suo rendiconto, ha sostenuto di aver speso per la sua campagna elettorale solo 895 euro. Vista la mole di pubblicità che ha rivestito la città – e i mezzi pubblici in particolare – nei giorni tra il primo e il secondo turno elettorale è lecito porsi qualche domanda». I Radicali hanno chiesto spiegazioni, ma non ne hanno avute. «Riteniamo invece che sarebbe importante sapere anche per la Sindaca, come hanno fatto gli altri candidati Sindaco, chi ha finanziato la campagna e come sono stati spesi quei soldi».
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Calca in Piazza San Carlo a Torino: Appendino indagata
Nel documento, c'è anche uno spazio dedicato alla sicurezza in città. «Appendino in campagna elettorale si era impegnata con i rappresentanti della polizia locale di Torino per una riorganizzazione del Corpo che avrebbe dovuto rilanciare alcuni nuclei specialistici nel contrasto ad abusivismo e criminalità». Ma «durante questo primo anno da sindaco con le deleghe alla Sicurezza non ha mai visitato né il Comando di via Bologna né alcuna delle sezioni territoriali. Non vi è stato alcun confronto costruttivo con gli operatori di polizia locale, alcuni nuclei (ad esempio i Servizi mirati che contrastano la micro-criminalità ed effettuano quotidianamente servizi anti-borseggio) sono stati smembrati o ridotti del 50%».
CRITICHE SUI FATTI DI PIAZZA SAN CARLO. E ancora, in relazione ai fatti di piazza San Carlo: «Era totalmente assente – e qui sta una responsabilità politica importante – una indispensabile catena di comando che potesse gestire l’emergenza. Infine, si apprende dalla stampa che non è stata stipulata alcuna assicurazione specifica per la serata della finale della Champions League, diversamente da altre occasioni. Nuovamente il Comune torna a scaricare la colpa su "Turismo Torino", organismo organizzatore e partecipata del Comune che avrebbe avuto il compito di stipulare un’assicurazione ad hoc. E ora sui conti già fragili della città potrebbe cadere la mannaia di centinaia e centinaia di risarcimenti danni».

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