RAGGI, I PRIMI 100 GIORNI: DISASTRO O VERGOGNA?
E’ un classico. Quando qualcuna/o, specie se rappresenta il “nuovo”, si candida alle elezioni con un ruolo di leadership, nei talk show televisivi c’è sempre qualche giornalista che le/gli chiede: “Cosa farà nei primi 100 giorni?“. La domanda naturalmente vuol dire: quali sono i problemi prioritari su cui vuole intervenire subito e lasciare un segno? Poi magari qualcuno, trascorsi i fatidici 100 giorni, va a verificare se si è combinato qualcosa.
Virginia Raggi è sindaca di Roma praticamente da 100 giorni. Ebbene, diciamocelo tutti con franchezza, per quanto appassionati pentastellati si possa essere, per quanto convinti che siano all’opera mefitici complotti, per quanto si sia odiatori di Renzi o Berlusconi: per questi primi 100 giorni la parola giusta è disastro. Forse si potrebbe anche aggiungere la parola vergogna?
- Era dai tempi della vecchia legge elettorale comunale, che non prevedeva l’elezione diretta del sindaco, dai tempi delle lunghissime trattative del tri-quadri-penta-esapartito per spartirsi le poltrone, che non si assisteva a uno spettacolo tanto desolante, addirittura inquietante, per formare una giunta e nominare qualche dirigente.
- Non si capisce perché la sindaca espressa da un movimento che sa solo dire “onestà” e “trasparenza” si sia impasticciata e intestardita con nomine di indagati. Una domanda sorge spontanea: cosa aveva promesso alla destra romana, quella vera, storica, magari anche un pochino impresentabile, per quanto riguarda le poltrone, quelle che contano e che spesso non sono quelle degli assessori? Una destra che aveva fatto di tutto per farla vincere? Un comportamento incomprensibile che ha suscitato reazioni sgomente persino nel suo partito.
- Da mesi nessuno si occupa di una città oggettivamente messa male. Pare che chi la governi debba impegnarsi solo a cercare di gestire le lotte interne e non ad affrontare problemi. Dopo i continui rimpasti di giunta fatti da Alemanno, dopo la squallida vicenda Marino, ecco che arrivano i “diversi”, i “nuovi”, gli “apritori di cassetti” a fare esattamente le stesse cose, se non peggio.
- Per non parlare di pressioni, di studi legali, di strane connections e altro.
- E per non parlare di un leader veramente stupefacente come l’evanescente Di Maio, che aveva letto ma non capito, che anzi aveva pensato (pensato? non è forse una parola grossa?) che una informazione che avrebbe dovuto allarmarlo non era meritevole di attenzione perché c’era di mezzo una nomina fatta da uno del PD. Forse stavamo guardando un film di Totò e abbiamo fatto confusione pensando che si trattasse di politica, di amministrare la capitale del paese.
- E che dire dei tristi monologhi dalla sindaca sulla rete, che non rappresentano proprio il suo miglior terreno di comunicazione e che ossessivamente ripetono: “Non ci fermeranno”, “Andremo avanti”, “Cambieremo questa città”, della serie “Vedremo gente, faremo cose” (qualche non giovane ricorderà queste ironie degli anni settanta), senza mai abbassarsi a dire cosa pensa di fare per guadagnarsi uno stipendio che, fino a prova contraria, le viene dato per amministrare e prendere decisioni per la città.
- Evviva dunque la democrazia diretta e i candidati selezionati dal “popolo della rete”. Prossimo appuntamento al 200° giorno.
Nessun commento:
Posta un commento