Ospedali senza medici, ma i giovani laureati sono costretti alla fuga
Anche quest‘anno quasi diecimila giovani medici resteranno fuori dalle scuole di specializzazione, costretti ad andare all’estero o a cambiare mestiere. Mentre nei nostri ospedali i pochi specialisti sono costretti a turni massacranti
5 Luglio 2017 - 11:50
I pronto soccorso sono allo stremo. I tempi di attesa massimi non vengono rispettati per mancanza di personale. Gli ospedali lamentano la carenza di specialisti. Eppure anche quest’anno circa diecimila giovani laureati in medicina verranno esclusi dalla formazione specialistica e non potranno lavorare. E più di un migliaio faranno le valigie e andranno a lavorare all’estero. Con uno spreco enorme di denaro, visto che per formare un medico spendiamo circa 150mila euro di soldi pubblici.
Il ministero dell’Istruzione a metà maggio ha fatto sapere che il bando del concorso di ammissione alle specializzazioni per il 2017/2018 è stato rinviato. Con buona pace di chi aveva rinunciato già a un lavoro estivo. Bisognerà quindi aspettare la fine del mese di luglio o l’inizio di agosto per vedere qualcosa. E le prove saranno rimandate a ottobre. Con la conseguenza che aumenterà il numero dei candidati, che potrebbe arrivare – secondo il sindacato sanitario Anaao – anche a 16-17mila unità, per una stima di circa 7.700 posti disponibili, di cui circa 1.100 borse regionali destinate alla medicina generale. A conti fatti, oltre 9mila giovani medici, cioè quasi due su tre, saranno tagliati fuori da qualsiasi possibilità di formazione post laurea, bloccati in un “imbuto formativo”. E nelle scuole di specializzazione più ambite, dove il numero di partecipanti è maggiore, questo rapporto è destinato a essere ancora più alto. Mentre dalle regioni si chiede maggiore personale e gli ospedali soffrono la carenza di professionisti.
Il fenomeno peggiora di anno in anno. Oltre ai neolaureati in medicina e chirurgia, 7.882 nel 2016 secondo i dati di Almalaurea, al concorso accedono i laureati di diverse sessioni a cavallo di due anni accademici diversi e anche tutti i medici abilitati che negli ultimi due o tre anni sono rimasti fuori dai concorsi. Nel 2016, per 6.133 posti per la specializzazione e circa 300 contratti regionali, i candidati erano 12mila, il doppio. Gli attuali 64mila studenti di medicina come media avranno a disposizione 38.178 posti in specialità in sei anni a partire dal 2016. Secondo una stima dell’Anaao, quindi oltre 28mila medici senza specializzazione saranno costretti a espatriare o a cambiare mestiere nei prossimi anni. Con casi limite come quello di Matera, dove nonostante 14 posti vuoti, ai concorsi non si presenta nessuno.
Dopo aver passato il test di ingresso al corso di laurea, fatto una sessantina d’esami e l’esame di Stato, arrivi alla specializzazione e ti dicono: “C’è posto solo per la metà di voi, gli altri possono emigrare”. Tra chi esce dal sistema per ragioni d’età e chi si specializza c’è una differenza di 7-800 medici l’anno
«È assurdo che ci siano migliaia di medici che non possono proseguire la formazione e quindi non possono lavorare», dice Giorgio Raho, giovane medico pugliese, animatore della pagina Facebook “Riforma la medicina”, che nel 2015 propose all’allora ministro Maria Chiara Carrozza una proposta di riforma della laurea e del percorso post laurea. Poi il governo cadde e non se ne fece più niente. «Dopo aver passato il test di ingresso al corso di laurea, fatto una sessantina d’esami e l’esame di Stato, arrivi alla specializzazione e ti dicono: “C’è posto solo per la metà di voi, gli altri possono emigrare”». La pagina Facebook “Doctors in fuga” conta oltre 28.500 membri. Le richieste di consigli e aiuto dei giovani medici italini per trasferirsi altrove sono all’ordine del giorno.
Tutto questo mentre nei nostri ospedali, tra blocco del turn over e i bilanci regionali contingentati, l’età media cresce ben oltre i 50 anni. E soprattutto nei reparti chirurgici e di medicina interna, si arriva a casi di 15 giorni di lavoro consecutivo, senza straordinari e notti pagate. Con conseguenze devastanti, come abbiamo più volte raccontato, sullo stato psicofisico degli operatori sanitari.
L’ex ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha ridotto di un anno il percorso della formazione specialistica, aumentando di circa mille unità il numero delle borse di studio a disposizione nelle scuole di specializzazione tagliato in precedenza. Eppure i posti non bastano a coprire il fabbisogno regionale.
E le cose andranno peggiorando. Secondo le previsioni dell’Anaao, nei prossimi dieci anni 47.248 medici dipendenti andranno in pensione senza essere del tutto rimpiazzati. Ed entro il 2023, 21.700 medici di medicina generale si ritireranno. Già oggi, tra chi esce dal sistema per ragioni d’età e chi si specializza c’è una differenza di 7-800 medici l’anno. Per fare un esempio, ogni anno vanno in pensione circa 650 pediatri, ma dalle scuole di specializzazione ne escono circa 300. Tra gli anestesisti, 800-900 vanno in pensione ogni anno, ma solo 550 si specializzano. Lasciando posti scoperti negli ospedali e nelle Asl.
E non perché in Italia non ci siano medici. Le stime sulla disoccupazione tra i camici bianchi si aggirano tra le 10mila e le 16mila unità. Molti neolaureati restano alla porta, senza potersi specializzare, dividendosi tra i turni in guardia medica e le case di riposo. L’alternativa è andare all’estero. Nel 2014, 2.363 medici hanno fatto domanda per fuori dall’Italia, con un aumento del 600% in soli cinque anni. Circa un migliaio alla fine parte, andando a occupare le corsie di ospedali stranieri. Mentre da noi i reparti si svuotano. E i nostri medici, per coprire le carenze d’organico, fanno i doppi turni e si ammalano di burnout.
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