La perquisizione in casa di Marco Lillo per Consip
È in corso una perquisizione nell’abitazione romana del giornalista del Fatto Quotidiano Marco Lillo in merito alla fuga di notizie sul caso Consip. Lo scrive l’agenzia di stampa ANSA. La perquisizione, effettuata dalla Guardia di Finanza, sarebbe stata disposta dalla Procura di Napoli dopo la denuncia dell’imprenditore Alfredo Romeo. A quanto risulta, sarebbero stati sequestrati al giornalista anche il computer e i telefoni cellulari. Si cercano atti e messaggi whatsapp che potrebbero far parte della fuga di notizie. Le perquisizioni riguardano anche la sede romana del Fatto e quella di Grafica Veneta, casa editrice del libro che il giornalista ha scritto sul caso Consip.
L’inchiesta per violazione del segreto d’ufficio, seguita dal procuratore aggiunto Alfonso D’Avino e dal PM Graziella Arlomede, parte da una denuncia-querela di Romeo e riguarda la pubblicazione di Di padre in figlio, il libro di Lillo sull’affare Consip. Lillo non è indagato nella vicenda. Scrive il Fatto Quotidiano che si indaga contro ignoti, ovvero “un pubblico ufficiale al momento non identificato che, avvalendosi illegittimamente di notizie non comunicabili in quanto coperte dal segreto investigativo, riferibili ad atti depositati presso l’Autorità Giudiziaria di Napoli, le abbia indebitamente propalate all’esterno”. Lillo è indagato per pubblicazione arbitraria di atti nella vicenda che vede coinvolti anche il magistrato Henry John Woodcock e la giornalista Federica Sciarelli.
La perquisizione sarebbe dovuta alla pubblicazione di un’informativa del Noe del 9 gennaio e di una successiva di febbraio insieme ad altri atti dell’inchiesta come l’intercettazione telefonica tra padre e figlio, Tiziano e Matteo Renzi. “Non abbiamo denunciato Marco Lillo, ma ci siamo rivolti alla procura chiedendo di verificare se all’origine delle notizie contenute nel libro ‘Di padre in figlio’ vi possano essere stati dei reati, come la violazione del segreto d’ufficio o altri”, dice però l’avvocato Giovanbattista Vignola, che assiste insieme ai colleghi Francesco Carotenuto e Alfredo Sorge l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo, spiegando all’ANSA il senso dell’iniziativa che ha portato alla perquisizione di oggi in casa del giornalista, non indagato. “La nostra segnalazione, successiva alla pubblicazione del libro, partiva da un ragionamento: la difesa di Romeo intendeva presentare una querela per diffamazione per il contenuto del libro, ma questa sarebbe stata ‘cestinata’ in base all’esimente del diritto di cronaca. Tuttavia se all’origine della pubblicazione vi fossero stati dei reati, ciò avrebbe potuto legittimare la nostra querela”, conclude Vignola.
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