domenica 6 dicembre 2015

Un articolo che evidenzia come sia importante parlare del presepe come vero problema nazionale.

Viaggio nell'Italia del 2050: ecco come vivremo

Pensioni da fame. Salari ridotti del 20%. Giornate lavorative più lunghe di 2 ore. E 20 milioni di immigrati a "mantenere" gli anziani. Sguardo al Paese che verrà.

03 Dicembre 2015Share on facebook
Tito Boeri, presidente dell'Inps.
(© Ansa) Tito Boeri, presidente dell'Inps.
I più fortunati andranno in pensione con meno di 1.000 euro al mese.
Perché l’assegno medio nel 2050 potrebbe anche essere di appena 450 euro.
Meno di quanto prevede il trattamento sociale. E dopo aver lavorato almeno per 50 anni.
Questo in concreto lo scenario previsto da Tito Boeri.
L'ALLARME DI TITO BOERI. Il presidente dell’Inps, uno che per la verità si è preoccupato al momento più dei padri che dei figli, ha spiegato che la generazione 1980 «rischia di lavorare fino a 75 anni e prendere un assegno del 25% più basso rispetto ai pensionati di oggi, se la crescita sarà ancora dell’1%. Ma quelli che oggi vivono di contratti precari potrebbero addirittura non avere alcun reddito».
Statistici, economisti, sociologi e futurologi vari non sono molto ottimisti guardando a quella data.
Se la crescita sarà modica e non cambieranno i paradigmi economici, il 2050 rischia di essere scenario di un mondo alla Blade Runner.
GIORNATE LAVORATIVE PIÙ LUNGHE. Per quell’anno gli esperti hanno calcolato che lo smog farà almeno 100 mila morti all’anno. Il riscaldamento della terra farà sommergere Venezia, Napoli e forse anche Genova. Ci saranno almeno 20 milioni di immigrati che tireranno la carretta e altrettanti vecchi che vivranno sulle loro spalle.
I salari saranno inferiori del 20% rispetto ad adesso, ma si lavorerà almeno per due ore in più.
Persino la pasta non sarà più al dente: l’anidride carbonica, un fertilizzante naturale per il grano, farà si che i chicchi saranno giganti, ma anche con meno proteine, elemento base per evitare di ritrovarsi una colla nel piatto.

L'Ocse: «Il rischio povertà si è trasferito dagli anziani ai giovani»

I dati del rapporto Ocse ''Pensions at a glance 2015''.
(© Centimetri) I dati del rapporto Ocse "Pensions at a glance 2015".
Queste sono le ipotesi. Vero invece l’allarme, per quella data, sulla povertà degli attuali giovani.
Boeri ha aggiunto, durante il convegno dall’emblematico titolo «Pensioni e povertà oggi e domani», che «con le regole del contributivo le persone che non raggiungono un certo ammontare di prestazione prima dell’età pensionabile rischiano di non avere alcun assegno».
PER LE MAMME UN ASSEGNO DI 750 EURO. L’ufficio studi dell’Inps ha calcolato che chi è nato nel 1980, e potrà arrivare a fine carriera con una continuità lavorativa e tutti i contributi coperti, riscuoterà mediamente «una pensione lorda nel 2050 pari a 1.593 euro, contro l’importo medio di 1.703 euro percepito mediamente oggi da chi è nato nel 1945».
Se questi sono i fortunati, l’esercito di 2 milioni tra partite Iva, atipici e lavoratori in nero ha solo da temere dal futuro.
E ancora peggio andrà alle donne: mettere al mondo due o più figli, con annessi periodi di allettamento e maternità, potrebbe far scendere l’assegno verso i 750 euro.
IL NUOVO SOTTOPROLETARIATO. Perché l’Italia sarà sempre un Paese ingiusto sulla questione generazionale lo ha spiegato bene l’Ocse nel suo ultimo rapporto «Pensions at a glance 2015»: «Il rischio di povertà», si legge, «si è trasferito nel tempo dagli anziani ai giovani: circa il 15% delle persone di età compresa tra i 18 e i 25 anni sono povere (con la povertà definita come la percentuale di persone con redditi al di sotto della metà del reddito mediano equivalente delle famiglie) rispetto al 9% per gli ultra 65enni».
Gli under 30 e le donne sono il nuovo sottoproletariato: «Tra i giovani, periodi di disoccupazione o d’inattività sono frequenti: circa un quarto dei giovani 16-29 non sono né occupati né coinvolti nel sistema educativo o in formazione. Inoltre, le giovani donne cominciano il lavoro retribuito più di due anni più tardi rispetto agli uomini, i tassi di occupazione delle madri sono bassi e molte donne lavorano part-time».
L'IDEA DI UN PILASTRO PENSIONISTICO INTEGRATIVO. Conclusione? «Queste caratteristiche», scrive l'Ocse, «possono danneggiare l'adeguatezza dei redditi pensionistici nel futuro».
Da tempo esperti di formazione liblab (Giuliano Amato, Giuliano Cazzola, Mauro Marè, Luciano Pellicano) suggeriscono al governo di finanziare un pilastro pensionistico integrativo con denaro pubblico, per incrementare i bassi assegni calcolati con il contributivo di chi oggi ha 20, 30 o 40 anni.
Il governo e il presidente dell’Inps invece si preoccupano per i futuri esodati, quelle che hanno oltre 55 anni: studiano come bypassare l’età pensionistica imposta dalla Fornero (67 anni) oppure dare loro un sussidio. Non vedendo che in questa fase è proprio la generazione dei baby boomers l’unica a crescere negli indici dell’occupazione.

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