Nel verbale della deputata dell'Assemblea Regionale Siciliana La Rocca c'è il resoconto della notte delle firme copiate nella allora sede di via Sampolo del M5S di Palermo
«Cari tutti, nessuno fino ad oggi era a conoscenza delle mie dichiarazioni ai PM, ai quali ho detto solo ciò che ricordavo dopo 4 anni e mezzo dal fatto, ma visto che il verbale è stato reso pubblico (preciso, non da me) rompo il silenzio»: comincia così un lunghissimo post che Claudia La Rocca, che ha collaborato con i pubblici ministeri nell’inchiesta sulle firme false a Palermo, ha scritto poche ore fa su Facebook. La Rocca si riferisce a un articolo di Livesicilia in cui si racconta cosa c’è scritto nella sua testimonianza.
Firme false a 5 Stelle a Palermo, le accuse di Claudia La Rocca ai parlamentari grillini
Nel verbale della deputata dell’Assemblea Regionale Siciliana c’è il resoconto della notte delle firme copiate nella allora sede di via Sampolo del MoVimento 5 Stelle di Palermo. Il racconto, scrive Livesicilia, parte da un sms “intimidatorio” in cui le facevano capire che era meglio tacere. Dopo c’è il resoconto della notte delle firme copiate a causa dell’errore nel luogo di nascita di un candidato.
“I primi di aprile 2012” aveva ricevuto una telefonata da Ciaccio o Alice Pantaleone, “Riccardo Nuti aveva avuto un’accesa discussione con Samanta Busalacchi perché quest’ultima aveva commesso un errore nell’indicazione del luogo di nascita di Giuseppe Ipollito e tra gli attivisti si temeva che tale errore avrebbe potuto compromettere la presentazione della lista”.Da qui la convocazione del 2 aprile 2012 nella sede palermitana del Movimento, in un piccolo ufficio in via Sampolo. La Rocca fa l’elenco delle persone con cui si trovò a discutere: “Giorgio Ciaccio, Riccardo Nuti, Samanta Busalacchi, Claudia Mannino e presumo il marito Pietro Salvino, e Alice Pantaleone”. Al suo arrivò la decisione era già stata presa, bisognava ricopiare le firme: “Mi convinsi che tutto sommato si trattava di ripetere, sia pure falsamente, firme reali. Abbiamo diviso i moduli da ricopiare, oltre a me ricordo che c’erano alla mia destra Claudia Mannino e Samanta Busalacchi, e Giorgio Ciaccio, che ricordo nell’atto di ricopiare, e la Pantaleone, ma non sono sicuro che firmasse anche lei”.
All’epoca, racconta il verbale, il referente era Riccardo Nuti, che aveva rimproverato la Busalacchi per aver sbagliato il luogo di nascita del candidato. Dell’autentificazione delle firme, sempre secondo Claudia La Rocca, si occupò invece Francesco Menallo. Poi il racconto si sposta ai giorni immediatamente successivi al servizio delle Iene che certificava la ricopiatura. Subito dopo La Rocca avverte i suoi colleghi all’ARS e dichiara la sua intenzione di collaborare con i magistrati.
E qui si registra la frattura insanabile con il gruppo nazionale: “Mannino mi ha telefonato chiedendomi di partecipare alla riunione per fornire la sua versione. Dopo uno scambio di idee coni colleghi regionali si ritenne inopportuna la sua presenza perché si pensava che Mannino avrebbe fornito una versione non veritiera della vicenda”.Non è tutto, La Rocca tira fori il telefonino. Ha conservato gli Sms che si è scambiata con Mannino. In uno di questi si legge: “Se ci sarà la riapertura del caso ognuno dirà le sue cose ma a quel punto credo tutti i soggetti coinvolti non credi?”. La Rocca non ha dubbi: “Ho perfettamente colto il senso di una frecciatina intimidatoria laddove la Mannino ha voluto chiaramente dirmi di stare attenta perché non avrebbe esitato a fare il mio nome”. Ed invece il caso, chiuso nonostante alcuni precedenti esposti, è stato davvero riaperto e il verbale di La Rocca è divenuto decisivo.
Claudia Mannino è una dei quattordici indagati. A sostituire i moduli, ricostruisce Livesicilia, sarebbero stati oltre a Mannino, La Rocca, Paradiso e Ippolito, anche Samanta Busalacchi (ex collaboratrice del Movimento alll’Assemblea regionale siciliana), Giulia Di Vita(parlamentari nazionali), gli attivisti Toni Ferarra, Alice Pantaleone, Pietro Salvino (marito della Mannino), il delegato di lista Riccardo Ricciardi. Poi il cancelliere Giovanni Scarpello avrebbe apposto una falsa attestazione di conformità.
Lo sfogo di Claudia La Rocca su Facebook
Per questo la La Rocca si sfoga su Facebook prima di tutto ricordando la vicenda dell’esposto contro Ugo Forello, di cui oggi il PM ha chiesto di nuovo l’archiviazione: «non so come sia potuto venire in mente ai miei colleghi nazionali di presentare un esposto che metta in dubbio la natura delle mie dichiarazioni ai Magistrati», dice la deputata regionale: «Quando ho deciso di rivolgermi alla magistratura conoscevo Ugo Forello, messo in mezzo in modo strumentale, veramente poco, non avevo molta confidenza con lui, l’avevo visto pochissime volte (da contare sulle dita di una mano). Era una persona che sapevo lavorare da qualche mese al tavolo tematico sui beni comuni e sulla trasparenza, io lavoravo in quello sul turismo e la cultura, quindi non ho avuto molte occasioni per incontrarlo. Proprio per questo, non capisco come un consiglio disinteressato, scritto a seguito di un servizio televisivo e al quale risposi vagamente e distrattamente, possa essere stato definito una “manipolazione”, termine letto e sentito più volte e che offende la mia intelligenza», sostiene, riferendosi alla famosa mail che proverebbe il complotto secondo Nuti, Mannino e altri deputati nazionali.
Poi la La Rocca segnala che la perizia grafologica alla quale, a differenza degli indagati, si è sottoposta, ha riscontrato la sua compatibilità con “mezza” firma su 310, perché lei aveva aiutato soltanto a compilare i campi (ma una deputata nazionale, Giulia Di Vita, chiese lo stesso le sue dimissioni). Poi segnala l’esistenza della “talpa”, di cui ci eravamo già occupati: «Tutta questa storia, questo errore, di fatto è stato strumentalizzato a partire da quelle persone che l’hanno tirato fuori dopo ben 4 anni e mezzo, soprattutto da chi ha conservato nel cassetto quei 5 moduli con “le firme originali” e le ha tirate fuori al momento giusto, magari manovrato da qualcuno. Un atteggiamento meschino, non di certo fatto in buona fede o per amore della verità, non mi risulta infatti che le persone in questione (alcune di loro ai tempi candidate) abbiano sporto denuncia al momento dell’accaduto». Infine preannuncia che probabilmente non si ricandiderà:
Non dobbiamo nasconderci dietro un dito, siamo alla fine della legislatura, prossimamente si rifaranno le liste per le regionali e ci sono tanti pronti a salire sul carro. Probabilmente non potrò candidarmi, anche se attualmente i miei carichi pendenti e casellario giudiziale sono perfettamente puliti e un codice etico indica i casi di incompatibilità con la carica di portavoce. Sarei ipocrita a dire che non mi sarebbe piaciuto rimettermi alla prova, dare seguito all’ esperienza, e non c’è nulla di male ad avere sane ambizioni, ma non di certo per una squallida questione di “poltrone”, come un bravo “leone da tastiera” potrebbe commentare, ma per tutto il lavoro e grosso pezzo della mia vita che ho messo in questo percorso. Ma ripeto, non so se posso, nè se voglio… Mi sento ormai da tempo sframmentata. […] Sono stata definita “pentita” o “gola profonda” (a proposito della festa delle donne che si celebra oggi), ma nella realtà questo è il lavoro portato avanti in questi anni, questa sono io.
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